Dario Saltari: vi presento ‘In Campo’, L’Ultimo Uomo a Ferrara per raccontare un altro calcio

Women's Football. World Cup in Mexico 1971 The championship of the Danish girls. Lis lene Nielsen with the trophy after the final match against Mexico. Kvindefodbold. VM i Mexico 1971 Mesterskabet til de danske piger. Lis lene Nielsen med pokalen efter finalekampen mod Mexico.
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L’Ultimo Uomo, rivista che da più di dieci anni ormai racconta lo sport in maniera “diversa”, arriva a Ferrara con In Campo, la sua rassegna di tre documentari: Copa 71, The Home Game e Allihopa. Grazie ad Arci Ferrara, in collaborazione con UISP Ferrara e LoSpallino, la prima edizione (di tante) di In Campo passerà anche dalla Sala Estense. Cos’è e cosa sarà In Campo potrebbe essere facile da spiegare: tre documentari, una rivista tra le più seguite in Italia che li presenta e una serie di appuntamenti in tante città italiane per la prima edizione di una rassegna che porta L’Ultimo Uomo a contatto con i suoi lettori e non solo. In realtà c’è molto di più, come è ovvio che sia, e per questo cos’è In Campo, e tutto il resto, ce lo siamo fatti raccontare da Dario Saltari, caporedattore de L’Ultimo Uomo.

(Si, l’intervista è lunga, ma non potevamo fare un’intervista a un giornalista de L’Ultimo Uomo senza gli standard de L’Ultimo Uomo).

Partiamo dalle basi: come e quando nasce In Campo, e soprattutto perché?
A livello pratico il progetto per la rassegna In Campo nasce dall’input di CineAgenzia, con cui noi collaboriamo, principalmente Sergio Fant e Stefano Campanoni, due delle persone che rendono viva l’agenzia e che hanno una lunga esperienza di festival cinematografici, presentazioni e anche di festival di rassegne e documentari. L’esperienza soprattutto in quest’ultimo campo acquisita con Mondovisioni, che è la rassegna di documentari di Internazionale, legata al festival Internazionale a Ferrara ma che viene portata in giro per l’Italia nelle settimane successive. Con CineAgenzia ci siamo conosciuti dal vivo in un festival della letteratura di Mantova di qualche anno fa e da lì è nata l’idea di poter fare una cosa simile a Mondovisioni con L’Ultimo Uomo, perché loro avevano da parte loro l’esperienza di organizzazione di festival mentre da parte nostra c’era la volontà di esplorare mezzi di comunicazione diversi dalla parola scritta, una cosa che ci è interessata da sempre.

Raccontare in maniera diversa è ciò che farete con la rassegna.
Esatto, L’Ultimo Uomo nasce nel 2013 ma non si ferma lì, perché poi abbiamo fondato Fenomeno nel 2018, che è la parte podcast, un tentativo di esplorare qualcosa di diverso andando sull’audio. Infine abbiamo deciso di provare anche la parte video nelle sue varie forme che è una cosa che ci interessa a livello privato, essendo tutti noi membri della redazione storica appassionati di cinema, e pensiamo che il cinema e il documentario possano raccontare anche meglio rispetto alla parola scritta oltre che arricchire la stessa. Nasciamo nel 2013, siamo sempre stati sul digitale, abbiamo fatto alcune cose cartacee e alcuni eventi live legati ai podcast, però ecco siamo contenti di avere un evento che in maniera più strutturata possa andare in giro per l’Italia e dunque ci permetta di andare nelle città dove i nostri lettori vivono al di fuori dei grandi centri come Roma, Milano o Bologna. Andare in queste città e incontrare chi ci legge e chi ci ascolta ci è sembrata una grande opportunità: noi della redazione saremo presenti e saremo molto felici di incontrare chi vorrà venire.

Lo dite voi, “tra gli obiettivi che ci eravamo dati ce n’erano due: sperimentare nuovi linguaggi e colmare la distanza che ci divide dai lettori, cioè voi”: In Campo colma in pieno questa distanza e vi avvicina a tutti gli effetti ai vostri lettori e alla vostra comunità.
Facciamo questo lavoro da tanto tempo e non ci rendiamo conto (o forse si) che è un lavoro un po’ alienante perché al di fuori dei feedback che ci possiamo dare tra di noi, il resto può essere giusto il commento al pezzo che rende il rapporto con il lettore labile, o il commento su Facebook che sappiamo poter essere anche fatto da qualcuno che non è nostro lettore affezionato quindi può essere fuorviante. Far scoppiare la bolla e metterci in connessione con i lettori è un cruccio da sempre, non dico da quando L’Ultimo Uomo è nato ma quasi. Pur essendo una rassegna in cui noi fondamentalmente non facciamo altro che presentare, ci sembrava comunque un’occasione di dare una picconata a questa bolla e conoscere in carne ed ossa le persone che ci seguono. Come dicevo, per noi è bello e importante essere presenti agli incontri con i nostri lettori, per cui posso dire che saremo presenti noi come redazione in diverse date.

Tra le tante città come siete arrivati a Ferrara? L’inclusione dell’Accademia SPAL Femminile poi è una bella pubblicità reciproca.
Ferrara è una città importante per noi, per la SPAL ma non solo, per cui venire sarà un piacere e siamo contenti e onorati di esserci e che l’Accademia SPAL sia presente per Copa 71, film mi azzardo a dire storico per il calcio femminile perché si scopre una parte di storia che è stata cancellata nonostante sia centrale per il calcio, non solo femminile. È molto importante per noi coinvolgere le formazioni femminili e cercheremo di farlo ancora di più nelle prossime settimane, per fare vedere loro questo documento che secondo noi è un documento storico molto importante perché appunto si racconta qualcosa che non si conosce e non si può nemmeno immaginare. Ci sarà Valentina Forlin a Ferrara, una nostra collaboratrice che scrive proprio di calcio femminile e ha fatto un’intervista bellissima a Elena Schiavo, capitana della Nazionale italiana femminile a questo campionato in Messico del ’71. E ci sarà appunto Gaia Loberti che spero apprezzerà il film: sarà interessante anche vedere la sua reazione perché questo fa anche parte del film stesso, dal momento che vengono mostrate scene del Mondiale ad alcune calciatrici, come per esempio Alexis Morgan, che rimangono scioccate nello scoprire che questo evento sia esistito, così grande e importante, e loro non ne sono a conoscenza.

L’obiettivo è di far diventare questa rassegna un appuntamento fisso negli anni, e non solo con documentari sul calcio, come da vostra linea editoriale a 360 gradi sullo sport.
Assolutamente si. Questa prima edizione è un po’ un’edizione pilota: per noi di Ultimo Uomo è la prima volta che organizziamo una cosa del genere e devo tornare a ringraziare sia CineAgenzia, che si sobbarca insieme a noi l’organizzazione, che Fandango che ci permette di presentare i l’anteprima per l’Italia Copa 71. La nostra intenzione è di capire come andrà questa prima edizione e se le cose andranno bene renderla un evento fisso annuale allargando sia il numero di documentari da proiettare sia il numero di città coinvolte che comunque sono già tantissime: parliamo di più di 25 città che, considerando le 3 proiezioni l’una, sono più di 75 proiezioni. Per le prossime edizioni vorremmo però proiettare più documentari e non monopolizzare solo con il calcio, che quest’anno è più per un caso che per altro, perché L’Ultimo Uomo non è solo calcio e così sarà anche In Campo.

In Campo porta temi molto delicati come un sentimento che purtroppo è ancora remissivo da parte di molti nei confronti del calcio femminile o le minoranze etniche, e lo fa con uno dei linguaggi più popolari al mondo, che è proprio il calcio.
È esattamente così. Tra i documentari che abbiamo visto e a cui abbiamo pensato, questi tre erano quelli che ci convincevano di più perché guardavano al calcio e allo sport in generale con tre prospettive diverse. Ci sembravano documentari complementari che guardassero al calcio nella sua totalità, ed è un po’ lo stesso approccio che cerchiamo di avere noi con L’Ultimo Uomo con il calcio, perché la nostra rivista è fatta molto di calcio, ma anche con gli altri sport. L’approccio che cerca di restituire lo sport nella sua totalità, ambizione che non si può raggiungere con soli tre film chiaramente, ma la diversità è un grande punto di forza di questi tre documentari.

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Ricordiamo i tre appuntamenti a Ferrara: 13 maggio Copa 71, 15 maggio The Home Game e 23 maggio Allihopa. Presentaci un po’ questi documentari, senza spoiler.
Abbiamo Copa 71 che è un documento storico importante perché racconta una storia dimenticata che riguarda il calcio femminile che per noi è estremamente importante così come lo è la sua crescita negli ultimi ani per ragioni politiche e di inclusività. Un evento così grande e dimenticato, paradossalmente tanto grande e affascinante quanto assente dalla memoria di tutti. The Home Game è un documentario molto diverso perché tratta una storia piccola, letteraria, affascinante, straordinaria: non ha venature politiche degli altri due ma è un racconto umano e dolce in cui ci siamo rivisti perché parte della nostra produzione su Ultimo Uomo tratta proprio storie di questo tipo, che sono lontane e che possono dirci persino qualcosa di più rispetto alle storie dei grandissimi campioni come Messi o Ronaldo. Infine Allihopa è quello forse più strettamente politico perché è una questione storicamente politica come la rivendicazione dei Curdi, ma anche questo in realtà è anche un documentario estremamente sportivo perché è vero che c’è la questione dei Curdi, ma è anche la storia di una squadra piccolissima nel cuore della Svezia che tenta il record di diventare l’unica squadra nella storia del calcio svedese a scalare tutti i gradini della piramide calcistica nazionale. Però basta così, niente spoiler. Riassumendo io ovviamente consiglio la visione di tutti i documentari che sono molto belli, ma al di là della bellezza che è soggettiva, sono molto diversi da loro e ognuno restituisce qualcosa di diverso allo spettatore e al racconto sportivo in generale, e questa per noi è la cosa più importante.

Da lettore e ammiratore: è riconosciuto e risaputo, L’Ultimo Uomo racconta lo sport in maniera diversa. Come?
(Ride, ndr) Non è facile rispondere a una domanda così. Innanzitutto la cosa importante è che noi non ci siamo inventati niente. Ci sono riferimenti culturali precisi da cui nasce Ultimo Uomo grazie ad un’intuizione di Daniele Manusia e Timothy Small che sono i due fondatori. Penso a Grantland, storico blog sportivo su cui hanno scritto tantissimi scrittori americani importanti come Bryan Phillips o Michael Cox, che poi hanno avuto carriere brillanti. Nel giornalismo anglosassone Jonathan Wilson, Rory Smith, per fare alcuni nomi e anche per dire che esisteva una letteratura sportiva con la nostra stessa ambizione prima di noi e da cui noi ci siamo abbeverati e che ci ha portato a scrivere nel modo in cui scriviamo oggi.

Si passa facilmente dalle analisi tattiche al racconto più letterario o emozionale.
Si proprio così, nella volontà di esplorare il racconto sportivo a tutto tondo, che va dall’analisi tattica, propriamente di gioco, all’analisi statistica, per capire ciò che succede, fino agli aspetti più letterari, che hanno a che fare con la letteratura sportiva su cui non voglio nemmeno fare l’esterofilo perché l’Italia non è priva di esempi e basta citare nomi famosissimi come Gianni Brera e i grandi esempi della letteratura sportiva italiana. Il nostro stile nasce così, con questi riferimenti e con l’ambizione di portare qualcosa di proprio dentro questa tradizione che già esisteva venendo noi tutti da percorsi diversi che confluiscono nel portare qualcosa di originale: primo fra tutti Daniele Manusia che ha studiato storia dell’arte ed è grande appassionato di arte e lo si vede nelle sue citazioni all’interno dei pezzi. Mi ci metto anche io, che ho un passato e un percorso nelle relazioni internazionali quindi più rigido e insomma il podcast che faccio su Fenomeno, che è stato inglobato e si chiama Trame, è un po’ il riflesso di quel percorso che mi porto dietro. Poi c’è da dire che c’è un percorso più grande: il giornalismo in generale e in particolare quello sportivo ha fatto fatica a riconoscere il valore delle persone. Molti dei nostri collaboratori sapevano benissimo scrivere in quel modo con profondità e con quel tipo di occhio, ma facevano fatica a trovare un riconoscimento delle loro idee (oltre che economico) nei giornali tradizionali. Noi abbiamo semplicemente dato credito a persone che hanno scritto per noi e continuano a farlo e che magari sui giornali tradizionali non sarebbero riuscite a scrivere.

Proprio al passo con il digitale e il giornalismo di oggi, per chiudere il cerchio, In Campo fa parte del programma editoriale di una redazione che cerca di rimanere attiva sul mercato senza adagiarsi mai?
In realtà il nostro molto di scrivere e concepire questo mestiere non è particolarmente aggiornato da questo punto di vista. Noi facciamo pezzi molto lunghi, a volte anche molto letterari per persone a cui piace leggere oltre a cui piace molto lo sport. E anche la rassegna in realtà non fa nulla di nuovo perché noi non usiamo niente di moderno come TikTok o i social, ma ci appoggiamo sulla settima arte che insomma sta nel mondo da molto più di un secolo. Per dire che in realtà non c’è un ragionamento competitivo per pensare di rimanere al passo coi tempi, dietro In Campo né tantomeno dietro Ultimo Uomo, ma è più riflesso di ciò che piace a noi come esseri umani in primis, e che pensiamo sia un metodo che funzioni oltre e al di là delle riunioni innovative, brainstorming e tutti i termini che vengono utilizzati per questo genere di cose. Pensiamo semplicemente che ciò che appassiona noi possa di conseguenza in modo contagioso appassionare anche gli altri: crediamo nella forza dei contenuti qualsiasi sia la loro forma, che sia scritta in una pezzo da ventimila battute o in video un documentario che dura solo un’ora. Al di là della forma pensiamo che se si riesce attraverso di essa a raccontare e convogliare lo sport in maniera onesta ma soprattutto avvincente e affascinante, la cosa possa convincere i lettori o gli ascoltatori senza aver la pretesa di capire dove andrà il mondo da qui ai prossimi 50 anni, il che è sempre un’operazione che nasconde più il punto di vista di chi lo fa che la reale previsione.

A moderare le tre proiezioni ci sarà Alessandro Orlandin, direttore de LoSpallino che ogni tanto riempie anche le pagine di Filo. Dovesse servire un motivo in più.
Ringrazio Dario per la chiacchierata, per la disponibilità, per la passione, e anche per condividere con me quel nostro pallino comune.
Andate a vedere In Campo.

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