Ferrara non è una città per grandi eventi?
Lunedì, 24 Marzo 2025 - 66 anni fa nasceva Gabriella Soavi, artista

Ferrara non è una città per grandi eventi?

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È una sera di maggio, è il 2023 e Ferrara ospita un numero di persone altissimo, quasi la metà della propria popolazione, all’interno del Parco Urbano.

Suona Bruce Springsteen, è la prima volta per lui in città ed è la prima volta di un pubblico così grande in città, è la prima di tre date del Boss dopo sette anni di assenza nel nostro paese ed è, indiscutibilmente, il culmine di una idea chiara. Fare diventare Ferrara, (la città più fragile economicamente dell’Emilia Romagna, sessantaduesima in Italia su 107 province, in termini di abitanti) un riferimento in Italia in termini di eventi di massa.

Il punto più alto di una curva che era cresciuta a partire da un momento chiarissimo: il cambio di amministrazione nel 2019 (un cambio politico epocale con la vittoria del centrodestra dopo settant’anni di amministrazioni di centrosinistra, anche questa una storia nella storia) e il motore imprevisto post epidemia da Covid-19. Se è vero che una serie di grandi eventi c’era in realtà già stata da tempo, comunque quel momento di ripresa dopo la pandemia è stato uno spartiacque.

In tutta Italia (ma il fenomeno è diffuso un pò ovunque e si connette con quello dell’iperturismo) si è spinto molto sui grandi eventi (grazie anche a un periodo di fondi e possibilità economiche che raramente si erano avuti nei decenni precedenti uniti ad una forte spinta per ritornare velocemente ad una vita normale) e in questa spinta Ferrara si è sicuramente distinta. Tanto che, oltre a mostre ed eventi teatrali anche estivi, possiamo sicuramente pensare che le prime edizioni del Ferrara Summer Festival (in particolare quelle del 2021 e 2022) fossero in grado quasi di rivaleggiare con analoghe esperienze a Milano e Roma e di staccare con discreta sicurezza la gran parte delle città italiane.

Un esempio: il calendario dell’edizione 2022 del Ferrara Summer Festival:
Fiorello / Lolomun / Angelo pintus / Il volo / Mamma mia / Venditti/De Gregori / Blanco + Madame + Sam ryder + Gianmaria / Disclosure + Rkomi + Sad night dynamite / Irama + san Giovanni / Tommaso Paradiso / The Smile (con Ferrara Sotto Le Stelle) / Litfiba / Francesco Renga / Marracash / Ermal meta / Caparezza / Notre dame de Paris.

Rock in Roma, nella stessa estate proponeva questa line up, con uno sguardo sicuramente più internazionale, ma stiamo confrontando la capitale italiana con quasi 3 milioni di abitanti con una cittadina di appena 130 mila.

Quello che c’era prima

Prima di andare avanti fermiamoci a pensare a cosa c’era prima a Ferrara. Coscientemente o meno, l’idea che si era sviluppata in città tra gli anni Novanta e i Duemila era quella di una città culturale, piena di eventi che nascevano dal basso (spesso con il supporto delle istituzioni, supportando un’idea di “città dei tanti, piccoli festival”).

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Capitava davvero di avere diverse settimane consecutive in cui, quel weekend, succedeva qualcosa: la mostra, il festival di Internazionale che muoveva i primi passi, i locali di musica dal vivo che inventavano una rassegna all’aperto, la nascita dei format come Interno Verde, tra i giardini della città, i festival di fotografia come Riaperture, disegno, per bambini o di cultura più pop, alcuni mercatini.

Una dimensione umana, piccola, distesa: gli stessi eventi più grandi (come il Buskers Festival, il Palio, Ferrara Sotto le Stelle, Internazionale a Ferrara) diventavano attrattiva per un pubblico ferrarese e per i turisti, ma con numeri moderati, centinaia di persone, al massimo qualche migliaio.

La storica coda per i tagliandi di Internazionale a Ferrara, foto di Filo Magazine.

Era una certa idea di cultura ricercata, qualcosa da sempre molto amata da una parte della popolazione e mal sopportata da chi se ne sentiva escluso. Questo era il quadro della Ferrara di inizio millennio: una divisione netta tra chi amava quella cultura, quella spinta dei circoli e delle associazioni verso un certo tipo di approfondimento e racconto e chi da tempo chiedeva un cambio di rotta, verso qualcosa di più accessibile alle masse.

Se vogliamo fermarci all’esempio del cinema, i cammini paralleli delle multisale che arrivavano anche in città e l’affermazione del Cinema Boldini con film d’essai e le prime esperienze di pellicole in lingua originale o di incontri con registi e attori.

Ad ogni modo quella Ferrara sembrava mantenere una retta parallela tra le proprie possibilità spaziali ed economiche, tra gli spazi che i propri luoghi le concedevano e quello che poi vi avveniva. Come se andare troppo oltre fosse impossibile, come sembrava insegnare lo sport.

Prendiamo proprio i primi due decenni del millennio, dove Ferrara ha vissuto essenzialmente tre cicli di risonanza nazionale, prima con la pallavolo in serie A (al suo apice nel 2003, con il quinto posto in campionato) , poi con il basket (nel 2008 al nono posto in serie A) e infine nel calcio con la SPAL, tredicesima in serie A nel 2019.

La Carife Ferrara, al suo apice nel campione di Serie A di basket.

Tutte e tre le esperienze, il tocco con il cielo delle massime divisioni, hanno generato sostanzialmente un fallimento economico, effettivo nei primi due casi e sostanziale nel caso della SPAL, che ha poi cambiato gestione e annaspa proprio in queste settimane nel tentativo di non retrocedere, dopo la serie B, anche dalla serie C. Come se quella vetta fosse troppo alta per non bruciarci.

Da Springsteen in poi

Scriviamo questo articolo per aprire una discussione partendo da una sensazione maturata negli ultimi mesi: che quel concerto di Springsteen sia stato il tocco della serie A per quella idea di eventi culturali che il post pandemia ci aveva portato. E che aveva portato un chiaro cambiamento di focus: nomi più noti e altisonanti, una idea di cultura più vicina a quella di massa che a quella di nicchia, allargando la proposta verso un pubblico più ampio. Cambiare e allargare.

Non solo nel 2024, ma anche in questo 2025 (a meno di improbabili notizie ancora da annunciare, ma è difficile che un grosso evento sia ancora nascosto a marzo 2025 inoltrato) non ci sarà un seguito a quell’evento al Parco Urbano (che causò anche un notevole costo extra imprevisto e la chiusura del parco alcuni mesi per ripristinare il manto erboso dopo il concerto), nonostante l’idea espressa chiaramente di ripetere l’esperimento.

Così come, parlando di musica, dopo tre anni, il Comfort Festival ha scelto di spostarsi da Ferrara (parliamo del progetto impostato dal manager italiano del Boss, Claudio Trotta, che aveva così raccontato la sua idea su queste pagine) e il pur grande Ferrara Summer Festival si sposta dal centro storico con il suo imponente palco in Piazza Trento e Trieste che per quasi due mesi occupava il “listone”, per andare verso una edizione più contenuta da svilupparsi in Piazza Ariostea. Per dovere di cronaca: il motivo è anche il cantiere del Duomo che ora interessa il campanile ma presto occuperà anche i lati lunghi della nostra Cattedrale.

Ma non è l’unico segno di questa difficoltà: abbiamo raccontato lo scorso anno il difficile passaggio del Buskers Festival ad un modello a pagamento (con la fine sostanziale, quindi, di quelle giornate di strade piene di curiosi ad ascoltare gli artisti di strada), abbiamo raccontato da poche settimane di quella che sarà l’ultima edizione di Interno Verde, abbiamo letto le notizie dello spostamento di quel grande spettacolo pop che voleva essere la prima edizione ferrarese dello Spencer Hill Festival, al momento spostato al 2026 ma che aveva già incontrato difficoltà e clamorosi annullamenti in passato. E il festival di fotografia Riaperture? Nel 2022 l’ultima edizione che ha riaperto spazi dismessi per portare al loro interno bellissime mostre di fotografi internazionali, poi non si è più organizzato.

Ultimo in ordine cronologico l’annuncio dello spostamento di Monsterland, storico evento di musica (in gran parte) elettronica che ha occupato per qualche anno lo spazio della Fiera di Ferrara nella serata di Halloween e che dal 2025 sarà organizzato all’autodromo di Imola, nonostante verrà comunque rimpiazzato da un progetto simile, che si chiamerà Horrorland.

Quest’anno è stato più contenuto anche il progetto di villaggio invernale al Parco Coletta, mancante di quell’evento musicale rilevante programmato in altre edizioni, così come alcuni esperimenti provati negli anni scorsi hanno subito alcuni ridimensionamenti a cui si uniscono la (forse naturale) fine di diverse esperienze storiche, come, ad esempio, del Ferrara Balloons Festival, che si è arrestato all’anno 2019 e non è più tornato.

Una serie di indizi, insomma che sembrano voler raccontare un ridimensionamento, una presa di coscienza, ci viene da pensare: che il bacino di Ferrara sia adattissimo ad una lunga serie di eventi culturale e allo stesso tempo non conceda un allargamento eccessivo. Che quella idea, dell’evento enorme di cultura popolare si vada a scontrare con le possibilità di Ferrara: che non ha un aeroporto, un’autostrada a tre corsie che la raggiunge, e che non ha strutturalmente alcune infrastrutture (ad esempio in termini di parcheggi, o disponibilità di alloggio) che possano supportare eventi di grossa portata come quelli che si sono affacciati in città.

Sembriamo per il momento non poter imitare Lucca, forse unica esperienza in Italia che sia riuscita a distinguersi per due eventi enormi: il Lucca Summer Festival (storica la data dei Rolling Stones di qualche anno fa e le polemiche per uno spazio comunque troppo piccolo per un evento del genere) e il Lucca Comics, che riesce, con fatica, ad ospitare due o tre volte la popolazione della città in un fine settimana dedicato alla cultura del fumetto, del gioco e del cosplay.

L’edizione 2023 del Lucca Comics, in cui più di qualcuno ha avvertito un senso di rottura tra l’espansione e l’effettiva vivibilità di un evento.

Aprirsi ad una discussione comune, condivisa

Ci piacerebbe parlarne assieme e che questa riflessione sia un piccolo punto di partenza, all’interno di questa comunità online che racconta la città nelle sue sfumature e nelle sue persone, più che nei freddi eventi di cronaca.

Stiamo davvero assistendo ad un piccolo assestamento? Quale idea e quale impatto è ragionevole immaginare per questa città, comunque piccola e economicamente non forte come tante altre, legata a diffuse esperienze piccole e medio piccole, imprese familiari e sogni individuali, con sempre più scarsi esempi di industrie rilevanti e di capacità di attirare capitali da fuori?

Qual è il punto di equilibrio? Sembra di essere nel finale di Inception e di osservare questa trottola girare, senza conoscerne il punto di caduta, nel momento in cui il moto si fermerà, sapendo che ovviamente non succederà mai.

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