Manca poco al ritorno di Lorenzo Barone nella nostra piccola Ferrara! Da dicembre 2022, quando è venuto a trovarci per la prima volta, ha riempito il suo bagaglio con nuove avventure ed emozioni, che condividerà con noi venerdì 14 giugno presso Associazione Nuova Terraviva, ancora una volta su invito dei ragazzi di Journhey (ne avevamo parlato qui). In attesa di accoglierlo nuovamente, ho fatto quattro chiacchiere con lui… e sono partita dalla domanda più difficile!
Vieni spesso definito “cicloviaggiatore” ma, senza le etichette che ti attribuiscono gli altri, tu chi sei veramente?
Sono semplicemente un ragazzo che si ascolta e che cerca di seguire le proprie passioni, mettendoci tutto l’impegno e la dedizione possibile. Quando facevo parkour mi allenavo più di quattro ore al giorno, poi sono passato al tiro con l’arco e ai viaggi in bicicletta. Ora ho iniziato a praticare anche altre attività, perché io sono in continua evoluzione. Cerco sempre di capire quand’è il momento di cambiare e come farlo.
Come è nata la tua passione per la bici?
L’amore per la bici non c’è mai stato, mentre ho da sempre la passione per i viaggi: la bicicletta mi consente di andare lontano, ma quando torno a casa la uso solo come mezzo di trasporto. Volevo vedere cosa c’era al di là del luogo in cui vivo; sono sempre stato molto curioso. Fino ai 17 anni circa ho pedalato molto nelle zone vicino a casa, ma volevo partire e tirare una linea dritta, senza tornare a casa la sera stessa.
Da quando ha iniziato a viaggiare, 9 anni fa, Lorenzo ha percorso 103.400 chilometri in bici, per un totale di 1.514 giorni effettivi di viaggio in sella e 64 diversi paesi visitati.
Come organizzi i tuoi itinerari?
L’ingrediente fondamentale è sempre la curiosità. Mi serve una scintilla per prendere la decisione di partire, mettermi alla prova, studiare il percorso, capire l’equipaggiamento e i viveri necessari. Ogni viaggio deve avere un “senso”, per questo parto da un punto preciso e mi pongo l’obiettivo di arrivare a una determinata destinazione. È questa la motivazione che mi spinge ad andare avanti anche quando il percorso è difficile. Ad esempio, intraprendere la strada più lunga del mondo, la più fredda o quella più a nord d’Europa sono traguardi che mi stimolano a partire.
Gli oltre 35.000 chilometri che ho percorso all’inizio, li ho fatti senza pormi obiettivi ben precisi e, durante il primo viaggio verso il Portogallo, mi sono accorto che correvo dietro al tempo, senza godermi le mete. Poi è cambiato tutto nel 2018, quando sono partito per il Pamir in inverno, tra Kirghizistan e Tajikistan, e ho imparato ad assaporato ogni istante. Servono sempre obiettivi intermedi e un focus ben preciso.
Cosa non deve mai mancare nello zaino con cui parti?
Dato che voglio essere sempre autonomo, il mio kit base è composto da tenda, materassino, fornellino e pentolino. Chiaramente anche un buon sacco a pelo e, soprattutto, l’abbigliamento giusto sono necessari.
Come vivi il fatto di trascorrere molto tempo da solo?
Stare da solo per me non è mai un peso, mentre la compagnia può diventarlo. Amo così tanto stare isolato nel nulla, in connessione con la natura, che a volte mi piacerebbe prolungare ulteriormente quei momenti di totale isolamento. In paesi come l’Etiopia o l’India, dove si è sempre circondati da altre persone, non trovavo mai un posto isolato dove accamparmi in sana solitudine.
Qual è il ricordo più bello di tutte le avventure che hai vissuto?
Uno è sicuramente quello vissuto in Yakutia, in Siberia Orientale, quando all’improvviso due cani hanno iniziato a corrermi accanto. Le temperature oscillavano tra i -40 e i -56 gradi. La sera scongelavo per loro delle scatolette di pesce e la mattina ripartivano con me. Abbiamo viaggiato insieme per 8 giorni che non scorderò mai.
E il momento più spaventoso che proprio non avevi previsto?
In Etiopia: mi mancavano 23 chilometri per entrare in Sudan, quando mi hanno arrestato per 18 ore senza un apparente motivo. Mi sono ritrovato in una stradina isolata di un villaggio, circondato da militari armati. Essendoci la guerra nella regione del Tigrai, temevo di finire nelle mani dei ribelli, ma per fortuna il giorno dopo mi hanno lasciato andare.
Qual è stato, invece, l’incontro più speciale che hai fatto durante i tuoi viaggi?
Sicuramente quello con Aygul, che oggi è mia moglie. Ci siamo sposati 9 mesi dopo esserci conosciuti e ho vissuto nel suo villaggio per un anno e mezzo.
Lorenzo Barone non è più solo il cicloviaggiatore per cui molti lo conoscono, ma ha aggiunto altri mezzi alla bicicletta.
Se ho scelto di dedicarmi anche ad altre attività come il kayak e gli sci è perché mi piace raggiungere gli obiettivi con le mie forze, fisiche e mentali, senza ricorrere ai mezzi a motore. Mi attrae molto il kite, sia in acqua, ma soprattutto per trainare la slitta con gli sci, per percorrere distanze più lunghe. Voglio aumentare le mie competenze, allenarmi in tutte le attività, senza più limitarmi solo alla bicicletta. Viaggiare così è molto più complicato, sia per quanto riguarda la preparazione fisica che la logistica, specialmente se utilizzo più mezzi in una stessa avventura.
Finora, la sfida più ardua che hai intrapreso è l’ultimo viaggio in Scandinavia?
No, quello è stato più che altro un allenamento di tre mesi per imparare a gestirmi in condizioni nuove. Per la Scandinavia sono partito in bici, ho proseguito con gli sci, poi sono passato al kayak, che si è rivelata la parte del viaggio più estenuante psicologicamente: dovevo stare attento a non cadere in acqua, o avrei rischiato l’ipotermia in pochi minuti. Con la tuta stagna, dato che non potevo mai toglierla durante il giorno, dovevo gestire la temperatura del mio corpo. Con i vestiti bagnati dall’umidità soffrivo il freddo, ma potevo cambiarmi solo in tenda. Grazie a quest’avventura ho imparato molte cose nuove, aumentando le mie skills. La Yakutia è stata la sfida più tecnicamente complicata, ma la più impegnativa in assoluto per me è stata la traversata dell’Africa, completata in tre mesi e mezzo.
Lorenzo mi racconta degli infiniti ostacoli che ha dovuto affrontare in Africa: tra la pandemia e la guerra in Etiopia, tra frontiere, permessi, visti e zone inaccessibili, ha percorso 12.000 km. Oltre che fisico, lo sforzo è stato anche mentale: si è ritrovato con la paura della malaria e della mosca tse-tse, tra ragazzini che lo hanno rincorso con il machete, forti venti contrari nel deserto che lo hanno costretto a pedalare di notte e la polizia egiziana che lo inseguiva e fermava continuamente.
Il 14 giugno sarai a Ferrara a presentare il tuo primo libro “Dove finisce l’orizzonte. Avventurarsi nel mondo e dentro se stessi“…
Da tempo desideravo mettere su carta i ricordi delle mie esperienze, specialmente le prime, quelle di cui ho documentato poco, quando ancora usavo poco i social. Durante la serata proietteremo foto e filmati dei miei viaggi. Mi piace condividere avventure ed emozioni e mostrare come i miei punti di vista cambiano nel tempo in base a ciò che vedo e imparo. Mi auguro che altre persone possano trovare risposte o ispirazione dalle mie esperienze.
Lorenzo ha in serbo vari progetti per il futuro ma, per ora, ha solo rivelato che aggiungerà altre attività e mezzi per arrivare dove non è ancora arrivato. Prima di salutarlo, gli ho posto un’ultima domanda, quella che rivolgo a tutti coloro che vivono delle proprie passioni.
Cos’è per te il viaggio?
Il viaggio, o meglio l’avventura, è uscire dalla propria zona di comfort e, indipendentemente dalla difficoltà del percorso, affrontarlo. Avventura è mettersi alla prova in ciò che non padroneggi. Se rifacessi uno dei miei viaggi non sarebbe più un’impresa avvincente, non credi? Sono attratto dall’ignoto, perché è proprio lì che si cela l’avventura.
Prima della proiezione all’aperto dei video inediti di Lorenzo, presso Associazione Nuova Terraviva verrà allestito un delizioso aperitivo con pizza bio in sua compagnia, con firmacopie e possibilità di acquistare il suo primo libro: registrati per partecipare all’evento!