La sensazione che si respira a Ferrara è quella tipica di un grande paese, un “paesone” per così dire: la vita scorre tranquilla e la frenesia di chi vi abita non è certo quella tipica delle più grandi città. Tutto è raggiungibile a piedi o, ancora meglio, in bicicletta, simbolo identificativo di una città che si culla tra tranquillità e movimento. I giovani e in particolar modo gli studenti universitari donano vigore, colore e chiasso alla città, popolando le strade del centro storico e riempiendo i locali tra birre e cocktail fantasiosi. Proprio qui, ma come accade un po’ in ogni angolo di Ferrara, capita spesso di fare incontri piacevoli e imprevedibili, come il personaggio di Pier Francesco. Avete letto bene, IL personaggio, perché figure come la sua, oggi, è sempre più difficile trovarle.
Vi cattura con i suoi racconti di viaggi, con il suo abbigliamento istrionico e con la sua lunga barba. Ma c’è molto di più: a Pier Francesco basta un colore, qualche movimento degli occhi, per identificare la vostra personalità e catturare i vostri lati più nascosti. Gli basta uno sguardo per comporre una poesia così, di getto, che descriva in poche righe e qualche rima voi stessi, come se vi conoscesse da sempre. Scruta chi lo circonda un po’ timidamente, un po’ sorridendo e trova il modo di creare un legame che sfocia poi in qualcosa di poetico – in senso letterale e metaforico. È un’esperienza piacevole, è un viaggio per città lontane (quelle dei suoi viaggi), attraverso le sue avventure e le sue storie.
Pier Francesco Betteloni non è originario di Ferrara, è nato a Bonn in Germania, ma in questa città un po’ piccola e un po’ caratteristica ci si trova molto bene, o almeno così dice. L’affetto è reciproco: durante le prime timide riaperture post-Covid gli venne esplicitamente chiesto di tornare a comporre poesie – dopo ben due mesi di silenzio da parte sua. Perché rivedere comparire al suo solito posto una figura così nota, protagonista della scena cittadina ferrarese, avrebbe certamente trasmesso un senso di tranquillità e di fiducia ai ferraresi. E così è stato.
Pier Francesco lo trovate un po’ ovunque in città: all’angolo con il Museo della Cattedrale, in Galleria Matteotti, talvolta nei pressi di Piazzetta Municipale. La sua postazione, semplice ed essenziale come il suo carattere, potrebbe forse passare inosservata, se non fosse che molti passanti si fermano per un saluto, per un abbraccio, per due chiacchiere e magari un caffè.
Basta rimanere una decina di minuti vicino a lui per vedere quanto forte sia l’affetto della gente nei suoi confronti. Tra chi lo chiama “maestro”, chi “poeta”, chi ancora “amico”, non mancano mai i sorrisi dei passanti, due battute, qualche scherzo, sia da parte di ragazzi giovani sia da parte di persone più attempate, segno che la sua empatia e la sua creatività sanno parlare a tutti. Non a caso Pier Francesco è “il poeta della gente”. Questa definizione fu coniata da una nota testata giornalistica locale in un articolo dove si faceva riferimento ad artisti del passato che avevano in uso la pratica del mecenatismo e a quelli più vicini alla gente, più popolari.
È facile diventare spettatori di mille avventure e scoprire tanti aneddoti interessanti e curiosi quando si parla con lui. Ad esempio che è il quarto di una lunga generazione di poeti, che ha viaggiato per tanti posti diversi, arricchendosi in ogni terra visitata di nuove conoscenze, che la cultura è il suo vero pane quotidiano. Per molto tempo vari artisti avevano l’abitudine di darsi appuntamento davanti al suo tavolo all’inizio di San Romano, vicino a Piazza Trento e Trieste: un vero e proprio “Angolo degli Artisti”.
Poliglotta, conosce varie lingue: inglese, francese, un po’ di portoghese, è in grado di comporre poesie in ciascuna di esse. Profondo conoscitore della fisiognomica, scienza tanto complessa quanto discussa, Pier Francesco si basa proprio su questo per scrivere i suoi componimenti. Fa scegliere un colore tra i tanti disponibili sul suo tavolo, tra i colori a china che usa per le parole del componimento. Il resto lo fa l’espressione spontanea di chi si avvicina al suo banchetto, catturata e messa in versi. Sorprendente come il poeta sappia cogliere aspetti a volte sconosciuti anche a noi stessi, come spesso è accaduto anche a lui stesso di riscontrare. Nota piccoli e grandi dettagli, scorge caratteristiche interessanti di ognuno e sa trasformare in poesia tanto gli aspetti spigolosi quanto quelli più apprezzabili di chi gli si avvicina per farsi scrivere una poesia.
La scelta di far parlare le persone attraverso i colori e, soprattutto, attraverso la propria spontaneità di gesti, sguardi, movenze, è particolarmente interessante. Così, infatti – dice Pier Francesco – si possono raccontare le persone per ciò che realmente sono, al di là dell’immagine di sé che ognuno di noi vuole dare, degli aspetti che ciascuno di noi vuole mettere in risalto e di quelli che ognuno di noi tende a tenere nascosti, e al di là delle mille parole che ognuno di noi può pronunciare. Ecco, allora, che avvicinarsi a questo poeta vuol dire anche mettersi in gioco: significa vedere messi per iscritto aspetti di noi che possono non piacere, significa vedere sé stessi in una chiave diversa. Ma il bello e l’attrazione che il noto poeta esercita è anche questo, no?
Inizialmente Pier Francesco era “il poeta dell’amore” ma quella definizione, alla lunga, finì per stancarlo. Perché limitare la propria capacità di fare poesia al solo tema dell’amore? Ci sono così tante cose belle nel mondo, come lui stesso spesso sottolinea, che è un peccato fermarsi solo a questo. E così, complice anche l’affetto che la città gli ha sempre dimostrato, ecco che è diventato “il poeta della gente” come lo conosciamo noi oggi. Come ci tiene lui stesso più volte a sottolineare, in lui e nella sua creazione non c’è niente di magico né niente di inventato: solo umanità e tanta empatia. La sua voglia di conoscere, di cambiare, di trovare ogni giorno stimoli diversi lo porta a cercare sempre qualcosa di nuovo che lo incuriosisca.
Alla domanda “Qual è la più bella poesia che tu abbia mai composto?” la sua risposta è sempre la stessa: “La più bella poesia è quella che devo ancora comporre”. Ambizioso e lungimirante, non c’è dubbio. La speranza per tutti coloro che conoscono Pier Francesco, da chi ci ha stretto un vero e proprio legame di amicizia, a chi ci ha parlato solo qualche momento, a chi ha trascorso con lui momenti di dialogo e di compagnia, non può che essere che la poesia più bella sia ancora ben lungi dall’arrivare.
Sono gli angoli e le figure come questi che dipingono al meglio lo spirito di Ferrara: socialità, allegria, tradizione e forse anche un po’ di stranezza. La sensazione che si respira a Ferrara è quella tipica di un grande paese, un “paesone” per così dire, come si diceva all’inizio, ma è anche un concentrato di particolarità e di angoli nascosti. Nella sua staticità, Ferrara sa essere in costante movimento.
Non rimane che scoprirla con i propri occhi: anche per chi ci abita da sempre c’è sempre qualcosa di nuovo da vedere e da conoscere. Ma voi che ci leggete da tempo questo lo sapete già, vero?