Non sono molte le vicende che portano con sé una storia lunga 160 anni: se ci pensate, nemmeno un momento storico lungo come il Regno d’Italia, che è stata la prima unificazione della nostra nazione e che è poi cambiata lungo il Novecento per territorio (con le guerre mondiali e le loro conseguenze) e per gestione. Dal totale dominio di un Re ad una democrazia traballante quanto consolidata sono passati quasi la metà degli anni, 85.
E se è vero com’è vero che in quella seconda metà dell’Ottocento si fece l’Italia, è probabile che in quel periodo si fece pure la banda di Cona: il complesso musicale formato solo da fiati e percussioni (è proprio questo che rende la banda musicale beh, banda musicale) nasce probabilmente nel 1863, ed è arrivata fino a oggi, pronta a festeggiare questo strano 160esimo anniversario.
“Deve essere una una nostra tradizione, in fondo ci siamo persi anche il centenario, ma una festa per il compleanno numero 105 è stata fatta!” ci racconta Giuliano Gallerani, segretario della banda e membro sin dagli anni sessanta.
La festa dei 160 anni si è celebrata nei giorni scorsi (tra il 17 e il 24 giugno) e ha restituito l’immagine solida di un percorso che generazione dopo generazione non si è mai fermato. “Le prove delle nostre radici nascono da uno sforzo di ricerca fatto negli anni – ci racconta Gallerani – da questa idea che avevo sentito da un professore dell’Istituto Navarra, Luciano Corazza, che ha sempre sostenuto che la banda di Cona fosse nata contemporaneamente a suo nonno, ovvero nel 1863. Andando a rovistare negli archivi del comune di Ferrara abbiamo trovato diversi documenti: difficile essere certi, nel rileggere il primo documento ufficiale, che si tratti di un tre o di un cinque, ma sì, possiamo dare per buona questa data per la costituzione della banda di Cona”.
Appare difficile capire quando siano nate davvero le bande musicali, che tradizione storica si portino dietro: forse già presenti nel medioevo, poi diffuse nella penisola lungo il corso dell’Ottocento e intrecciate con gli anni dell’unità d’Italia, in cui iniziano a formarsi e definirsi nella forma attuale, probabilmente anche con una certa derivazione anche dalle fanfare militari – lo stesso primo presidente della banda di Cona, Giovanni Veronesi, è un medico militare.
Certo è invece che la storia della Filarmonica Giuseppe Verdi (questo il suo nome ufficiale, ndr), pur con le difficoltà soprattutto durante gli anni delle guerre mondiali, non conosce pause e può guardarsi indietro con grande soddisfazione per la lunghissima carriera, la resistenza e la capacità di mantenersi attiva e in salute: fatti salvi i periodi delle guerre, la banda si è esibita ininterrottamente dal 1863.
“Dal 2007 siamo diventati organizzazione sociale, un circolo Arci con la sede formale alla Casa del Popolo di Cona e le prove ospitate a Contrarock. Ci sono stati nei decenni momenti complicati, ma gli ultimi anni ci hanno portato all’attuale composizione di circa quaranta soci, con concerti che portano a volte venti a volte anche trenta, trentacinque persone ad esibirsi”, ci spiega Gallerani.
“Un grosso salto è stato compiuto con gli ultimi direttori di banda: dal 2006 la maestra Marina Boschetto, poi nel 2011 il maestro russo Anatoli Musyuk, nel 2017 Enrico Roccato fino ad arrivare al 2020 e all’attuale direttore, Roberto Manuzzi, rinomato musicista per diversi decenni nel gruppo di Francesco Guccini: ognuno di loro ha portato la propria visione e la propria esperienza”.
“La presenza di Roberto Manuzzi, anche docente del conservatorio Frescobaldi ha chiuso un percorso di avvicinamento importante verso il mondo della scuola e ha portato con sé diverse diverse persone giovani: metà dell’organico oggi ha meno di quaranta anni, e tra loro spicca il giovane vice maestro Federico Cavalieri che guarda alla futura professione di direttore”.
Ma cosa suonano esattamente le bande? Che repertorio e che libertà creative si prendono?
“Al momento ci siamo detti che vogliamo mantenere l’assenza totale di strumenti elettronici. Il repertorio varia molto in base al direttore: negli anni del maestro Musyuk ad esempio abbiamo affrontato anche brani della tradizione russa. Molto sta al direttore e il direttore stesso lavora molto anche sull’arrangiamento: spesso nei contesti pubblici, come le fiere e le sagre dove gli spettatori sono perlopiù passanti, si sceglie un repertorio accessibile e comprensibile come quello delle opere di Giuseppe Verdi. A questo va aggiunto il fatto che noi tutti abbiamo comunque limiti personali che impongono la riscrittura di alcune parti troppo complesse degli spartiti. In questo senso il lavoro del direttore è estremamente importante”, spiega ancora Gallerani svelando però come la banda di Cona scelga comunque di non percorrere mai le strade più facili.
Dalle marce agli inni religiosi, dall’inno Nazionale dalle canzoni della guerra o del dopoguerra, la Filarmonica Giuseppe Verdi è in grado di spaziare tra repertori e stili e si ritrova oggi ad avere in calendario diversi concerti lungo tutto l’anno, e in contesti sempre diversi. E si toglie anche qualche soddisfazione come nel 2018, quando si è esibita al Teatro Comunale di Ferrara.
“Riusciamo a sostenerci economicamente, nonostante le difficoltà di ogni associazione basata sul lavoro volontario, e in più esiste anche il supporto della fondazione Magnoni Trotti, che entrò nel patrimonio della fondazione Carife alla morte del Conte Guido Magnoni Trotti nel 1973, che dispose nel testamento di supportare tutto ciò che dava lustro alla storia e alla cultura del paese di Cona. E a Cona noi siamo pienamente inseriti.”
È davvero tanta strada percorsa, da quel 1863 (o 1865, se quello sul primo documento ufficiale era un cinque): su una vecchia “Gazzetta di Ferrara” di qualche anno prima si trova traccia del passaggio di un reggimento militare in città e l’articolista si rammarica di quanto sarebbe stata necessaria la formazione di una banda musicale anche nella nostra città.
Da quell’auspicio nacque una manciata di anni dopo la banda di Cona, e con essa una storia che si consolida e prosegue con interpreti sempre nuovi arrivata ora a spegnere le sue prime 160 candeline.