Ci sono solamente ventiquattro ore tra le ultime due date del Ferrara Summer Festival 2023: Gianni Morandi il 20 luglio e Madame il 21 luglio. E c’è un parallelo curioso tra i due: 17 gli anni di Gianni al suo primo successo (Andavo a cento all’ora, uscito nel 1963), 16 quelli di Francesca Calearo, in arte Madame, che nel 2018 pubblica Sciccherie iniziando così a fare circolare in rete il suo nome (forse un po’ anche grazie ad una piccola spinta di Cristiano Ronaldo).
Il paragone però si ferma qui: non tanto per la carriera (al termine una, ancora da scrivere l’altra) quanto per la diversa luce che i due personaggi emanano, per le ombre che proiettano sul pubblico. Perché – a differenza dell’eterno ragazzo di Monghidoro – c’è qualcosa di volutamente ruvido dentro a Madame. Ed è qualcosa che riesce a rimanere palpabile sul palco, nonostante durante l’esibizione non manchino momenti vicini a quel pop da classifica che spopola sulla nostra penisola.
Quale che sia in futuro la scelta di carriera, noi dobbiamo dire l’abbiamo vista già un po’, questa pelle ispessita, questa voglia di ferire con le parole, di provocare con le rime e di giocare con il sesso, l’amore, le ferite: “A me interessa l’intensità. Da sempre. E delle parole, mi interessa anche e soprattutto la perversione: questo è il tipo di emotività che mi interessa, quando scrivo, quando mi esprimo”, ha raccontato Madame in una recente intervista a Rolling Stone.
In una piazza predisposta abbastanza incomprensibilmente per un concerto da seduti, quello messo in scena da Madame nella cornice di Piazza Trento e Trieste è uno spettacolo diviso in due atti: il primo prevede la band sul palco e Madame a prendersi tutta la scena; il secondo è invece un “confessionale”, un rito consolidato di ogni concerto della cantante veneta.
Andiamo con ordine, partiamo dal primo atto, che funziona nei termini in cui è normale che funzioni: le canzoni viaggiano tra il primo disco e il nuovo album, uscito in primavera cogliendo il buon successo di Sanremo; sulle sedie un pubblico eterogeneo, tendenzialmente giovane ma con uno spettro non indifferente di varietà che canta a memoria. Grazie ad un autotune meno invasivo rispetto alle canzoni in studio, Madame lascia emergere sul palco quella (rara, in Italia, se pensiamo ai e alle cantanti da classifica) scrittura che colpisce anche l’ascoltatore meno predisposto.
Prendiamo DONNA VEDI, prendiamo 17 : dentro c’è il fuoco dell’emancipazione, della femminilità, la rabbia, il dolore. Poi, è vero, di tanto in tanto c’è anche una certa freddezza, o un distacco o l’imbarazzo, oppure tutto questo assieme. Forse è anche per colpa della mancanza di fisicità – il pubblico, pronto ad alzarsi, viene richiamato alla postura seduta, tranne per la parte finale del concerto, ndr – si scorge di tanto in tanto qualche crepa in una dimensione sonora ancora da ampliare. Spiccano però, e non poco, i momenti di coraggio, come una versione di Schiccherie avvolta solo da un tappeto di note al pianoforte, ben diversa dall’originale e che si stacca con piacere dal progetto sonoro degli altri brani, sospesi tra battiti elettronici, basi e qualche chitarra.
Ma poi, lo dicevamo, arriva il secondo atto, il confessionale: Madame invita il pubblico a farsi avanti e a raccontare a tutta la platea un proprio segreto, una propria debolezza, una propria fragilità. E il pubblico accorre: paure, insicurezze, vita spezzate. Sono segreti personalissimi: da qualcuno appena uscito da San Patrignano agli amori omosessuali mai accettati dai genitori, fino al terrore di non farcela durante la prossima esperienza in solitaria in Spagna. E questo rito, che pure spezza in maniera importante il crescendo del concerto, racconta tanto di Madame e del suo pubblico. In piazza l’altra sera c’erano gli emarginati, i feriti, i fragili, e allo stesso tempo gli ottimisti e gli speranzosi: “Ho sofferto, ma ce la posso fare”, questo è il mantra.
E allora viene da pensare a quanto è diversa questa Italia da quella di Gianni Morandi, quanto sono diversi questi anni dagli anni Sessanta. Quello era un decennio raccontato con spensieratezza, oggi è invece l’epoca della paura verso il futuro: quello che sembra raccontare questa generazione è, sostanzialmente, la voglia di trovare un proprio posto nel mondo, senza essere giudicati per quello che si è.
Questa nuova trasversale gioventù, in un paese in cui la gioventù va dai 6 ai 40 anni circa, si riconosce in una ragazza poco più che ventenne che mette in rima sessualità senza sconti, violenza e ferocia emotiva, e allo stesso tempo si mostra fragile e indifesa. Non è un animale da palcoscenico, almeno non lo è la Madame vista a Ferrara, ma è proprio questo velo incerto a legarla al suo pubblico, in cerca non di un eroe o di un modello, ma di qualcuno in cui specchiare le proprie crepe, e che sia in grado di sbatterle in piazza. E quelle forzature che mette in scena la cantante sul palco, quella scrittura che “non prova dolore” , sono sedute di psicanalisi, di terapia personale, sono il confessionale del pubblico ribaltato al contrario, su sé stessa.
Poi sul finale e sui bis tutti vengono – finalmente – invitati in piedi: Aranciata, Marea e la stessa Tekno Pokè finale sono brani meno ispirati, più danzerecci e pericolosamente inclini ad abbassare la tensione emotiva del concerto a favore del solo divertimento. Infatti la piazza è di colpo trasformata in una piccola discoteca a cielo aperto e quell’atmosfera intima è già scomparsa, si è dissolta: dopo la nudità riappaiono i vestiti, come se l’ordine naturale delle cose fosse stato stravolto.
Si finisce ballando, ma ciò che rimane è la sensazione di avere visto qualcuno in grado di raccontare e accettare con orgoglio le ferite quotidiane, i difetti e le mancanze. Quello messo in musica è il racconto di un’anima ferita, che non vuol smettere di contare qualcosa. La sensazione è che Madame sia destinata, come Morandi, ad essere qui per restare; soprattutto se sarà capace di smussare le produzioni che guardano al pop più semplice, se sarà in grado di prendere il totale controllo della propria scrittura musicale e se saprà continuare su questa strada accidentata, un po’ a lato del classico pop italiano da classifica.