Da un paio di giorni avrete notato foto attaccate sparse nei pressi dei telefoni pubblici della città e un cartello che spiega di cosa si tratta. A metà tra un nostalgico recupero della memoria collettiva e un omaggio agli antenati dei moderni smartphone, il progetto della designer Laura Bortolotti si intitola “Che fine hanno fatto?” e immortala con l’ausilio di Google Maps tutte le cabine telefoniche non più esistenti che erano installate nel centro di Ferrara. Roba che forse i più giovani non hanno nemmeno mai conosciuto, croce e delizia delle lunghe telefonate dai luoghi di villeggiatura (anche questa parola, villeggiatura, chi la usa più?), per sentire parenti ed affetti lontani. Per non parlare dei gettoni, delle schede telefoniche, degli scherzi anonimi e di centinaia di film, che per decenni hanno creato l’immaginario collettivo delle cabine telefoniche, protagoniste della vita sociale di ogni angolo del mondo.
Questo il testo che accompagna il progetto e ne spiega il senso:
A sei anni ho avuto il mio primo incontro con una cabina telefonica: camminavo con i miei genitori nel centro di Ferrara e mi sono imbattuta in quel piccolo abitacolo.
Cos’è? Come si usa? A cosa serve?
I miei genitori mi dissero che un tempo funzionava con i gettoni e che si utilizzava soprattutto quando si partiva per le vacanze perché era l’unico modo per contattare chi restava a casa. Ormai da diverso tempo i telefoni pubblici non si usano più e rimangono li, insudiciati da graffiti, piscio e sporcizia. Le cabine telefoniche mi hanno sempre affascinato perché sono oggetti appartenenti a un’altra epoca. Le persone della mia generazione le hanno sempre avute sotto gli occhi, spesso senza rendersene conto. Semplicemente perché non ci sono mai servite a nulla.
Negli ultimi anni a Ferrara, come in altre città d’Italia, è iniziata un’operazione di rimozione delle cabine. Alcune sono state totalmente prelevate mentre, in altri casi, è stato lasciato soltanto il telefono pubblico, avvolto in un involucro di plexiglass.Con questo progetto non ho la pretesa di salvare le cabine telefoniche né tantomeno di ricominciare a utilizzarle come si faceva un tempo.
Vorrei piuttosto cercare di preservare il ricordo di questi oggetti e fare si che vengano notati dai passanti per quello che sono: non dei luoghi pieni di lerciume, ma reperti del passato, parte della nostra memoria collettiva.
Il progetto si può guardare per intero sul profilo Instagram @poidevocambiarenome