È finalmente iniziata l’edizione numero 37 del Ferrara Buskers Festival, la più attesa forse di sempre visto quanto se ne è parlato in lungo e in largo su giornali e social. Dove le polemiche continuano da settimane per la scelta, del tutto legittima e ampiamente preannunciata, di introdurre un biglietto d’ingresso in quello che da sempre rappresentava per moltissimi ferraresi un “giretto in centro” di fine estate senza alcun impegno.
C’è stato un tempo in cui il Buskers Festival era l’unico (!) evento capace di portare Ferrara alla ribalta internazionale, il momento dell’anno che tutti gli operatori turistici attendevano con ansia, perché la città era per qualche giorno piena in ogni angolo, dai ristoranti agli alberghi, dai parcheggi alle strade ricolme di artisti invitati, accreditati, imbucati. Poi il Buskersgarden per un mese, la Busker House fino a tardi dove nascevano jam session, amori, amicizie. I ruznoni, i punkabbestia, il rumore, ma-io-domattina-devo-lavorare, ve lo ricordate? È successo davvero, è stato bellissimo per alcuni e insopportabile per altri: personalmente come musicista conserverò sempre ricordi indimenticabili di quelle serate dove abbiamo fatto ballare e divertire centinaia di persone.
Ma quel tempo è passato e bisogna ahimè guardare avanti: chi organizza un evento oltre a meritare un applauso per il coraggio sa perfettamente che i costi negli ultimi anni sono diventati talmente proibitivi da essere appannaggio di pochi. Servono ingenti contributi pubblici o grossi sponsor privati, oppure presto o tardi si salta per aria. E un festival che resiste da 37 anni è già una notizia clamorosa, un’impresa epica nello scenario economico di oggi, con le regole con cui si gioca oggi. Chapeau dunque alla famiglia Bottoni e a tutto lo staff per essere arrivati a questo traguardo in modo impeccabile.
Da ieri 22 agosto 2024 quel bel mondo è diventato però qualcosa di molto diverso, e a primo acchito sembra essere stato accolto con un po’ di freddezza anche dai presenti che hanno dato fiducia da subito alla nuova formula. La prima sera del festival vale sempre un po’ come prova generale, a maggior ragione quando la formula è così radicalmente diversa che il pubblico non sa bene come comportarsi e anche gli artisti sembrano studiare la situazione per sondare il terreno.
La prima cosa che salta agli occhi arrivando al festival sono i varchi all’ingresso, che significano controlli agli zainetti, proprio come ad un concerto. I varchi significano anche una zona delimitata che non è proprio nel cuore della città anche se si trova comunque in luogo molto suggestivo. Il ferrarese brontolone, quello che non partecipa ma commenta e si lamenta, potrà farsi una vasca in piazza indisturbato queste sere, perché i buskers suonano lungo corso Ercole I d’Este e all’interno del Parco Massari. Una scelta logistica e tecnica più che una fuga dal centro storico, con buona pace dei commercianti e dei ristoratori che rimangono così a bocca asciutta (e questo resta in generale un tema parecchio critico, dopo i problemi causati dai concerti in piazza e il mangia e bevi in Darsena).
All’interno dell’area a cui si accede con biglietto mai come quest’anno hanno trovato spazio stand, mercatini, attività artistiche e per bambini e aree ristoro o di svago. L’intero parco Massari è un evento nell’evento, l’atmosfera è suggestiva e ricorda un po’ il vecchio sottomura di vent’anni fa, ma più ordinato e moderno. All’ora di cena i tavoli sono tutti pieni, i chioschi lavorano bene mentre musica non se ne sente ancora da nessuna parte, anche se l’orario di esibizione in teoria sarebbe iniziato da un po’.
La serata si apre nella limonaia all’interno del giardino dietro la Prefettura, con il racconto della storia del festival attraverso gli aneddoti del suo fondatore Stefano Bottoni, e a seguire con un Valerio Aprea in forma smagliante, ospite d’onore intervistato dal nostro Gianni Fantoni. L’attore romano diventato famoso in tv negli ultimi mesi grazie a Propaganda ma che tanti ricorderanno dai tempi della serie cult Boris, ha snocciolato ricordi e reading di Mattia Torre, suo amico di sempre, sceneggiatore e autore teatrale scomparso pochi anni fa e tra le penne più argute della nostra generazione. Un piccolo omaggio con un pubblico molto attento, un evento quasi da festival di Internazionale davvero riuscito e raccolto.
La seconda cosa che salta agli occhi, o meglio alle orecchie, è proprio il silenzio in giro. C’è una calma strana, che non ti aspetti perché ricordi la confusione e gli artisti che si coprono uno con l’altro, per la musica che propongono o per gli applausi a ritmo del pubblico. Ma i musicisti nell’area delimitata del festival sono pochi, molto distanti uno dall’altro e in mezzo per raggiungerli si creano dei vuoti dove non c’è nulla e dove mancano appunto i ferraresi a passeggio, quelli che non erano interessati davvero ma passavano per curiosare e facevano massa. Il colpo d’occhio è quello che è: non siamo molti. Lo potevamo immaginare? Si, ma ci rattrista un po’ e finisce per diventare il leit motiv sulla bocca di molti veterani che vengono ogni anno e hanno voluto esserci lo stesso, anche da fuori città. Ci siamo, anche se questa cosa del biglietto rende tutto un po’ strano. Si avvicina un collega: non so bene che cosa fotografare – mi dice – c’è poca gente. Più tardi un’artista all’interno del parco è preoccupata: Eugenio, non è ancora venuto nessuno, di solito avevo la fila! Bisogna sperare nelle prossime sere ma la partenza è un po’ in salita.
Ovvio, il biglietto di ingresso abbassa drasticamente il numero di persone presenti e premia solo chi davvero è interessato agli spettacoli. Ma meno persone in giro significa anche che si “diluiscono” sui vari spettacoli senza che nessuno abbia il consueto capannello di persone. Così capita di passare davanti ad artisti davvero in gamba ma con appena una decina di persone ad ascoltarli. Per l’effetto gregge se un artista ha poco pubblico difficilmente attrae altre persone ad ascoltarlo, così due o tre soltanto a fine serata saranno riusciti a catalizzare l’attenzione di una folla superiore ad una cinquantina di persone, e con numeri di giocoleria, ma non musicali. Forse è solo la prima sera, alcuni nomi mancavano all’appello o non si sono esibiti durante tutti i turni, ma la musica è sembrata mancare un po’ e soprattutto non si sono viste quasi mai quelle situazioni tipicamente buskers dove qualcuno sta davvero facendo la differenza radunando entusiasmo, grida e battimani intorno a sé, a parte in un paio di occasioni, tipo questa:
Se dobbiamo consigliarvi un gruppo da non perdere su tutti, abbiamo ancora bisogno di ascoltarlo per bene le prossime serate, ma si percepisce che ci sono talenti notevoli come i S.Taki e il loro sound mediterraneo che attinge a piene mani da Manu Chao, o i francesi Lazy Grass String Band, che rivisitano in chiave bluegrass perfino Lady Gaga o Britney Spears. All’interno del parco hanno riscosso curiosità anche lo swing anni ’20 dei Sunny Side Duo e la voce struggente di Lisa Bell in coppia con Simon Evans. Se vi piacciono cose più sperimentali potreste incantarvi ad ascoltare i loop elettronici del one man band argentino Proyecto LupA. Se invece avete bambini cercate i due struzzi giganti Scheppe & Boko per farvi due risate, l’uomo che rimane nelle posizioni in cui lo mettete voi, cioè Pick My Pose, oppure il giocoliere appassionato di diablo, Stefan Florescu, che ieri ha radunato un bel pubblico di grandi e piccini.
L’impressione a caldo è comunque quella di una macchina ormai estremamente rodata, che quest’anno ha messo sul piatto mostre, talk e laboratori per ampliare l’offerta e per attirare un pubblico variegato. Il risultato è che si vedono in giro tante famiglie con bambini, attirate anche dalle scontistiche proposte (ridotto per i genitori e i bambini fino a 12 anni non pagano) e che ci siano un sacco di cose da fare di contorno, pure troppe per le persone che effettivamente hanno accesso al festival. Forse questa parte della manifestazione poteva essere lasciata a libero accesso così da avvicinare e coinvolgere comunque chi voleva farsi un giro per curiosità. (Nota di colore: tarocchi e letture della mano vanno sempre fortissimo e anche se non c’è la coda, si vedono persone farsi predire il futuro ad ogni ora…)
Non so se questa formula garantirà sostenibilità economica al Buskers Festival, e capisco che ciò che è stato in passato oggi sia irripetibile. Credo che a prescindere dalle critiche sia giusto provare nuove strade per dare un segnale e sondare il terreno con l’amministrazione, gli sponsor, e soprattutto il pubblico. I buskers chiedono la nostra fiducia e il nostro sostegno, ma serve uno sforzo maggiore anche da parte delle istituzioni e delle imprese del territorio, se vogliamo che questo evento rimanga a Ferrara e continui a far parlare di sé in tutto il mondo. Altrimenti qualche città interessata a rilanciarsi arriverà a copiarlo come già sta succedendo, magari con maggiori capacità economiche e avremo un evento importante in meno in città, proprio quello che ci ha dato lustro per primo.
Siamo disposti ad aiutarlo anche se non è la formula che speravamo e oggi c’è un piccolo prezzo da pagare per provare magari a non averlo più in futuro? Solo se la città dimostrerà di essere attaccata a questa maglietta nonostante tutto, a tenersi con le unghie il festival al prezzo di un biglietto sperimentale, si potrà sperare di ottenere maggiori investimenti pubblici e attenzioni domani. Gli amici si vedono nel momento del bisogno: a questo festival manchiamo soprattutto noi.
10 commenti
C’è stato un tempo…..
Avete detto bene, un tempo che non c’è più, e questo e solo un segno di un paese ormai allo sfascio dove la gente, potrebbe, essersi rotta le scatole!
Se la mettiamo sulla politica addio .
Apriti mondo.
Non girano più soldi forse la gente non ha capito
Buongiorno a tutti voi e buon weekend.
Faccio questo commento perché è stato vissuto di 2 persona.
Trovo che partecipare a un Festival porti solo denari ai commercianti del luogo,e fino lì non ci trovo nulla di male anzi.
Il problema subentra quando il comune stesso non rilascia dei buoni pasto per fare fronte a spese vive di noi artisti.
Poi la SIAE non la pagano né il comune di pertinenza che i commercianti, dato che un musicista di strada deve essere fornito di abbonamento annuale presso SIAE.
Poi la decisione di darti una postazione errata perché ci sono tanti artisti.
È organizzata decisamente male.
No comment .
Dedicata a artisti fatevi pagare basta cappello non siamo pezzenti
Non è vero che l’artista di strada deve pagare la SIAE. Dubito che tu sia un artista di strada.
Costi alti, perché dobbiamo pagare noi?
Tu pensa !!!
Sei un’ artista di strada?
Sei sei tale i gestori dei locali ti fanno pagare la consumazione pidocchiosi.
Sono un artista di strada. L’arte di strada si fa di sorpresa, non si organizza e non si imbriglia.
Il biglietto d’ingresso è un’assurdità, è la negazione dell’arte di strada.
Buon lavoro.
I tempi cambiano la creatività cala la crisi avanza e i quattrini son sempre meno… Purtroppo le novità si istituzionalizzano e perdono in capacità di affascinare e meravigliare… E normale purtroppo ..ma cosa c’entra la darsena?
Busker e biglietto é una contraddizione in termini. Se paghi il biglietto poi non metti i soldi nei cappelli….
Assurdo pagare il biglietto noi siamo stati a casa. A Bologna c è la rassegna Bologna estate con oltre 200 spettacoli di tutti i generi gratuiti. È un modo per creare un indotto alla città ! Chiedete ai vari commercianti se sono stati contenti della scelta. Costi alti ….il ritorno con tutti la gente che arriva a erano ampiamente coperti dal guadagno di tutte le attività perciò era il comune che deve provvedere. Noi torneremo solo quando tornerà gratuito.