È difficile riuscire a scindere la figura politica di chi per sette lunghi anni ha ricoperto incarichi in vari governi, ed è stato protagonista della storia di un partito fin dalla sua nascita, da quella di scrittore e narratore di rara delicatezza, autore di libri premiati dalla critica e dal pubblico. Ma Dario Franceschini ad un certo punto della sua carriera ha sentito fortissimo il richiamo della scrittura, coltivato sin da bambino, al punto da ribadire più volte di voler esser chiamato scrittore, e solo poi, come fosse un secondo lavoro, Ministro oppure Onorevole. Se sulla politica il giudizio di anni di lavoro è spesso frutto di partigianerie e pregiudizi sul suo stile elegante e la fervida fantasia letteraria probabilmente in tanti e in modo bipartisan potranno trovarsi d’accordo.
Con il suo primo romanzo Nelle vene quell’acqua d’argento, uscito nel 2006, è stato premiato in Francia e in Italia. In seguito ha pubblicato La follia improvvisa di Ignazio Rando, da cui è stato tratto uno spettacolo teatrale, e ancora Daccapo, Mestieri immateriali di Sebastiano Delgado e la raccolta di racconti Disadorna. Da oggi è di nuovo in libreria con Aqua e tera, edito da La Nave di Teseo.
Una storia toccante che affonda le sue radici negli anni più difficili e tremendi della storia ferrarese, una storia che parla di noi, dei nostri antenati e di quel biennio rosso che nelle campagne fu preludio a quello nero, alle violenze fasciste perpetrate nelle campagne a partire dal 1921 che portarono poi all’ascesa di Mussolini e Balbo. Una storia che non si può che leggere rapiti rimanendone travolti fino all’ultima pagina, dove ogni scorcio è un pezzettino di casa nostra, un angolo di storia, un dettaglio che molti ancora ricordano o hanno ascoltato dalle voci dei propri familiari. Un romanzo storico curatissimo nel ricostruire quel contesto sociale attraverso date, nomi, discorsi, con una dovizia di particolari di chi quelle vicende le conosce bene e ne ha già scritto in passato, nel suo primo libro pubblicato nel lontanissimo 1985: Il Partito popolare a Ferrara. Cattolici, socialisti e fascisti nella terra di Grosoli e don Minzoni.
Franceschini dipinge una vicenda che attraversa generazioni di ferraresi, dalla seconda metà dell’Ottocento al secondo dopoguerra, in cui tanti potranno riconoscere qualche riferimento familiare. E finisce per incrociare inevitabilmente la sua di famiglia, a partire dal luogo dove si svolge buona parte della vicenda, cioè la grande abitazione di corso Giovecca 168 dove è cresciuto insieme ai genitori Giorgio e Gardenia e alla sorella Flavia. Un curioso gioco di citazioni e omaggi, tra nomi che ricorrono, personaggi e dettagli che sono un po’ ricordi del passato e un po’ fantasia ma che chi conosce lo scrittore troverà ancora più emozionanti.
Aqua e tera parte come detto da lontano, quando intorno a Baura e alla casa della famiglia Callegari era tutta palude, quando i primi braccianti vennero chiamati allo sforzo enorme di rendere abitabile una terra umida e malsana, dove c’era solo il lavoro a riempire le giornate, un nome era tutto quello che davi ai figli insieme a un pezzo di polenta, così morivano di pellagra se non diventavano matti prima. E i nomi in questo romanzo sono splendidamente emiliani e perduti: Nivardo, Isauro, Ginisca, Milvano, Zoraide, Olao, Leandro, Ismo, Scioperina.
“Non potete far mangiare a questi bambini solo polenta, gli viene la pellagra,” l’aveva messa in guardia il medico anni prima, ma lei non aveva potuto fare altrimenti.
“Dutór,” gli aveva risposto Ginisca, “chi a ghè sol aqua e tera.”
Ma questa storia che sembra un piccolo bignami della storia locale parla tanto d’amore oltre che di guerra. Sullo sfondo della lotta tra socialisti e fascisti, il topos letterario del rapporto impossibile tra amanti di due famiglie in guerra torna nelle pagine di questo romanzo, dove le protagoniste indiscusse sono le donne e il loro percorso verso l’emancipazione lavorativa e sociale. Lucia è la figlia bellissima del capolega dei braccianti di Baura, l’intransigente e ambizioso Milvano, per qualche tempo a capo di un territorio quando l’onda rossa sembra davvero partire dai campi per fare la rivoluzione. Tina è la figlia dei Barilari, famiglia di agrari fascisti dove i suoi fratelli sono tra i primi a partecipare alle spedizioni punitive verso le campagne, per mettere a ferro e fuoco case del popolo e luoghi di ritrovo dei braccianti socialisti. Vive in città in una casa adiacente al giardino della Palazzina Marfisa d’Este e quando Lucia scapperà da Baura per mettersi in salvo visto l’attivismo del padre, troverà ospitalità proprio nell’altra casa che affaccia su quel giardino, quella dell’avvocato Fortini, persona stimata da tutti e punto di riferimento del socialismo cittadino.
Fortini è la trasfigurazione letteraria del nonno dello scrittore, l’avvocato Luigi Franceschini, la propria casa di gioventù è come detto teatro della vicenda e persino il giardino della Marfisa che diventa luogo di incontro tra le due ragazze attinge ai ricordi d’infanzia di famiglia incrociando fantasia e storia.
Così l’amore segreto tra due ragazze nella Ferrara dello squadrismo fascista cresce all’ombra di un giardino secolare, ai margini di un comizio di Mussolini, che proprio il 4 aprile 1921 si presentò qui per sostenere i primi fasci di combattimento. Ma incrocia inevitabilmente anche le tragiche sorti di Giacomo Matteotti, che si confida con Milvano, o di Don Minzoni, che transita più volte a casa Fortini per consultarsi con l’avvocato mano a mano che la pressione intorno a lui aumenta. Personaggi storici e di fantasia si susseguono lungo tutto il racconto che rende persino omaggio a Bassani e Antonioni, tennisti contrapposti proprio nel futuro tennis club Marfisa o alla giovanissima Renata Viganò, quando per tutti era ancora la partigiana Contessa.
La scrittura di Franceschini ha i toni del realismo magico e l’epica di Marquez, i personaggi femminili sono indimenticabili e trascinano con grande forza gli altri protagonisti in tempi di enorme incertezza, diventando eroine nella tragedia, maestre di vita ed esempi da tramandare per generazioni. La miseria di scariolanti e lavandaie attraversa anni di grande idealismo e lotte, sospese tra acqua e terra sognando la città e un domani migliore per i propri figli. Ma la storia vivrà un punto di svolta, l’onda nera cambierà le sorti di città e campagne, la disillusione di una generazione che conobbe la Grande Guerra e l’avvento del fascismo cambierà per tutti le carte in tavola. A sopravvivere non sempre saranno i più forti ma i più scaltri ed organizzati, e la solidarietà ed empatia tra le donne che muovono i fili di questa vicenda ne sarà un bellissimo esempio.
Ginisca stava diritta nel suo vestito nero e sotto il velo non aveva lacrime, ma solo nostalgia. Pensava a quando lei e Isauro erano arrivati a Baura appena sposati, a Nivardo e Bianca che li aspettavano sulla porta di casa per accompagnarli nella loro camera nuova, con i muri rinfrescati di calce, i comodini alti, il comò con lo specchio, la finestra aperta sui campi e il letto nuziale dove presto sarebbero arrivati a dormire anche Milvano ed Emilia, con i piedini che spingevano contro le loro guance. Era tutto povero e pulito, come il loro amore.
Tra partite a trionfo, serate a far filò, casolari di campagna, le prime cineprese amatoriali e poi l’avvento del cinema, Aqua e tera è un affresco di cultura emiliana, che parte dal passato per raccontare in un soffio l’arrivo della modernità, ma per molti avrà il fragore di uno schiaffo in faccia. Un nuovo romanzo di Ferrara che attinge a piene mani da Bassani per fissare su carta una storia terribile e bellissima al contempo, restituita con grazia e delicatezza attraverso gli occhi di due ragazze bellissime e diverse da tutti.
—
Venerdì 27 settembre alle 17.30 alla palazzina Marfisa, Dario Franceschini presenterà Aqua e tera con Daria Bignardi, Annalena Benini, Anna Maria Quarzi e Diego Marani.