Il 15 luglio arriva a metà estate, qualcuno ha appena finito la sessione, a qualcuno manca l’ultimo esame, qualcun altro è al mare da quasi due mesi. Certo qualcuno lavorerà anche, ma quello è secondario, perché il 15 luglio in piazza l’età media è bassa, molto: al Ferrara Summer Festival tocca a Shablo, Geolier, Ernia e Gue Pequeno. Dal Sogno di una notte di mezza estate shakespeariana cambia una consonante, da Ermia a Ernia, arrivano in quattro, a risvegliare la routine di una caldissima settimana, di un’estate ed una città pronte a vivere una serata completamente fuori dal normale.
20:06, si parte.
Il primo in scaletta è Shablo: presentazioni? No grazie. Il DJ e produttore argentino fa risuonare i bassi come un richiamo: centinaia di ragazzi corrono (letteralmente) all’ingresso. La coda è divisa in tre tronconi, il primo accerchia il povero Savonarola, gli altri due proseguono fino ai cancelli davanti il duomo. Rompere il ghiaccio non è facile, ed ecco perché Pablo lo frantuma partendo con S!r! (Siri) di Thasupreme, Lazza e Sfera Ebbasta: se hai meno di 25 anni e non la conosci sei un caso da studiare, e pare che la gente in coda abbia tutta decisamente meno di 25 anni. E conosca decisamente il pezzo.
Prosegue con altre tracce, che noi più giovani (a 22 anni posso farne parte anche se forse sforo la media serale) chiameremmo hit: c’è sempre Sfera, come in Hoe, platino dell’ultimo disco di Tedua, poi Piove a ricordare lo show di Lazza di una settimana fa. E ancora tanto Sfera (Pablo), tanto (tantissimo) Marracash: Salvador Dali, Loro e Yalla, di un altro hit-maker come Drillionaire, che con il suo album 10 sta dominando la caldissima estate italiana. E non può mancare l’amato (in questo caso) spoiler a chi arriverà: M’ Manc di Geolier, con cui il rapper napoletano si è fatto conoscere dalla penisola in una collaborazione con Sfera (ovviamente) e con lo stesso Shablo.
Come era arrivato Shablo se ne va: un bacio, un saluto affettuoso, poi scompare nel retro mentre una piazza che dimentica in fretta già acclama chi dovrà arrivare. Chi? Ve lo abbiamo appena detto, Emanuele Palumbo. Chi? Geolier, rapper napoletano del 2000, salito alla ribalta a soli 18 anni e che a 23 può vantare due album, svariati riconoscimenti e un rap che parla di “Scampia e coraggio, di bene e male”.
Tra maglie del Napoli e urla da stadio, basta fermare un secondo la musica: telefoni al cielo, sta arrivando. Qualche falso allarme. Il volume triplica, le luci impazziscono e la piazza pure. Geolier entra sul palco.
Il primo pezzo è un disastro, in tutti i sensi. Disastro sul palco, sotto. Ah, poi il microfono non funziona. Parte “non si sente niente” e Geolier incita con le braccia. “Mi avete fatto perdere un pezzo mannacc’”. Poi tutto sistemato e il volume si alza ancora di più, sopra e sotto. So Fly è l’emblema di quello che succede in piazza. Gloria meritata anche per tutti i già citati con la maglia azzurra: “alzate tutti un 3, quanti napoletani ci sono?”. La performance continua tra Capo e Maradona, nel frattempo esce anche la maglia del Napoli in mano, chissà di chi. Poi una pausa prima di Na Catena e Moncler, Monday e X caso, ma Geolier vuole caricarsi e caricare tutti. Anzi no aspetta. “Metti l’ultima d’amore”. L’abbiamo già sentita? M’ Manc la conoscono anche i sanpietrini del listone.
Amo ma chi t sap fa cantare tutti, Cadillac di più. Poi anche un fantomatico ragazzo nel pit fa cantare tutti: ha un cartello, è il suo compleanno. P Secondigliano invece deve far saltare tutti, “pure quelli della sicurezza sennò non andiamo avanti”, sembra sia finita ma non è così. Come vuoi, poi Money cantata con un bambino chiamato sul palco, fino al gran finale con Chiagne. Secondo sipario, ora si aspetta Ernia per la terza dose di adrenalina su quattro.
“Ferrara hai paura del buio?”. A quasi 30 anni Matteo Professione ha finalmente raggiunto il successo che merita, dopo quattro album, tante collaborazioni vincenti, ed un nome che “mi è stato dato, mentre tanti si battezzano da soli”. Ernia era il soprannome dato ad una compagna di classe che gli si è “ritorto” contro, rimasto negli anni fino ad oggi, fino a ieri sera.
Bu! e Morto dentro, poi Così Stupidi: un animale da palcoscenico, quasi due metri di armadio con le spalle ben coperte da quattro strumenti che avvolgono e ribaltano la piazza. Il mio nome è un altro pezzo direttamente dall’ultimo album, Io non ho paura, del Tutti hanno paura Summer tour: non cerchiamo la logica nell’incrocio di appartenenze. Fuoriluogo racchiude tutto il rap di Ernia, la sua formazione: rime incastrate meticolosamente, giochi di parole, lettere che risuonano le une con le altre. E poi l’impegno, i temi, i 29 anni di corsa in una Milano che non ti aspetta. Lewandowski VIII è la pienezza della perfetta sintonia che Matteo ha con la batteria alle sue spalle. Bella fregatura tra i fari rossi che colorano il sold out. “Io sono stato a Ferrara finora solo nel 2019 a vedere la SPAL per l’ultima di campionato, e alla fine la SPAL era riuscita a piazzarsi bene. SPAL-Milan, a noi invece non era andata così bene, però ho ben impressi i festeggiamenti finali”. Ernia è già idolo di tanti, uno a caso sta scrivendo mentre lo ascolta. 68 riporta al 2018, quando “suonavo sugli autobus”. Vivo è il presagio ad Acqua tonica, quando Ernia si blocca sul più bello per renderlo ancora migliore: c’è il ritornello, torna di nuovo Geolier per finire le cartucce nel feat con “fratm Ernia”.
La cultura popolare e la vita selvaggia di U2, l’amore passato, difettoso ed incompatibile di Bella. Acqua calda e limone “al mio concerto senza voce” è probabilmente la frase della serata, e apre una coppia di feat (segue 10 ragazze) in cui dalle casse sembra sul palco ci sia anche Rkomi. Verso il gran finale tocca ad un grande classico. Anzi. Un Superclassico. Poesia, che prosegue con Ferma a guardare, nella versione rifatta con i Pinguini Tattici Nucleari. La pausa la fa anche lui, in cui si trasforma nel benefattore distributore d’acqua in una serata tutta musica e sudore. Parafulmini con Bresh e Fabri Fibra è il pezzo di saluti, che Ernia fa in mezzo alla folla, alla prima fila, con il più genuino dei sorrisi.
Terzo quarto andato. Il minimo comune denominatore sarà l’asciugamano sulle spalle, come i pugili nell’immaginario collettivo, come una normale serata all’ombra del campanile nei 30 e passa gradi di luglio.
Business, Giù il soffitto, Il ragazzo d’oro: è il momento di Gue Pequeno. Guè sta sul palco con la solita consapevolezza di chi si è guadagnato negli anni l’élite del rap italiano: a 42 anni dopo i Club Dogo e 11 album ci sta tutto. Fuori orario finisce fuori dalla base, a cappella: si, c’è un motivo se è nell’élite. Le bimbe piangono, Futura ex, fino a Chico, hit che nel 2020 ha fatto tremare i tormentoni spagnoli. Veleno è quel pezzo che al cinema manderebbe la schermata di fine prima parte, Bling Bling su Oro di Mango (“Ciao Pino, grazie” ed un bacio al cielo) apre la seconda. Le ‘conosciute per forza’ continuano con 2%. Poi verso la fine Punto su di te e Saigon; segue la masterclass di Dj TY1 con Squalo, Scooteroni e Salvador Dali. Ritorna Guè con vestiti diversi ma i pantaloni sempre larghi “li perdo perché sono in una forma smagliante”. La ripartenza è forte con un pezzo d’annata, Mollami, e uno nuovo di zecca, Mi hai capito o no?. Finale con il botto: Cookies N’ Cream oggi è ovunque, Brivido lo era dieci anni fa esatti. Infinity love chiude.
“Dammi un brivido, fammi provare di più Ferrara!”.
Più di stasera, difficile.