Da qualche giorno, la tanto attesa mostra Rinascimento a Ferrara. Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa ha inaugurato in un rinnovato Palazzo dei Diamanti. L’esposizione raggruppa una straordinaria e ineccepibile raccolta di capolavori: le opere sono tutte sublimi e sicuramente ognuno di voi avrà modo di apprezzarle in maniera diversa. Se proprio dovessimo sceglierne alcune e suggerirvi quindi alcuni validi motivi per non perdervela, ecco le nostre dieci preferite, quelle che più ci hanno emozionato, turbato ed estasiato:
- Santa Eufemia di Mantegna
Eufemia era una nobile ragazza del III/IV secolo, perseguitata in quanto cristiana, in seguito diventa martire e santa, e apparentemente venerata in tutto il Veneto (lettori veneti, confermate?). Secondo la Leggenda aurea dopo aver patito innumerevoli torture, è stata gettata in pasto a tre fiere, che però le si avvicinarono facendole festa. Effettivamente, sulla parte sinistra del dipinto, si osserva un leone, per nulla pericoloso, ma piuttosto servile e giocoso. Di conseguenza, il carnefice la pugnalò a morte ed ecco perché è raffigurata con la palma da martire da un lato, nonché con il giglio simbolo della purezza dall’altro. Mantegna ci presenta una figura monumentale, quasi statuaria inserita all’interno di un arco che in qualche modo ‘incornicia’ doppiamente la testa della donna.
L’opera fu gravemente danneggiata da un incendio avvenuto nel Settecento e di fatto il dipinto si presenta molto annerito. Tuttavia, riusciamo a cogliere la destrezza del pittore nel ricreare i giusti punti luce e possiamo notare i giochi di luce sulla corona, sui capelli della santa, nonché sul broccato della veste. Fu dipinto nel 1454, l’anno successivo al matrimonio del pittore con Nicolosia Bellini, sorella di Giovanni Bellini, e in un certo senso, tale unione segnò l’inizio di uno scambio proficuo tra la concezione un po’ austera di Mantegna e l’atteggiamento più sentimentale di Bellini.
- La Madonna dello Zodiaco di Cosmè Tura
Tura raffigura la Vergine al di là di un parapetto marmoreo, intenta a svegliare il piccolo Gesù immerso nel sonno, che prefigura il suo destino di morte e di resurrezione. Il pittore rafforza questo duplice asse e incide nella parte bassa della tavola la scritta Sviglia el tuo figlio dolce madre pia/per far infin felice l’anima mia. Alludono a tale doppia tematica, pure i picchi muraioli posti sui due grappoli d’uva che pendono dal tralcio di vite che attraversa, come “una sorta di naturalistico festone” la parte superiore della tavola, dove si notano altresì un paio di cardellini. Tutti elementi correlati alla Passione: l’uva come rimando al sangue di Cristo, mentre il cardellino è simbolo della sua resurrezione (piccola curiosità sul suo becco rosso: si narra che si macchiò nel tentativo di estrarre le spine dalla corona di Cristo). La figura della Vergine è contornata dai segni zodiacali, visibili soltanto in parte, in riferimento al ruolo di Cristo come signore del tempo cosmico oppure al peculiare interesse della corte estense per l’astrologia. La composizione, di cui rimane ignota l’originaria destinazione e che presenta un colore poco vibrante, esprime un’ineffabile tenerezza ed emozione.
- Volto di Maria Maddalena piangente di Ercole de’ Roberti
Il frammento in mostra è l’unico pezzo arrivato fino ai giorni nostri e proviene dagli affreschi della cappella Garganelli, della vecchia cattedrale bolognese San Pietro. Lavoro avviato da Francesco del Cossa e ultimato da de’ Roberti, di cui per l’appunto l’immagine di Maddalena. Una testimonianza impareggiabile della maestria del pittore ferrarese, in grado di un’esecuzione di estrema raffinatezza e delicatezza, che suscitarono l’ammirazione di Michelangelo Buonarroti, nonché del critico Giorgio Vasari, che considerava tale affresco il testo più alto dell’arte di Ercole. L’immagine che ci troviamo davanti esprime un enorme pathos e mistero, ed è raffigurata tramite colori caldi e tratti sottili osservabili nel velo, nei capelli oppure nelle lacrime che rigano il viso. Nel dipingere questo capolavoro è come se de’ Roberti volesse “quasi accarezzare il muro”.
- San Michele Arcangelo di Ercole de’ Roberti
È una piccolissima tavola, però vi invito a non trascurarla per la sua straordinaria intensità e concentrato di forza ed espressività che raffigura San Michele “vestito all’antica”. Si tratta di un’opera giovanile di Ercole e alcuni critici hanno ipotizzato che potesse essere un frammento di una pala d’altare proveniente dall’Abbazia di Pomposa.
- Porzia e Bruto di Ercole de’ Roberti
L’immagine copertina della mostra faceva parte di una serie di lavori dedicati a figure esemplari di donne dell’antichità. Probabilmente realizzata per decorare un cassone, l’opera si basa su un episodio estratto da Vita di Bruto di Plutarco. Porzia, la moglie di Marco Bruto, si infligge una ferita alla coscia, a riprova della sua lealtà e coraggio, un gesto estremo per convincere il marito a coinvolgerla nei piani di congiura contro Cesare. Quest’ultimo detestato da Porzia per aver fatto arrestare il padre e umiliato pubblicamente il marito. Nel dipinto, Porzia mostra invece una ferita al piede, probabilmente per motivi di decoro in rapporto alla destinazione dell’opera. Inoltre, il pittore decide di rappresentare il dopo, la spiegazione al consorte e la fase posteriore al gesto. Chissà come sarebbe stata l’opera se avesse scelto di raffigurare soltanto il gesto audace di Portia, come emerge nello splendido lavoro della bolognese Elisabetta Sirani (sec. XVII)…
- San Paolo, Madonna col bambino e un angelo, San Pietro di Antonio Leonelli detto Antonio da Crevalcore
Le tre tele sono magnifiche e di una potenza inusitata, riassumono alcune delle più importanti caratteristiche del pittore, nonché musico, considerato bizzarro e insolito, correlate al registro della luce/ombra. Una Madonna stanca e i Santi sono impersonificati entro una cornice di marmi policromi, come racchiusi in un contenitore o in una scatola. Fin dall’origine dell’iconografia cristiana, i due apostoli sono stati tra i primi ad avere una rappresentazione propria. Nella tela di San Paolo si nota un libro aperto a fianco al santo, dove si può leggere una parte dell’epistola del santo ai Corinzi e un momento del Vangelo di San Matteo. Un elemento sorprendente è la straordinaria sfera – elemento di astrazione – sospesa sotto l’oscillante collana di corallo, che si ritrova pure sotto il piede di Paolo. Piccola curiosità: Ovidio racconta che il corallo sarebbe nato dalle gocce del sangue colato dalla testa di Medusa, adagiata da Perseo su una spiaggia, nello specifico su uno strato di ramoscelli marini. La parte con San Pietro contiene la firma, criptica, dell’artista che può essere decifrata solo facendo l’anagramma delle lettere disposte in modo casuale sul sarcofago dietro alla figura del santo, che formano il nome Antonio Leonelli Crevalcore.
- Madonna col Bambino e i Santi Sebastiano, Giacomo, Girolamo e Giorgio (Pala Rossi) di Lorenzo Costa
L’opera fu realizzata per la cappella della famiglia Rossi nella basilica bolognese di San Petronio e si concentra sulla struttura architettonica e sulle sorgenti luminose. Per la prima volta Costa affronta e risolve il problema della luce, questione fino a quel momento trascurata. Vi è una fonte di luce primaria che nasce sulla sinistra dell’opera, che rifulge e coinvolge tutti i personaggi rappresentati. E non solo. San Sebastiano, inondato dalla luce, da personaggio secondario e per nulla centrale, diventa comprimario. Inevitabilmente, l’attenzione si focalizza sul suo corpo sofferente. Ed è sempre la brillantezza della luce a rendere così “lustra” l’armatura di San Giorgio da rispecchiare la mano che stringe la lancia, creando l’illusione di un terzo braccio.
- Cristo alla colonna di Lorenzo Costa
Il dipinto può essere identificato con uno simile elencato nell’inventario dei beni di Lucrezia d’Este e rappresenta Cristo a mezzo busto su uno sfondo oscuro, probabile “metafora del mondo”. Il corpo, emaciato e pallido, è in contrasto cromatico con il volto. Un volto teso e penetrante, ma allo stesso tempo delicato e inarrivabile. Da osservare con attenzione le lacrime, che sembrano minuscole perle.
- Cleopatra di Lorenzo Costa
L’ultima opera scelta illustra Cleopatra, in modo da accontentare anche coloro che sono leggermente insofferenti all’abbondanza delle raffigurazioni mariane. Il dipinto fa parte della tarda attività mantovana del pittore è testimonia la trasformazione verso atmosfere più soffuse e cromie nuove. Costa opta per una versione classica della figura di Cleopatra e la mostra a seno scoperto prima del morso dei serpenti.
E la decima opera della nostra top ten? Non può che essere Palazzo dei Diamanti stesso, con il suo nuovo allestimento tra dentro e fuori tutto da scoprire. Buona mostra e fateci sapere le vostre preferenze!