Roberto Melli, pittore (ma non solo) nato a Ferrara nel 1885 e protagonista di una mostra a Casa Romei inaugurata il 24 febbraio scorso scrisse:
“Mi sono incaponito di cercare la conoscenza pittorica del mare, di questo mare. […] Ma sono ancora, di certo, molto lontano da una idea espressa, da una immagine, voglio dire che abbia occhi, bocca, naso, orecchie, come una testa umana. Riuscire a traslare il mare sul piano di invenzione poetica, di forma originale, dal tumulto delle emozioni che il mare vero desta. ”
Lo scrive nel 1951, riemerso da qualche anno sulla scena pittorica e nella critica, come rinato dopo la violenza della seconda guerra mondiale, pronto a reclamare un posto tra i grandi nelle esposizioni più importanti del periodo, tanto da rifiutare una prima volta la partecipazione alla biennale di Venezia per il troppo poco spazio concesso (avrà ampio spazio due anni dopo).
Diversi decenni più avanti, nel 2023, è complicato scrivere un articolo che possa restituire qualcosa al lettore di queste due sale, della (piccola) mostra intitolata “La sostanza dell’essere” perché è forte la distanza tra due mondi. Tra una vita, quella di Melli, tesa a fare scultura prima e pittura poi e quel tempo di oggi, dove le immagini non sono più fisse, ma sempre in movimento, così come le persone.
Una vita da artista assorbita da ricerca nella pittura e contemporaneamente dalla critica, dall’analisi, dall’impegno nella formazione e al supporto di nuovi pennelli. Ci sono alcuni quadri in questa mostra curata da Emanuela Fiori e Luciano Rivi che sono ritratti: uno della moglie, uno di un normale lavoratore, l’operaio, simboli dell’esatta distanza tra fotografia e pittura, tra la rappresentazione della realtà e la descrizione di ciò che gli occhi vedono e raccontano su tela, simbolo del solco di un arte oggi diventata meno centrale rispetto a qualche secolo fa.
Perché vi si trovano linee dritte, linee storte, inclinazioni: sono chiaramente riconoscibili ritratti eppure raccontano di spigoli, di difficoltà, di tentativi, traspare esattamente quel tratto di cui scrive Melli con cui abbiamo aperto l’articolo: ancora alla ricerca delle giuste curve, delle giuste armonie, come se il percorso fosse ancora, fosse sempre, di ricerca, fino alla fine della propria vita, con uno stile realistico eppure lievemente squadrato.
In questo piccolo frammento all’interno del museo, dieci quadri raccontano il periodo degli anni Quaranta e degli anni Cinquanta di Roberto Melli con l’idea di risvegliare l’interesse verso un artista che ha scritto un percorso importante nell’arte italiana del Novecento: dalla iniziale formazione come scultore alle sperimentazioni negli anni Venti nel mondo del cinema, fino al fondamentale percorso di organizzazione, critica ragionata e supporto ai giovani artisti che hanno contraddistinto una vita parallelamente fuori dai riflettori e allo stesso tempo centrale nella comunità artistica, ben raccontati nell’ampio catalogo prodotto in occasione della mostra.
Raccontano i curatori l’importanza simbolica del decennio raccontato, quegli anni tragici in cui la stessa Casa Romei che oggi ospita le mostre veniva prima bombardata e poi ricostruita, mentre Melli si era spostato a Roma, prima (come tanti) sostenitore del primo fascismo e poi vittima dello stesso, per la sua vicinanza alla comunità ebraica.
Due sale, dunque, fino al 14 maggio, per scoprire qualcosa di meno celebre rispetto ad altre mostre, uno straordinario racconto del normale: solo un inizio, solo un frammento, una inquadratura sottile, che potrebbero essere l’inizio di una scoperta più grande.
Biografia di Roberto Melli: nasce nel 1885 a Ferrara. Nel 1902 si trasferisce a Genova, dove è apprendista nella bottega di un intagliatore di legno. Si dedica alla scultura, mostrandosi ben presto attento alla lezione di Medardo Rosso. Nel 1911 si trasferisce a Roma e nel 1918 fonda con Mario Broglio la rivista “Valori Plastici”. A partire dal 1921 si dedica soprattutto alla pittura. In questi anni si collocano anche le sue esperienze in ambito cinematografico. Negli anni Trenta si definiscono nuovi rapporti con l’ambiente artistico romano, data la frequentazione tra gli altri di Fausto Pirandello, Renato Guttuso, Mario Mafai. La promulgazione nel 1938 delle leggi razziali decreta per Melli l’inizio di un penoso periodo di isolamento.Dal 1945 inizia ad insegnare all’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 1948 fonda invece l’Istituto di Solidarietà Artistica. Nel 1950 espone alla “Strozzina” di Firenze in una mostra curata da Carlo Ludovico Ragghianti. Nello stesso anno la Biennale di Venezia gli dedica una personale. Nel 1954 esce una monografia di Maurizio Calvesi con presentazione di Giulio Carlo Argan. La sua attività pittorica e critica continua fino al 1957. Ricoverato alla fine del dicembre 1957 per disturbi cardiaci, Roberto Melli muore il 4 gennaio 1958.
INFO:
La mostra è promossa nell’ambito del progetto Sintonie, promosso da Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna, Assicoop Modena&Ferrara e Legacoop Estense; tutte le opere sono della raccolta Assicoop Modena&Ferrara.
La mostra sarà visitabile fino al 14 maggio 2023 all’interno del normale percorso di visita del museo.
Ingresso al Museo:
da domenica a mercoledì ore 8.30 – 14.00
da giovedì a sabato ore 14.00 – 19.30
Biglietto intero € 5,00, ridotto € 2,00,
gratuità di legge, possessori di MyFe Card e con Carta Romei