Arrivo al Tennis Club Marfisa in bicicletta, un sabato mattina soleggiato. Un monumento al tennis, un pezzo di storia cittadina. Appena dentro le mura, ci si accede da via Saffi, una piccola via incastonata tra la Palazzina Marfisa d’Este e Palazzo Bonacossi alle spalle di corso Giovecca. Da innamorata di Ferrara e di tutto ciò che emana valore storico e umano, sono affascinata e curiosissima. Al mio arrivo mi colpisce subito il silenzio pressoché totale e la sensazione che qui i minuti e le ore siano come sospesi: in tutti i campi giocatori impegnati nei rispettivi match, si sente solo il toc-toc ritmico e ripetuto all’infinito delle palline rimbalzate di qua e di là dalla rete. È un’atmosfera surreale, se penso che mi sono appena lasciata alle spalle il brusio del centro storico.
Il Presidente del Club dal 2014 è l’ingegnere Daniele Malucelli, racconta di aver iniziato a frequentare il Club a soli 11 anni, incuriosito dal padre che era un assiduo giocatore e da allora non ha più smesso. Ci accomodiamo in una saletta interna, dove riconosco la tipica composizione sociale da bar di paese, quei bar che hanno una storia da raccontare: un nutrito gruppo di giovani e meno giovani sta seguendo animatamente un match di tennis alla tv, tra risate, commenti e chiacchiere.
Malucelli mi spiega che la Marfisa è nata nel 1929, durante il fascismo, su progetto del celebre ingegnere ferrarese Carlo Savonuzzi (in città l’avrete sentito nominare spesso: ha progettato anche l’Acquedotto, lo stadio Paolo Mazza e il Conservatorio Frescobaldi, tra tante altre cose…) e fin da subito si è imposto come il Tennis Club di Ferrara. Tante altre associazioni sportive stavano nascendo in quegli anni di fermento sportivo, ma molto più di altre la Marfisa ha saputo raggiungere risultati rilevanti a livello nazionale e non solo. Guardando il progetto originale di Savonuzzi, il Presidente mi fa notare che nulla è cambiato da allora e che l’intenzione della Dirigenza è da sempre preservare tutto com’è. E in effetti, l’aspetto del Club colpisce a prima vista per ordine e pulizia: anche le rose rampicanti che circondano i campi sono in piena forma e fioritura. E pensare che durante la guerra due dei campi erano stati trasformati dai tedeschi in maneggio per cavalli…
Con orgoglio Malucelli racconta di quando nel 1955 Nicola Pietrangeli e Fausto Gardini vennero a Ferrara a giocare la Coppa Brian, di quando si è disputata la Coppa Bossi nel 1959, ancora la celebre Coppa Facchinetti nel 1973 o la Coppa Luzzato nel 1974, per non parlare della Coppa Lambertenghi o la Coppa Città di Ferrara. Molte gare vennero organizzate direttamente dal Tennis Club Marfisa, e proprio in virtù di questo il C.O.N.I. gli conferì due importantissimi riconoscimenti: la Stella d’Argento nel 1974 e la Stella d’Oro nel 1995. L’avrete intuito: coppe, targhe, fotografie d’epoca, ritagli di giornale ingialliti e medaglie di ogni tipo circondano la sala in cui mi trovo.
Oggi il Club ospita ancora gare e tornei: mentre chiacchieriamo nei quattro campi si sta svolgendo un torneo di serie D per il quale sono arrivate molte iscrizioni. Malucelli mi spiega che agli esordi il Club era molto elitario, solo i membri delle famiglie borghesi e benestanti potevano accedervi. Oggi ovviamente non è più così, il Club conta circa 450 soci, di tutte le età, che lo popolano e contribuiscono a portarne avanti l’eredità agonistica.
Vivere il Club voleva dire anche partecipare alle cene sociali all’Hotel Astra in viale Cavour o partecipare ai tornei più… particolari. Come quella volta che alcuni soci ebbero la balzana idea di giocare a “tennis pinnato”, indossando pinne invece delle scarpe tradizionali! La vita da Club consisteva in fondo nella costruzione di amicizie e relazioni sociali che sarebbero durate tutta la vita, c’è chi ha avuto modo di conoscere perfino la sua dolce metà tra i campi di terra rossa, come Malucelli mi racconta mostrandomi vecchie fotografie di una ex…
Tra i giocatori più celebri del Tennis Club Marfisa ci furono sicuramente Giorgio Bassani, Luciano Chailly e Michelangelo Antonioni. Il Club è particolarmente legato all’eredità culturale bassaniana, infatti nel 2016, centenario della nascita dello scrittore ferrarese, è stato organizzato un ciclo di importanti conferenze a tema letterario-sportivo, oltre a rievocazioni storiche di partite di tennis con giocatori in bianchissimi abiti d’epoca. È stato poi inaugurato anche un “percorso bassaniano”: lungo il perimetro della struttura sono installate delle targhe dorate che riportano i passi più belli de Il Giardino dei Finzi-Contini, ambientati proprio tra questi campi da tennis.
La professoressa Portia Prebys, compagna di Bassani fino alla sua morte, avvenuta nel 2000, mi conferma che lo scrittore ha continuato a giocare a tennis per tutta la vita, anche dopo il trasferimento a Roma nel 1943. Da appassionata di letteratura italiana mi emoziono quando mi confida che la Marfisa era il luogo preferito dello scrittore a Ferrara. Qui è cresciuto e vi ha trascorso la giovinezza e anche per lui esisteva un legame viscerale con il Tennis Club, mai venuto meno, tant’è che quando era in città Bassani tornava spesso a visitarlo, anche in tarda età.
Ad andare indietro con la memoria, Malucelli racconta che suo padre conosceva personalmente Bassani: era un buonissimo giocatore e un assiduo frequentatore della Marfisa. Bassani abitava proprio dietro i campi, nella celebre casa di via Cisterna del Follo 1, così vicino che bastava affacciarsi dalla finestra per comunicare con chi giocava. Con le leggi razziali del 1938 venne chiesto a Bassani di non partecipare più alla vita del Club e questo fu un duro colpo per lui. Si dice che da allora andò a giocare dalle parti di via Palestro, a casa di privati, al sicuro dai divieti fascisti.
Tra storia e letteratura, ricordi e vecchie fotografie, la mia visita alla Marfisa si avvia verso la fine: sta per piovere e io sono in bicicletta… meglio affrettarsi.
Malucelli mi saluta raccontandomi con un sorriso un ultimo aneddoto: da qualche mese si sono trasferiti a Ferrara due americani. Ancora quando erano in California hanno chiesto il permesso di iscriversi al Club, impressionati dall’unicità del luogo dove volevano assolutamente giocare appena arrivati in città. Il fascino nostalgico della Marfisa è arrivato anche oltreoceano e non è cosa da poco per un Club che si definisce “di provincia”.
Mentre torno a casa pedalando, immergendomi di nuovo tra i rumori della città, realizzo di aver visitato un vero Monumento storico e sportivo italiano: oltre ad essere uno dei pochi club quasi centenari del Belpaese, oltre agli indubbi meriti agonistici, ciò che colpisce è l’evidente legame identitario che esiste tra il Club, Ferrara e i ferraresi. Un legame di appartenenza e di affetto, coltivato grazie alla memoria storica di chi vi ha giocato e ci gioca ancora, rendendolo vivo.
5 commenti
Con più passa il tempo sempre più mi rendo conto che cresce l’entusiasmo per le cose passate. Personalmente credo che i viaggi della memoria siano i migliori e questo racconto è uno di questi.
Grazie mille, Florio. Sono d’accordo con lei, conservano un fascino particolare che le cose “nuove” (ancora) non hanno, almeno per me.
Ciao Giulia,
sei stata bravissima a scrivere questa memoria che conserverò con immenso piacere vista la mia passione e dedizione a questo magnifico ed unico luogo.
Cordiali saluti
Daniele Malucelli
Grazie Daniele per avermi permesso di scoprire questo luogo magico.
A presto,
Giulia
Scopro solo ora questo sito.
Interessantissimo.
Complimenti!