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Storia della Palestra Ginnastica Ferrara: sudore, accoglienza, Olimpiadi ed eccellenze

Storia della Palestra Ginnastica Ferrara: sudore, accoglienza, Olimpiadi ed eccellenze

Dal primo portabandiera olimpico italiano all’argento a Parigi di Illja Kovtun, quasi un secolo e mezzo di passione sportiva
foto Giacomo Brini
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La storia è un elastico lunghissimo, dove possiamo fissare agli estremi alcuni fatti che hanno connessioni: una famiglia e i suoi eredi, un luogo, un fenomeno che si ripete. Se ora prendiamo un elastico lunghissimo, ben 116 anni dal 1908 allo scorso anno, il 2024, c’è un legame che, siamo sicuri, sorprenderà tanti: le Olimpiadi e Ferrara.

Al primo estremo: Pietro Bragaglia, primo portabandiera italiano delle Olimpiadi, a Londra, dove per la prima volta ci fu una cerimonia di inaugurazione come la immaginiamo oggi. Al secondo, l’argento olimpico di Illja Kovtun, ucraino, il 5 agosto scorso, alle Olimpiadi di Parigi.

A camminare su quell’elastico che collega questi due fatti c’è la storia della P.G.F. , la Palestra Ginnastica Ferrara: Pietro Bragaglia era infatti un atleta della squadra di Ferrara, mentre Illja si è allenato a partire dal 2019 proprio nella stessa città, gareggiando per la PGF nei campionati nazionali. Ed è stato, suo malgrado, protagonista anche del grosso progetto di tutela di atleti e persone ucraine, che la società di Ferrara ha messo in campo nel 2022 dopo l’inizio dell’invasione russa e il conseguente scoppio della guerra.

Oltre un secolo di storia che era venuto il momento di raccontare su queste pagine e che, abbiamo scoperto, ne racchiude dentro molte altre. Storie di persone, di esperienze, storie che affondano in un passato lontanissimo e arrivano alla stretta attualità. Proviamo a metterle in fila per punti, grazie alle parole di Mirko Rimessi, consigliere della società.

La nascita e il ruolo con la storia di Ferrara, anzi dell’Italia. Quando nasce la PGF?
La società si forma nel 1879: possiamo dire che per molti versi segue e si collega alla storia d’Italia. Per molto tempo non ha una sede precisa, addirittura la seconda sede è Palazzo Schifanoia dove rimane due anni, siamo tra il 1881 e il 1883, per poi passare attraverso varie strutture fino a quando vent’anni fa l’attuale presidenza decide di costruire il Palagym, in Piazzale Atleti Azzurri d’Italia.
Ma torniamo alle origini: nel 1908, a Parigi si tengono i primi giochi olimpici con una cerimonia d’apertura e il primo alfiere azzurro è Pietro Bragaglia, allievo junior della PGF, atleta che non concorre durante le competizioni ma viene scelto come portabandiera azzurro. Sempre in quella edizione l’intera palestra ferrarese è presente in rappresentanza dell’Italia, poiché in quel momento non veniva fatta una selezione degli atleti migliori ma veniva scelta una squadra per intero: possiamo dire che tutti i partecipanti della PGF di quella spedizione possano essere considerati olimpionici.

foto Giacomo Brini

Dal 1879 di formazione al 1908: come accade che Ferrara sia al vertice della ginnastica italiana in quel momento?
Parliamo di un’epoca in cui c’era un numero ristretto di società di ginnastica in Italia, ne esistevano dodici o tredici in Italia e a Ferrara c’era questa figura mitologica di Alfonso Manarini, direttore tecnico della palestra, che probabilmente aveva metodologie all’avanguardia ed era riuscito a costruire un ottimo percorso di allenamento.
Manarini, tra l’altro, si collega direttamente con la storia ferrarese: la sua tomba alla Certosa di Ferrara si trova a poche decine di metri da quella di Italo Balbo, una delle figure più importanti e controverse del ventennio fascista.

Gino Ravenna

E non è il solo intreccio: tra i partecipanti di quella selezione del 1908 c’è Gino Ravenna (di origine ebraica), fratello di Renzo, futuro potestà di Ferrara dal 1926 al 1938. Italo Balbo e Renzo sono stati molto amici e si allenavano entrambi proprio alla PGF: in quel momento l’attività della palestra era, come per tutte le società sportive, controllata direttamente dal regime di Mussolini ma l’amicizia che abbiamo trovato tra i due è importante e ha probabilmente giocato un ruolo fondamentale in certi fatti dei decenni successivi. Si dice infatti che la concessione per Gino di poter scappare all’arrivo delle leggi razziali sia legata all’amicizia tra Balbo e Ravenna. La storia poi ci racconta del ritorno in città di Gino per salvare il figlio, la cattura, la reclusione nella sinagoga prima e nel carcere di via Piangipane poi, per finire con la morte ad Auschwitz. È la storia dell’unico olimpionico italiano morto in quel luogo, nel 1945, una storia raccontata da Giorgio Bassani in “Cinque storie ferraresi” (nel romanzo Eugenio Ravenna ha il nome di Geo Josz, protagonista de “Un lapide in via Mazzini”, ndr).

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Un altro collegamento fondamentale con la storia ferrarese di quegli anni e la PGF riguarda la lunga notte del ’43: nei dodici fucilati c’è anche Emilio Arlotti, senatore del Regno dissidente e in quel momento presidente della PGF, oltre che autore del libro storico “Palestra Ginnastica Ferrara 1879-1929” che è una delle basi della nostra memoria storica.

Emilio Arlotti

Da quella prima esperienza a Londra 1908 la PGF ha incontrato altre volte il mondo delle olimpiadi?
Ad oggi possiamo raccontare di cinque comparizioni olimpiche, da Londra 1908 a due pesisti all’edizione di Helsinki (nel 1952), due edizioni per Orlando Polmonari, a cui è dedicato il nostro palazzetto (1952 e Roma 1960, dove conquistò uno storico bronzo) , poi Adolfo Lampronti nel 1972 a Monaco, per arrivare, se vogliamo alla sesta partecipazione con l’argento di Illja Kovtun nell’estate del 2024, ovviamente per l’Ucraina.

foto Giacomo Brini

Dopo oltre un secolo di storia, cos’è oggi la società PGF?
Oggi la società conta ben 1500 iscritti con tutte le sue famiglie e questo la rende la società con più tesserati alla Federazione Ginnastica Italia. Seguiamo sette federazioni sportive, dalla ginnastica che è il cuore dell’attività e poi pesistica, judo, arti marziali, wushu, fino al pattinaggio. Seguendo un percorso che avevamo già intrapreso e che si conferma con l’inserimento dello sport all’interno della Costituzione possiamo dire che per noi oggi lo sport sia il vertice di tutto il lavoro, basandoci su principi di cultura, storia, etica e tutela ed educazione sociale. Il Palagym è diventato un social hub sportivo dove attraverso lo sport si lavora sullo sviluppo educativo, cercando la tutela del talento se emerge, ma soprattutto lo sviluppo dei bambini in maniera sana e costruttiva, allargando allo sviluppo di anziani e persone con la disabilità. Per noi la struttura è qualcosa per la comunità, come la biblioteca ha un ruolo di crescita attraverso i libri, noi lo facciamo attraverso lo sport: nasce anche così, ad esempio, l’idea della panchina rossa, nel 2019, come monumento permanente e monito verso il fenomeno della violenza sulle donne.

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A proposito di tutele e rispetto dell’essere umano: negli ultimi anni proprio la ginnastica italiana è stata al centro di molte attenzioni, con la denuncia di diverse atlete di gravi casi di forme di pressione e violenza. Qual è il vostro pensiero sul tema?
La tutela della persona è da sempre insita nel nostro Statuto. Senza addentrarci in quegli specifici discorsi, noi ci siamo sempre posti diversamente. Quest’anno sono state approvate nuove norme, come quelle sul safe guarding, a cui tutte le società sportive devono adeguarsi. Sono linee guida che già seguiamo e che applichiamo da tempo. Il nostro pensiero è che dobbiamo tutelare il talento ma gestirlo in maniera umana e senza eccessi, altrimenti non è più pratica sportiva. Quello che va sottolineato è che tante pratiche, non solo nello sport, sono eredità del passato, pratiche che venti o trent’anni fa erano normali. Erano consuetudini, sbagliate, ma consuetudini. Esisteva la figura dell’allenatore autoritario dalla tradizione dell’est europeo, dove c’era anche uno stile diverso nel gestire i rapporti interpersonali. Le battaglie negli ultimi anni hanno cambiato molti modelli di relazione e comportamento, forse è vero che qualcosa nello sport era rimasto, non nella nostra realtà ma in generale. Quando oggi capita ancora di sentire che “se vuoi eccellere, certe cose devi farle” è sbagliato: c’è modo e modo per arrivare al risultato, è giusto che tante pratiche vengano oggi eliminate. Penso ad esempio a come un certo rapporto con la bilancia fosse normale per i tecnici trent’anni fa, mentre oggi non lo è e non lo deve essere.

foto Giacomo Brini

Lo sport, in questo senso, è lo specchio della società che cambia.
Se hai fatto maturare l’atleta, questo arriva pronto a diciassette, diciotto anni, pronto a sopportare mentalmente anche un allenamento molto duro, con la consapevolezza che si è costruito. Mentre se tu a 14 anni entri in un certo ambiente e inizi con il giudizio, lo scherno, non vieni preparato come persona, e a quel punto vieni danneggiato perché non sei ancora formato. Se costruisci un certo percorso è diverso, l’atleta stesso a volte ha bisogno di una certa durezza, ma avendolo preparato mentalmente prima è in equilibrio con sé stesso. Bisogna costruire le spalle anche mentali per l’atleta, non schiacciare le persone.

Arriviamo all’ultimo capitolo di questa storia: l’argento olimpico di Illja Kovtun si intreccia di nuovo le Olimpiadi con Ferrara e, purtroppo con la guerra in Ucraina.
Nel 2019 per la prima volta il nostro tecnico, Claudio Pasquali, vede agli europei giovanili questo giovane ragazzo ucraino, Illja Kovtun, e convince il vicepresidente a prenderlo come prestito straniero. La PGF allora era in serie A2 e c’era la possibilità di prendere in prestito un atleta straniero per partecipare alle competizioni. Nonostante la ginnastica sia uno sport individuale, a livello di prestigio la competizione di squadra è molto interessante, anche per permettere alle società di promuoversi. Questi atleti consentono di alzare molto il livello medio: ricordo con piacere quando nell’ultima gara di campionato Final Six, Illja era pronto per l’ultimo esercizio e con una vittoria avrebbe fatto passare la nostra società alla fase finale. In teoria poteva nascere un tifo negativo da parte delle altre squadre, invece c’erano tutti gli atleti vicino alle parallele a osservare l’esercizio, sapendo già che era un potenziale futuro campione europeo.

foto Giacomo Brini

In quel momento le cose in Russia sembravano ancora tranquille.
Come detto, eravamo in A2, grazie a quella gara riusciamo ad essere promossi in serie A1, l’eccellenza quindi in Italia e contemporaneamente inizia ad esserci qualche paura sul fronte del confine tra Ucraina e Russia. Noi vivevamo molto nel presente, si percepivano venti di guerra ma senza pensare che davvero sarebbe cominciata l’invasione. Per fortuna, quando poi inizia il conflitto, Illja era in Germania per la Coppa del Mondo. Iniziamo da subito ad avere contatti con la sua allenatrice, che ci spiega che dal suo punto di vista non ha problemi a trovare ospitalità per lei e Illja, ma si trova nella necessità di portare fuori tutti i ragazzi del centro di ginnastica di Kiev. Iniziamo a muoverci per l’ospitalità e intanto Illja si ritrova vincitore ad una competizione della Coppa del Mondo in Qatar, a fianco dell’atleta russo Ivan Kuliak, che si presenta sul podio con il marchio di guerra Z. Circa un mese di tempo e da Kiev arrivano a Ferrara sedici atleti e otto accompagnatori, che in parte poi nei mesi successivi ritorneranno in Ucraina quando la situazione diventerà più calma.

Ivan Kuliak

Inizialmente è stato tutto gestito dalla nostra società, per quanto poi nei mesi siano arrivati contributi da parte del Comune, dalla Regione e anche dallo Stato. È stata una grossa sfida perché si trattava di portare da noi molti atleti, persone abituate a lavorare a livello agonistico, con un percorso sportivo attivo: non c’era solo la parte umanitaria di accoglienza ma un percorso tecnico importante. Ricordo un momento molto bello: durante il primo anno di guerra e ospitalità uno dei tecnici arrivati ha scoperto che la compagna era incinta, siamo riusciti a superare tutti i problemi di lingua e di assistenza sanitaria e poco prima dell’anniversario del primo anno di guerra è nato il loro bambino. Una storia che è poi finita sulla stampa e che, con una certa emozione, ha portato ad una telefonata dalla segreteria del Presidente Sergio Mattarella, per complimentarsi con questo percorso, seguito successivamente da un messaggio inviato personalmente dalla senatrice Liliana Segre.

Illja l’anno successivo non partecipa alle Final Six di società: una delle altre squadre ha un atleta russo in squadra, noi scegliamo di non farli incontrare, un tema su cui si può aprire un lungo discorso ma è comprensibile che lui non si sia sentito di partecipare e gareggiare in questo contesto. Abbiamo portato con noi la sua maglia e fatto al meglio la nostra gara, nel totale rispetto dell’avversario. Ancora l’anno dopo Illja è stato con noi e siamo riusciti ad arrivare terzi, ripetendoci quest’anno con il quarto posto in un anno in cui tutti gli atleti si preparavano per le Olimpiadi, un anno di qualità stellare per il campionato italiano.


Il resto della storia è nell’inizio del nostro articolo: l’argento olimpico di Illja Kovtun, a Parigi è l’ultimo, per ora, punto di una storia lunga ormai quasi centocinquanta anni, che porta con sé fatica, sudore, storie di successi, storie di vite perdute e diverse generazioni di atleti che, da quelle prime palestre, non hanno mai smesso di sognare.

foto Giacomo Brini

MORE INFO:
Il sito ufficiale della Palestra Ginnastica Ferrara

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