Michelangelo Antonioni è tornato a casa nella sua Ferrara, in un luogo prezioso come l’ormai ex Padiglione di Arte Contemporanea, protagonista indiscusso della vita culturale cittadina degli ultimi cinquant’anni. E la città d’altro canto vanta da oggi un museo in più, da inserire nel circuito di visita dei turisti di tutto il mondo che da sempre apprezzano la sua arte cinematografica raffinata e intelligente. Lo Spazio Antonioni che apre oggi al pubblico è il sacrosanto tributo al nostro regista più grande, il tentativo di dare lustro e spazio – appunto – ad un gigante del Novecento che fino ad oggi abbiamo raccontato ovunque nel mondo, tranne che da dove era venuto.
Prima di scoprire come è fatto e cosa è stato scelto per l’esposizione è doveroso però fare un passo indietro per raccontarne la genesi.
Una storia complessa iniziata nel 1995, in occasione della vittoria del premio Oscar alla carriera, quando nacque lo sfortunato Museo Antonioni al civico 17 di corso Ercole d’Este, teatro un tempo del Centro di Video Arte diretto da Lola Bonora. Il museo conteneva documenti e materiali appartenuti al regista, principalmente disegni, schizzi, quadri e libri ma poco inerente all’attività cinematografica. Durò fino al 2006, chiuso per incuria dell’edificio e per lo scarso interesse di pubblico. Nel 2015 si tornò poi a parlare di catalogazione dell’immenso archivio custodito dalla moglie Enrica Fico, soprattutto dopo il successo di pubblico e critica della mostra a Parigi su Antonioni curata da Dominique Paini in collaborazione con Ferrara Arte: di nuovo sembrò esserci la volontà di riaprire un museo, forse a Palazzo Massari.
Nel frattempo l’immenso Archivio Michelangelo Antonioni è stato censito e catalogato, si può ancora oggi consultarne una parte online per motivi di studio in questo sito creato nel 2019: documentano l’universo intellettuale, estetico e affettivo del regista e permettono di addentrarsi nel suo cinema e, più in generale, in tutta la sua attività, anche quella critica, letteraria e artistica.
Oltre 47.000 unità vendute molti anni fa al Comune di Ferrara dalla moglie Enrica, tra cui la biblioteca e la discoteca del regista, un cospicuo numero di pellicole, l’epistolario, l’archivio fotografico dei film e dei documentari, i premi, collezioni di cartoline raffiguranti attori e attrici, riviste e ritagli stampa, scritti vari, tra cui sceneggiature, soggetti, appunti, opere pittoriche e alcuni oggetti personali.
Un archivio che sarebbe rimasto soltanto online se qualche anno fa non si fosse sbloccata la partita grazie all’assist tra Dario Franceschini, allora Ministro della Cultura, e Vittorio Sgarbi, presidente di Ferrara Arte. Arrivato l’impegno del Comune, venne deciso che sarebbe stato il PAC ad ospitare il nuovo museo, più piccolo ma più elegante e soprattutto del tutto dedicato alla causa rispetto ad una sede condivisa con altre esposizioni in qualche altro palazzo più ampio. Il progetto venne presentato pochi mesi dopo e l’avvio del cantiere è storia recente, all’inizio del 2023.
Si parte dunque da questo immenso patrimonio per capire cosa contiene oggi Spazio Antonioni: una selezione di tutto ciò che di più caro è stato custodito e raccolto in una vita intorno al cinema da Michelangelo e sua moglie Enrica. Che oggi tira un sospiro di sollievo, quasi passando il testimone a chi gestirà questo tesoro e lo renderà fruibile al pubblico: “Non mi sento più sola a custodire le cose di Michelangelo“ ha detto questa mattina poco prima del taglio del nastro.
All’interno c’è dunque un po’ di quel Museo degli anni Novanta con le Montagne Incantate, enormi e meravigliosi quadri realizzati negli anni ’70 che alcuni ferraresi ricorderanno ancora, frutto dell’estro pittorico del regista, oggi in parte raccolte e abbinate cromaticamente a creare suggestioni contemporanee e sfondi rarefatti che sembrano perfettamente fare coppia con il suo cinema.
Il percorso museale si sviluppa cronologicamente ripercorrendo le stagioni del cinema di Antonioni lungo tutto il secondo Novecento: dagli esordi nell’ambito del neorealismo fino alla “trilogia della modernità” legata a Monica Vitti (L’avventura, L’eclisse, La notte), quindi l’avvento del colore ne Il deserto rosso, e poi “la conquista del West” con le pellicole angloamericane testimoni dell’esplosione della cultura pop e hippy – Blow Up e Zabriskie Point –, e l’evasione africana in Professione: reporter, per concludere con il ritorno in Italia e le opere che recuperano il legame con le radici come l’ultima Al di là delle nuvole, girata anche a Ferrara.
Di tutti questi film ci sono soprattutto quei memorabilia del mondo del cinema che incrociano la dolce vita degli anni Sessanta, lo stile inconfondibile e irripetibile di poster, provini di attori, foto a margine del set… E ancora cartoline e lettere su carte intestate dei grandi hotel internazionali, dove la firma in calce non è quella di un amico qualunque ma puoi trovarci Fellini, Calvino, Eco, Mastroianni… I premi vinti che brillano di luce propria: è più bello un Oscar, una Palma o un Leone d’oro? Le videocamere, le sceneggiature, gli appunti di scena, bozzetti e tanto altro che dispiace lo Spazio sia così poco per contenere tutta questa Bellezza.
Perché quando hai davanti Marcello che fuma, Monica con il broncio, il poster di Blow Up, i campi lunghi de La Notte, il quadernetto rosso di Deserto Rosso, il sorriso di Nicholson, i dischi dei Pink Floyd, la racchetta del club Marfisa, la Nikon cromata, le pagine dell’Europeo, che altro resta da dire? Un’estetica diventata iconica, capace di raccontare un’epoca attraverso il cinema e i linguaggi che gli hanno ruotato intorno. Dei film di Antonioni questo spazio racconta soprattutto tutto ciò che stava a margine dell’opera registica, quei cimeli che sono passati tra le sue mani e che grazie ai suoi film sono diventati Mito.
E il contenitore? Che lo Spazio Antonioni fosse piccolo i ferraresi lo sapevano già, ma la scelta di non stravolgerlo all’interno è da premiare. Il progetto architettonico, firmato dallo studio Alvisi Kirimoto in coordinamento con il Servizio Beni Monumentali del Comune di Ferrara, prevede un percorso espositivo dinamico e contemporaneo: al piano terra cinque setti monolitici scandiscono i capitoli del racconto fino alle due sale proiezione dedicate ai film di Antonioni. Al progredire dell’esperienza corrisponde il climax cromatico in scala di grigio delle pareti che plasmano uno spazio astratto, richiamando le atmosfere ricercate dal regista nei suoi film.
Le pareti non sono veri e propri muri ma pannellature in un gioco di pieni e vuoti dove dipinti e manifesti si alternano a monitor integrati e ad ampie vetrine per l’esposizione di oggetti, documenti e foto.
Al primo piano dove si accede ancora dalla solita ripida ma restaurata scaletta, un’esplosione spaziale innescata da pannelli che traslano e ruotano consente di modulare la grande sala in base alle diverse necessità funzionali della futura programmazione museale.
L’idea è infatti quella di creare uno spazio vivo, luogo di formazione e di scoperta, dove esplorare le testimonianze del lavoro di Antonioni e approfondire i molteplici nessi con artisti, registi, intellettuali che l’hanno ispirato o che continuano a trarre nutrimento dal maestro.
Il primo progetto in mostra da oggi è Fuori fuoco, piccola mostra curata da Andrea Bruciati in collaborazione con Istituto Villa Adriana e Villa d’Este – VILLÆ. In parete le opere raccontano la diversa traduzione artistica del canone naturalistico nei dipinti di Giorgio Morandi e nelle foto di Cy Twombly attraverso un confronto inedito con Michelangelo Antonioni. Opere apparentemente lontane per stile e iconografia che però risultano estremamente affini alla visione poetica del cineasta.
La mostra interrompe naturalmente il percorso espositivo dedicato ad Antonioni: al primo piano l’esposizione di Morandi e Twombly è di fatto un piccolo intervallo prima di riprendere il racconto cronologico della produzione cinematografica del regista. L’idea di tenere in piedi un piccolo spazio alternativo al PAC, ora che non c’è più uno spazio comunale dedicato all’arte contemporanea in città, è senza dubbio lodevole ma forse troppo sacrificata in questo contesto. Se l’archivio Antonioni avesse avuto più spazio a disposizione avrebbe avuto di che riempirlo senza problemi, togliere quasi metà del primo piano per piccole esposizioni di contorno è una bella idea ma che meritava più respiro, o un suo spazio complementare dedicato. Come la seconda palazzina a fianco del PAC, quella Sala Polivalente che molti artisti ancora rimpiangono e che non ha ancora trovato nuova vita altrove. C’è comunque il cantiere di Palazzo Massari, quello di Prosperi Sacrati, c’è sempre una cavallerizza dell’ex Caserma in via Scandiana che grida per essere utilizzata in modo intelligente. C’è spazio anche per sognare un po’ la Ferrara dei prossimi anni, tra un restauro e l’altro.
Lo Spazio Antonioni è una bellissima scommessa di Ferrara con il mondo, è un’opportunità per celebrare il genio di un regista e al contempo attrarre qui appassionati e studiosi anche da oltreoceano per scoprire nuovi angoli della città. A metà strada tra il quadrivio rossettiano e il Cimitero Monumentale della Certosa, tra l’arte di Palazzo dei Diamanti e la campagna verde tra le mura cittadine, proprio dietro quella Piazza Ariostea che ha appena visto correre il Palio in notturna. C’è di che sbizzarrirsi per itinerari suggestivi, alternativi al centro storico.
Per essere la città del silenzio, abbiamo molto di cui parlare: bentornato Michelangelo!
MORE INFO
Spazio Antonioni, Corso Porta Mare 5, 44121 Ferrara
Aperto dal martedì alla domenica 10.00-13.00 / 15.00-18.30
Intero: 6 €, Ridotto: 4 €, Gruppi: 4 €