Adorna Studio: da Ferrara alla Svizzera, stampa 3D, creatività e sostenibilità
80 anni di Paola Bonora: maestra di arte, poesia e stile

80 anni di Paola Bonora: maestra di arte, poesia e stile

Un omaggio a un’artista che ha incantato e insegnato l’arte a generazioni… compreso il sottoscritto.
Iscriviti al nostro canale Whatsapp

Se avessi chiesto a Paola Bonora di rilasciare un’intervista per raccontarmi la sua carriera artistica, oggi che compie 80 anni, non penso avrebbe accettato volentieri. Perché non tutti gli artisti in realtà amano raccontare di se stessi e a volte è meglio far parlare le proprie opere e il proprio lavoro, mettendo da parte personalismi, preferenze, indicazioni e chiavi di lettura, lasciando ognuno libero di farsi la sua idea davanti alla Bellezza. Di lei infatti si limita a scrivere pubblicamente in anni recenti:

È da sempre determinata a conservare un’inattuale poetica, quella che la spinge caparbiamente a ricercare armonia e bellezza, che hanno un potere benefico e favoriscono le relazioni. Non ama i riflettori puntati sulle persone perché crede che possano danneggiare il loro equilibrio, ma vorrebbe che tutte le cose ben fatte, di qualsiasi genere, avessero più visibilità e luce. Pittrice più che artista, ma quasi sempre si sente semplicemente e solo un’insegnante.

Però è mio dovere, come amico di lunga data e “nipotino” acquisito negli anni, raccontare a voi che leggete un po’ della sua poetica, per lasciarne traccia anche da queste parti, soprattutto alle nuove generazioni che magari non sono mai incappati in un suo quadro, in una sua mostra, o non hanno mai varcato la soglia del suo piccolissimo e prezioso studio di via Terranuova 30/a. Intanto vi lascio una sua opera qui (in realtà è un trittico): questa è la mia preferita, così vi fate un’idea. Credo che oggi appartenga alla collezione di Zeno Govoni dell’Hotel Annunziata e quando un domani sarò molto ricco forse andrò a chiedergli di comprarla.


Comunque è andata così. Ad un certo punto verso la fine degli anni Novanta mi ritrovo a gestire il laboratorio di informatica del Liceo Ginnasio Ariosto, in supporto al Prof. Frazzoni, che oltre ad insegnare Matematica ha una piccola attività di vendita e riparazioni computer. Ancora studente liceale mi capita così di imparare un mestiere e di iniziare nel tempo libero a fare assistenze a domicilio a numerosi clienti, tra cui rientrano naturalmente alcuni professori del Liceo stesso. Un pomeriggio vengo inviato a casa di Lio Bettin, un professore di sociologia e antropologia che avevo incrociato un paio di volte in occasione di qualche supplenza. Lio era un professore amatissimo dai suoi studenti perché oltre che bravissimo e preparato, con una cultura fuori dall’ordinario in tutti i campi anche oltre alle sue discipline, pretendeva che tutti i ragazzi gli dessero del tu. Cosa che a quindici o sedici anni potresti trovare difficile e spiazzante ma quando rompi il ghiaccio e ti ci abitui non puoi non amare e sentire quel professore come parte integrante della classe, uno come gli altri tuoi compagni, un capoclasse con cui confidarti e parlare amabilmente di tutto. Ed è stato molto bello negli anni aver condiviso con lui fiumi di parole su come andava il mondo, sulla politica e sull’arte, davanti a un bicchiere di vino e qualche fetta di salame.

Autoritratto di Paola Bonora

Lio ha una moglie, Paola, è una pittrice ferrarese ed ha appena comprato un piccolo computer portatile. Vuole imparare a scrivere in Word, a inviare la posta elettronica, perché è arrivato finalmente internet anche a casa ed è una persona curiosa proprio come Lio, apertissima verso ogni novità tecnologica. Ha già scritto un libro, Armadi, nel 1996, una raccolta di racconti gustosissimi, un microcosmo di storie che escono dai guardaroba per raccontare un po’ le nostre manie e i nostri segreti, una prima avventura nella letteratura che non sarà l’unica e che raccontava già molto della sua arte, in strettissima simbiosi con letteratura e narrazione.

Così con la scusa di insegnare a Paola l’utilizzo del computer inizio ad andare a trovarla con regolarità e quello che ricevo in cambio sono lezioni di Arte e Grafica, senza nessun corso o programma prestabilito, semplicemente grazie al confronto di idee e al racconto del quotidiano. Presto con Paola iniziamo ad impaginare manifesti e cataloghi delle sue mostre, a tenere aggiornato un sito web che ancora oggi raccoglie la sua lunghissima carriera avviata nel 1973, a divertirci al computer inventando mondi fantastici e stampando piccole pubblicazioni da regalare ad amici e conoscenti. Una sperimentazione totale per lei che si avvicina al digitale con solide basi artistiche e per me che al contrario mi approccio ad un’educazione visiva con solide basi informatiche.

Sarà stato il 1999 e ancora oggi, dopo più di venticinque anni, io e Paola ci divertiamo a immaginare progetti e a realizzare insieme tutti quelli che riusciamo. Da allora non c’è una sua mostra in cui non abbia partecipato in qualche modo e non c’è un mio progetto in cui non sia stata coinvolta nella realizzazione. Devo a lei con immensa gratitudine la decisione di fare il lavoro che faccio oggi e la conoscenza di tantissimi artisti che ho avuto il piacere di incontrare in questi anni e con cui oggi ho la fortuna a volte di collaborare.

Inserzione pubblicitaria

Ma perché questo articolo non sia puramente ricordo personale voi volete sapere perché Paola è secondo me maestra di arte, poesia e stile, come dice il titolo che senz’altro lei avrebbe bocciato con enorme imbarazzo.


Figlia di un artigiano che cesellava vasi di rame e cresciuta nella casa che fu di Biagio Rossetti, Paola è la terza di tre fratelli, tutti artisti. Lola è stata una protagonista della vita culturale di Ferrara tra gli anni Settanta e Novanta, ha diretto il Centro di Video Arte, è stata presidente del Jazz Club, ha organizzato mostre con l’allora direttore di Palazzo Diamanti e marito Franco Farina, ha dato vita all’esperienza di teatro sperimentale della Sala Polivalente e ha perfino recitato in qualche occasione. Minuta di statura ma gigantesca nello spirito. Maurizio è invece forse il più abile disegnatore che conosca, di personalità opposta a quella energica di Lola, schivo e riservato, dotato di un estro senza eguali e di un pazienza invidiabile. La sua produzione è vastissima e di lui avrete senz’altro visto in anni recenti enormi sculture in qualche giardino di Ferrara (una facile sotto gli occhi di tutti è ad esempio l’omaggio a De Chirico al centro di piazzale San Giovanni), tavole che ricostruiscono parti mancanti del Salone dei Mesi, o ancora minuziosi ritratti leonardeschi come quelli della sua ultima mostra un paio di anni fa.

Quando inizia la sua carriera Paola ha dunque il compito di non essere da meno dei suoi importanti fratelli: nel 1973 la sua prima mostra a Ferrara raccoglie esercizi quasi grafici, manifesti sociali e altri esperimenti che mettono in luce il suo carattere creativo, inquieto e curioso, che prenderà in realtà in fretta la strada dell’iperrealismo. Nel 1983 realizza i suoi primi acquerelli e quello che salta subito agli occhi è la qualità del disegno, la straordinaria padronanza di una tecnica che porta tantissimi esordienti a risultati immediati, acquosi ed imprecisi. Quando Paola inizia a dipingere acquerelli invece questi sono i primi che espone:

Sembrano acquerelli? No. Sembrano frammenti fotografici dettagliatissimi della quotidianità, scampoli d’ordinario che sfuggono al nostro sguardo distratto, ma che, sotto un’osservazione attenta, si rivelano carichi di poesia e fascino. Nelle opere di Paola affiora un tratto malinconico e al tempo stesso ironico, profondamente magrittiano, dove gli oggetti, immersi in sfondi uniformi o macchiati da segni che si dissolvono nell’infinito, si spogliano di ogni significato consueto. Diventano silenziose presenze, forme inerti del quotidiano, rassicuranti nella loro placida immobilità, come memorie sospese nel tempo.

Una necessità quella di cogliere il bello nelle piccole cose, che ricorre negli anni successivi dominati da tinte delicate e soggetti onirici e fantastici, che attingono a piene mani dall’immaginario infantile. È una parentesi breve che la porta sul finire degli anni Ottanta all’informale: le forme si spogliano del superfluo, diventando essenziali, astratte, in un viaggio alla ricerca di un linguaggio visivo fatto di semplicità e purezza. Linee nette e decise si intrecciano con curve morbide e giocose, mentre triangoli e piccoli “bisciolini” sembrano danzare liberi, come microorganismi al microscopio che scappano in ogni direzione mossi da una forza invisibile. Questa energia si manifesta in segni bizzarri, vortici dinamici che ricordano i ricci ribelli che da sempre prova a domare sulla testa, specchio di una personalità vivace e indomita.
In queste opere si avverte l’eco di grandi maestri come Klee e Kandinskij: l’uso espressivo della linea, del colore e dello spazio porta avanti la loro lezione, trasformandola in un racconto intimo e personale. I quadri si ampliano, assumendo dimensioni importanti, come se lo spazio stesso fosse necessario per dare piena voce all’energia e alla vitalità che li attraversa. È un universo visivo che cattura e invita a perdersi nella sua affascinante complessità.

In quegli anni Paola espone spesso alla Galleria Tommaseo di Trieste, sotto la guida di Franco Jesurum: luogo dedicato alle arti ma capace di spaziare verso progetti editoriali e creativi davvero originali. Nel 2002 ad esempio realizzano insieme il Calendario degli artisti, uno per giorno al posto dei soliti santi, con nomi dei grandi del passato ed esordienti degni di nota, ancora da scoprire. Davvero un pallino di Paola quello per i calendari: nei due anni seguenti con la sorella Lola realizza il Calendario delle donne vestite. Nomi illustri del mondo culturale e storico, donne che hanno lasciato il segno nelle arti e nella società, ironicamente e fieramente opposto agli svestitissimi calendari Pirelli che impazzano in quegli anni sulle pareti di officine e barbieri. E quando apre Listone Mag nel 2013 ci fa dono di un altro lavoro certosino, cioè il censimento delle date di nascita e morte di tutti i ferraresi noti di qualunque tempo. Ancora oggi quel calendario da lei realizzato fa compagnia ai lettori di FILO Magazine ogni giorno proprio qui in cima, come almanacco locale del tutto unico.

Una mostra alla Galleria Tommaseo di Trieste, nel 1992

Negli anni Novanta la ricerca iperrealista di Paola tocca il suo culmine con alcune opere dal sapore squisitamente jazz, elegante, contemporaneo, che guardano a New York più che in modo ombelicale alla nostra piccola provincia emiliana. Questa enorme ad esempio è dedicata a suo cognato Franco Farina, pur senza ritrarlo integralmente.

E in questa sotto, assai simile nel tema ma più noir, iniziano a comparire i segni di una tecnica che negli anni a venire l’ha resa riconoscibile e iconica: i riempimenti spruzzati, a macchie, che vanno a impreziosire i suoi acquerelli con un tocco personalissimo e straordinario. Il colore soffiato da una piccola cannuccia di ferro è una texture a volte evidentissima e a volte in secondo piano, appena accennata. Un modo di caratterizzare luci e ombre, soggetti e sfondi che oggi in tanti applicano in digitale per dare un tocco sofisticato e vintage alle proprie opere, ma che in pittura sono tutt’altro che scontati.

Cappotto rosso, 2002

Nel corso degli anni Duemila i soggetti di Paola diventano ricorrenti ed estremamente poetici: uomini in cappotto che volano, cappelli eleganti, fiori raffinati, stelle, ambienti rarefatti e indefiniti, successioni di forme che si fondono e si intrecciano dando vita a spazi e luci che fanno sognare. Un minimalismo che apre alla fantasia di ognuno di noi, una ricerca di purezza e semplicità che commuove e su cui mi sono avventurato nella costruzione di un racconto ispirato proprio da queste opere. Nel 2011 utilizzando alcune opere di Paola in sequenza abbiamo dato alle stampe Interno con cappello, piccola pubblicazione senza pretese, dai tratti noir e misteriosi.

Nell’autunno del 2024 è invece uscito per Casa Lampronti il volumetto Cani e gatti, che raccoglie aforismi famosi e 50 anni di produzione pittorica dedicata in particolare a questi animali di compagnia. Paola ha ritratto in acquerello i compagni di vita di amici e conoscenti come puro piacere personale, da amante degli animali e proprietaria inseparabile del suo cane Ciccia. Anche gli animali sono in effetti un tema ricorrente a cui negli ultimi anni sono state dedicate mostre e occasioni di riflessione collettiva. Per non parlare del racconto e della valorizzazione del nostro territorio, che Paola persegue da sempre ritraendo finestre, cantonali, dettagli urbani e green di Ferrara, dalla pubblicazione del libro Invisibile, dove Ercole I d’Este ritorna in città ai nostri tempi e ci osserva stranito, fino alle recenti collaborazioni con il progetto The Ferrareser.

Ma Paola è stata (è?) anche una instancabile insegnante oltre che artista, o forse è quel ruolo che spesso ha preso il sopravvento sul primo. A metà degli anni Ottanta apre per alcuni anni la scuola di disegno Il Segno, dal 2006 al 2011 la scuola d’acquarello Imparolarte diventa invece gruppo stabile di lavoro e produrrà mostre interessanti, coltivando talenti e valorizzando al contempo dettagli urbani e artistici di Ferrara. Ne hanno fatto parte con lei: Marialivia Brunelli, Eleonora Ferrari, Rosangela Giovannini, Valentina Lapierre, Giuseppina Lascari, Elisabetta Marchetti, Claudia Spisani, Cristina Squarzoni, Maria Olga Tampieri e Beatrice Vaccari.

Imparolarte conteneva naturalmente nel nome la suggestione della parola: Paola è divoratrice di libri da sempre: senza che lei appaia volentieri, utilizzi i social o si esponga in pubblico le sue opere narrano mondi e creano suggestioni e cortocircuiti mentali perché parlano un linguaggio semplice e universale. È da sempre prolifica scrittrice di racconti e fiabe con grande attenzione al mondo dell’infanzia, ai temi dell’educazione all’arte, ai temi ambientalisti e femministi. Un impegno sociale fortissimo e sempre condiviso con il marito Lio, un’urgenza espressiva di lasciare traccia e chiave di lettura del mondo alle nuove generazioni. In una vecchissima intervista raccontava:

La mia ingenuità stava soprattutto nel credere che in arte non potesse mancare l’impegno sociale. Non avevo ancora capito che l’Arte, con la A maiuscola, quella che elargisce conoscenza e bellezza, è in sé una delle più alte forme di impegno sociale.

E in fondo poter essere un’Artista, occupare le giornate riempiendole di Bellezza e facendo cose che fanno stare bene noi ed altri, che innescano riflessioni e stimolano idee, non è forse il modo migliore di vivere una vita piena di soddisfazioni, consapevoli di avere un ruolo sociale enorme e fondamentale? Paola con il suo stile educato e composto, riservato ma deciso, deve aver trovato la chiave segreta del mondo.

Se siete arrivati in fondo a questo lunghissimo e parzialissimo racconto, ora vi è più chiaro perché per me Paola è da sempre un’icona d’arte, poesia e stile. Per vedere queste e altre magie potete andarla a trovare nel suo studio in via Terranuova 30/a, durante una delle prossime mostre, dove ospita spesso artisti locali ed amici. Oppure online sul suo sito internet, ma non sui social, proprio no. Con tanta bellezza in giro ancora da scoprire non vale la pena perdere tempo con quella parte di mondo che davvero ne è priva, non è di sicuro un luogo adatto a lei.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp
Lascia un commento Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articolo precedente

Adorna Studio: da Ferrara alla Svizzera, stampa 3D, creatività e sostenibilità

Inserzione pubblicitaria