In un mondo ormai abituato alla frenesia e alla fretta, spesso poco incline ad una capacità di stupore che superi il frangente di qualche secondo – generalmente il tempo di scorrere un post o una foto sui social – c’è ancora qualcuno che sa distinguersi e che sa respirare a ritmo di natura.
Non si tratta di un signor qualcuno, bensì di Milko Marchetti, fotografo ferrarese di nascita e internazionale di fama. Figura di spicco nel mondo di quell’arte nobile e forse un po’ inflazionata che è la fotografia, Milko, classe 1968, ha saputo farsi strada con i suoi scatti e le sue produzioni vincendo numerosissimi premi e arrivando a vantare collaborazioni prestigiose: si è distinto per ben dodici volte come Campione del Mondo di Fotografia Naturalistica in un arco temporale che va dal 1999 al 2020, ha ricevuto nel 2007 l’Onorificenza AFI (Artista della Fotografia Italiana) e nel 2008 la Qualifica Professionale QIP (Qualified Italian Photographer), primo fotografo italiano per la sezione Natura. Nel 2010, poi, ha ricevuto un’altra Qualifica Professionale, QEP (Qualified European Photographer), primo fotografo italiano per la sezione Wildlife (Natura). In oltre trent’anni di attività, Marchetti può vantare anche pubblicazioni su copertine e interni di primo rilievo: Fotocult, Oasis, Bell’Italia, Focus, I Viaggi di Repubblica, Cataloghi Alpitour, Greentime e Travel solo per citare alcuni titoli tra i più conosciuti.
Benché con la sua esperienza riesca a coprire vari ambiti fotografici (fotografia industriale e aerea, il reportage e il video-making), complice anche la passione che lo contraddistingue, la Natura, rappresentata in tutti i suoi aspetti, è certamente il genere fotografico che meglio rappresenta e riflette il suo essere. La passione, per l’appunto, è un elemento fondamentale nella vita e nella produzione di Milko Marchetti: è il motore propulsore che ha dato e tuttora dà vita a scatti memorabili e ammirevoli, ed è sempre la stessa passione che fa vivere a Milko quella che ormai è diventata una vera professione ancora con entusiasmo.
Dopo un milione di foto scattate e tenute in archivio, verrebbe spontaneo pensare che sia difficile riuscire ancora a mantenere vivo l’aspetto della passione e non vedere la fotografia solo come una professione, ma così non è per Milko, che sa ancora emozionarsi e stupirsi di fronte alla bellezza della Natura. Basta assistere a una sua conferenza, osservare qualche sua foto e scambiare con lui quattro chiacchiere per capire che per lui non è così. Al contrario, è proprio grazie a questa sua forte passione che noi possiamo godere delle sue meravigliose foto e immergerci in mondi più o meno lontani, dal più vicino Delta del Po alla più lontana Islanda fino al meraviglioso Pantanal, e diventare testimoni della brillantezza e della bellezza della natura che, spesso e colpevolmente, diamo per scontata.
Come è diventato Milko il fotografo di chiara fama che conosciamo noi oggi? Chi è Milko, al di là dei prestigiosi premi e al di là dei numerosi riconoscimenti ricevuti? Come lui stesso racconta, con un sorriso misto tra un sentimento di nostalgia e un moto di tenerezza, tutto è iniziato un po’ per gioco e un po’ per caso. Ha all’incirca sedici anni quando un amico gli propone un’uscita particolare: recarsi sul Delta del Po per praticare un po’ di birdwatching. Una proposta diversa dal solito, un’esperienza nuova, un nuovo stimolo: Milko accetta di buon grado, curioso e allettato dall’idea di trascorrere qualche ora a contatto con la natura. Non soltanto rimane profondamente entusiasta e soddisfatto dall’uscita, ma capisce in quel preciso istante che quel pomeriggio non poteva e non doveva rimanere una piacevole parentesi di qualche ora fine a sé stessa.
Milko sa già che da esperienze di quel tipo si deve portare a casa un ricordo, sa che deve imprimere su carta quanto vissuto. Sente dentro di sé l’esigenza di portarsi via almeno uno scatto che renda onore a quella giornata, a quella esperienza, a quella scena vista e goduta: deve trovare un modo per fissare per sempre il ricordo di quel momento filtrato attraverso il suo sguardo, i suoi occhi e il suo personale modo di vedere la scena. E quel modo è proprio scattare una fotografia, istantanea di un momento che così non si confonderà nella mente e nel tempo in mezzo a mille altre scene, ma rimarrà ben definita.
Quella stessa giornata passata a fare birdwatching, prodromo di un intenso amore verso la natura (non a caso, Milko è anche socio Lipu), ha insegnato tantissimo al fotografo ferrarese. Nella fotografia naturalistica, infatti, è fondamentale conoscere la scena: osservare, studiare, analizzare per ore e giorni il quadro di natura che si vuole imprimere per poter sapere quando scattare e come scattare, per anticipare le mosse degli uccelli e degli animali che popolano un certo ambiente e trovarsi così, in sostanza, al posto giusto nel momento giusto.
È un’attività, questa, che non solo richiede un profondo esercizio di pazienza (tra silenzi e attesa), ma che impone anche, a livello etico ancora prima che professionale, un altissimo senso di rispetto verso la natura. Come ama spesso ripetere Milko, infatti, “il vero fotografo di natura deve essere prima naturalista e poi fotografo. Non deve mai mettere la buona riuscita della foto davanti all’incolumità del soggetto”. Un insegnamento di primaria importanza che noi tutti, fotografi e non, dovremmo sempre tenere a mente: spesso, infatti, si corre il rischio di anteporre il proprio ego, il proprio desiderio di soddisfazione personale, quand’anche momentanea, al rispetto verso gli altri esseri della terra. È invece molto importante ricordarsi sempre che ci dobbiamo imporre dei limiti, che non dobbiamo danneggiare l’ambiente in cui siamo perché rischiamo di comprometterlo per sempre. Del resto, chi più di Milko, abituato a passare ore immerso fino a mezza gamba nel fango per ore e ore, in assoluto silenzio e in uno sforzo costante di grande pazienza, può insegnarci il senso del rispetto per la natura e per il mondo intorno a noi?
Della pazienza, del resto, Milko ha fatto una compagna inseparabile di vita sin dagli inizi della sua attività. Per ben quindici anni, infatti, Marchetti ha scattato su pellicola, in modalità interamente manuale. Ha iniziato con una alquanto rustica e meccanica Yashica, oggi ormai divenuta oggetto di repertorio e oggetto del desiderio di collezionisti più che uno strumento di pratico utilizzo, che imponeva un esercizio di forte pazienza e di abilità nel sapere scattare al momento giusto. Questa stessa sua prima macchina fotografica è ancora gelosamente custodita nello studio di Milko, a riprova di quanto lui per primo sappia che se oggi è diventato un fotografo di fama internazionale lo deve anche a tutto l’impegno, a quella passione per un tipo di fotografia ruvida, lenta e paziente come è quella analogica.
C’è una stampa che rappresenta al meglio le sue fatiche iniziali: orgogliosamente esposta nella sala di ingresso del suo studio, a vederla sembra una delle tante panoramiche del Castello Estense di Ferrara con vista dall’alto che si trovano qua e là nei negozi di fotografia. In realtà, dietro a quell’immagine finale, ci sono all’incirca un centinaio di scatti, tutti composti rigorosamente a mano, con tanta pazienza e tanta fatica, come una sorta di collage. Prima che il digitale si diffondesse e la tecnologia ci facilitasse la vita con tutti i suoi automatismi (incluso il photomerging) creando panoramiche a partire da qualche semplice click sulle foto selezionate, riuscire in realizzazioni di questo tipo era ancora più difficile di quanto non lo sia oggi. È proprio da queste creazioni che si può cogliere la complessità e la profondità di una figura come Milko Marchetti, ed è da qui che si può ben intuire come sia riuscito a guadagnarsi i prestigiosi titoli che può vantare.
Oggi Milko, come moltissimi altri fotografi, ha definitivamente abbandonato l’analogico, una modalità non più al passo con i tempi e con le esigenze del mondo contemporaneo. Canonista da sempre convinto, oggi nei suoi viaggi Milko porta sempre con sé la sua CANON EOS R5, silenziosa presenza in ogni posto da lui visitato e fedele compagna delle sue escursioni. Ne sfrutta appieno le potenzialità, pur senza scadere nell’allettante tentazione di uno scatto facile creato e composto dall’AI (quell’intelligenza artificiale che ultimamente spopola in ogni software creativo dai testi alle foto e ora i video). Non si pensi che Marchetti intenda screditare le potenzialità dell’intelligenza artificiale, della quale non manca di sottolineare gli aspetti positivi. Intende piuttosto mettere in guardia dagli scenari improbabili che si possono aprire e dalle conseguenze in cui si può incorrere se non si è in grado di fare un uso sapiente di questo strumento. Il rischio quale può essere? L’aspetto più lampante è indubbiamente quello della carenza di creatività e di, per così dire, pigrizia. È invece importante ragionare dietro ad ogni scatto, è fondamentale osservare la scena, studiarla in ogni suo aspetto, comporre la fotografia nella propria mente, in un certo senso modellare la realtà con i propri occhi, attraverso il proprio sguardo, e restituirla agli altri filtrata dalla propria esperienza, per permettere a chi vede quella foto di osservare la realtà attraverso un altro punto di vista, un altro aspetto, un altro colore.
C’è del resto una caratteristica ricorrente dietro alle numerose vittorie e citazioni nei concorsi che contraddistingue Milko Marchetti: le giurie, nazionali e internazionali, apprezzano spesso il suo personale modo di ritrarre la scena, la sua capacità di saper osservare la realtà di fronte a lui da punti di vista mai scontati, originali, diversi dal comune. Milko è originale anche nella sua capacità di catturare la luce del soggetto fotografato: chi mai si recherebbe in Africa, o in. Sudamerica nella regione del Pantanal e tornerebbe a casa con una miriade di scatti tutti rigorosamente poi convertiti in bianco e nero? Continente energico sotto tutti gli aspetti, questo luogo dà a tutti i fotografi ampi spunti proprio attraverso la brillantezza che lo distingue: colori forti, colori intensi, colori puri infatti caratterizzano questa zona umida e selvatica. Milko no: preferisce restituirci questa realtà attraverso mille sfumature di bianco, nero e grigio, perché così – afferma – può far emergere l’intensità e la potenza della luce che illumina questo luogo non “sporcato” dal colore. Sa benissimo di creare nello spettatore un iniziale senso di sconforto e di sorpresa, che si tramuta poi in emozione. Del resto, l’originalità e il pensare fuori dagli schemi sono due armi potenti nelle sue braccia.
Da una figura come Milko Marchetti si può imparare molto, e i modi, del resto, non mancano. Milko, infatti, tiene numerosi workshop nel corso dell’anno e organizza spesso uscite in barca nello spettacolare scenario del Delta del Po, o nell’altrettanto meravigliosa Islanda, mettendo a disposizione dei più il suo sapere, la sua esperienza e il suo modo di fare fotografia. Tutto questo sempre con un atteggiamento di modestia e quasi di timidezza, tipico delle più grandi figure. Avete presente il fotografo-tipo rappresentato nel celebre Blow Up? Egoista, egocentrico, opportunista, scostante, ambizioso e persino scorretto? Dimenticatevelo: Milko è l’antitesi di tutto questo, i complimenti vengono accolti con un sorriso e una scrollata di spalle, come se ogni parola fosse superflua. Per lui la vera protagonista è sempre la fotografia.
Rimane un po’ amara la considerazione sulla fotografia ai nostri tempi: oggi, ammette, farsi strada in questo mondo come professionisti e poter vivere appieno di questa arte è difficile. Complice la tecnologia, che in alcuni casi si sostituisce all’occhio del fotografo, e complice anche la pletora di foto che ogni giorno pervade il nostro mondo, riuscire ancora a stupirsi della bellezza di uno scatto non è facile, tanto l’occhio è assuefatto al bello e tanto ormai siamo spinti a cercare una foto sempre migliore, scattata in un posto sempre diverso. Foto di tramonti, di paesaggio lacustre o montano, foto di natura selvaggia, quante ne vediamo ogni giorno? Tante, forse troppe, tanto che finiamo per dare per scontato la bellezza di uno scatto e a non vedere la fatica fatta per immortalare quella scena. C’è però ancora una speranza per Milko, non tutto è perduto: finché abbiamo passione, finché sentiamo dentro di noi quella forza che ci spinge a cercare la bellezza nascosta in ogni angolo della natura, possiamo ancora tenere viva la fotografia.
C’è davvero tanto da imparare da una figura come quella di Milko Marchetti, fotografo non (solo) per professione ma (soprattutto) per natura: uomo curioso e sensibile che, in un mondo frenetico e sempre più volto alla tecnologia, sa ancora godere del contatto con il mondo naturale, sa cogliere i colori e la bellezza della natura, di cui è testimone silenzioso e mai indiscreto e, soprattutto, sa ricordarci che attorno a noi c’è un mondo meraviglioso, che dobbiamo rispettare e onorare.