Istanbul, capitale della Turchia, gennaio 2023: nasce la biblioteca più grande della città, due milioni di libri e un archivio sottoterra, a dodici metri di profondità, protetto dai sistemi di Makros. È un’azienda di Ferrara specializzata in questo campo di cui è leader e soprattutto pioniera: 27 chilometri di archivio, 400 metri quadri di opere protette da fuoco, acqua e agenti atmosferici che ne possano minare la conservazione.
Semplicemente è qualcosa a cui fino a qualche anno fa non si pensava e molto spesso l’unica preoccupazione era la gestione del contenimento del fuoco in biblioteche e archivi, pubblici o privati. Andare oltre queste precauzioni di base è il core business di Makros, azienda che fa ricerca e sviluppa soluzioni per evitare che il patrimonio culturale e archivistico vada perso. Come successe alla biblioteca di Alessandra in Egitto, qualcosa che ricordiamo tutti dai libri di storia come una delle più dolorose perdite culturali dell’umanità (anche se forse è andata un pò diversamente).
A raccontarci come è nato tutto è Massimo Luise, CEO dell’azienda che oggi ha sede nell’incubatore di via Saragat, poco oltre il Polo tecnologico UNIFE.
“Lavoravo già nel settore degli archivi – racconta Luise – li frequentavo come operatore ma anche come fruitore e mi capitava di notare come ci fossero delle lacune sul tema della sicurezza, trovavo materiali che erano soggetti a rischi, poco protetti. Iniziai a pensare a come creare un guscio esterno, a vernici speciali, poi a schiume, infine sono arrivato alla soluzione dei pannelli.
Ho pensato di creare una specie di cassaforte che proteggesse dal fuoco: facendo delle prove mi sono accorto che questa struttura resisteva alle fiamme e dopo due ore di fuoco a 1000° esterni, all’interno si arrivava ad appena 180°, segno che l’idea funzionava. Tra l’altro questa tecnologia è in grado di rendere una camera a rischio incendio zero, senza necessità di altri impianti di spegnimento: per i Vigili del Fuoco una camera a rischio zero è paragonabile ad una stanza vuota, priva di contenuto infiammabile.”
Luise si reca dunque intorno alla fine del 2010 all’Ufficio Brevetti della Camera di Commercio di Ferrara dove viene ricevuto dall’impiegata Paola Borsetti, che ancora oggi ricorda con affetto: io ho questa idea ma non ho soldi e non so come si scrive un brevetto, le dice. Senza pensarci troppo la signora Borsetti gli consegna un modello di un altro progetto da utilizzare come base per il suo, per la precisione dei fermagli di carta.
“Stetti diversi mesi a lavorare da solo a questo testo e nel frattempo era nato mio figlio: scrissi il brevetto mentre cullavo un bimbo piccolo, rinunciando a tutto il resto, senza cercare altri lavori per inseguire il mio sogno.” ci racconta.
Come funziona di preciso il sistema di protezione di Markos?
Si tratta fondamentalmente di un contenitore a scompartimenti chiusi: è un grande cubo, formato da una serie di armadi, che quando si ha necessità di entrare si apre manualmente o elettronicamente. All’interno degli archivi non c’è alternanza di scaffali e corridoi, si spostano compattandosi e dando accesso ad uno scaffale per volta all’apertura. Così il risparmio di spazio è assicurato e se dovesse intervenire un incendio, ognuno di questi contenitori è comunque chiuso singolarmente con un guscio in fibra di nostra invenzione. Tra gli armadi chiusi rimane uno spazio minimo per consentire il ricircolo di aria, li in mezzo una guarnizione intumescente, cioè che si espande molto velocemente a causa dell’esposizione al calore, va a sigillare i punti di contatto creando tante camere stagne in caso di incendio.
Non c’è solo il fuoco: i danni ad un archivio di opere d’arte o letterarie antiche può arrivare anche da altri fattori?
Ad oggi abbiamo inventato sistemi coperti da cinque brevetti (a breve saranno ben sette), con i nostri contenitori in grado di proteggere dal fuoco ma non solo: acqua, umidità, agenti biologici come le muffe, effetti patogeni. Siamo spinti a creare tecnologie innovative con l’idea di costruire una macchina sempre più intelligente. Il nostro sistema è innovativo perché in parallelo abbiamo sviluppato un software in grado di avvertire se all’interno di un contenitore si stanno creando condizioni sfavorevoli alla conservazione. Il tutto controllabile da remoto, per conto dei clienti o in affiancamento a loro. Monitoriamo ad esempio un convento in Francia dove vivono suore poco pratiche a livello tecnologico: abbiamo i dati via internet, i loro manoscritti sono al sicuro e siamo in contatto da remoto 24 ore su 24.
In questi dieci anni come si è sviluppata l’azienda? È stato complesso convincere enti e istituzioni?
All’inizio sì: presentarsi in Comune, in un tribunale, in un momento in cui tra l’altro ancora non c’erano le leggi che esistono oggi, fu faticoso perché la necessità di protezione non veniva avvertita come importante. Una prima risposta positiva l’abbiamo ottenuta anche grazie a Marco Pasquini, il nostro direttore scientifico, che vedendo l’efficacia del sistema convinse l’Agenzia delle Entrate di Forlì, primo ente a dotarsi del nostro sistema, seguito a ruota dal Politecnico di Milano. Per convincere i milanesi abbiamo dovuto superare un complicatissimo interrogatorio di sette tecnici per due ore e mezza. Dopo queste prime referenze il resto è stato in discesa. Ad oggi dopo 150 km di archivi costruiti in tutta Italia, abbiamo un archivio attivo a Baku (Azerbaigian), un progetto per il Ministero della Cultura in Camerun, da quest’anno una prima fornitura in Vaticano e diversi progetti di natura nazionale e internazionale.
Se guardiamo al futuro in quali direzioni state lavorando?
Tra i brevetti ne abbiamo uno molto interessante, sviluppato in collaborazione con l’Università di Ferrara, che prevede la protezione sia dall’acqua che dal fuoco: uno stesso manufatto sarà in grado di essere protetto contemporaneamente da entrambi i pericoli. Pensiamo possa essere pronto tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, perché ora stiamo lavorando molto sulla protezione batterica. Allo stesso tempo, quest’anno parteciperemo ad un evento in Canada l’8 febbraio, alla Camera di commercio di Toronto, per poi essere a marzo a Sitem, fiera mondiale di cultura, turismo e museazione al Museo del Louvre di Parigi, per finire con la Fiera mondiale degli archivi ICA ad Abu Dhabi in ottobre.
Le tecnologie di Makros potrebbero avere senso anche in ambito museale?
Normalmente esposizione museale e archiviazione sono ambiti ben diversi, ma allo stesso tempo, come successo ad esempio a Istanbul, una parte degli archivi è esposta in vetrina. Si stima che nel mondo solo il 15% delle opere d’arte sia esposto: ad Ankara ad esempio un museo di arte moderna ha attrezzato due sale con i nostri armadi, circa 3000 opere esposte a rotazione sulle pareti, con seicento quadri esposti e gli altri all’interno perfettamente conservati al sicuro.
Da una idea e un brevetto nato senza risorse, ad una azienda che quasi non ha concorrenza a livello internazionale: qual è la modalità di lavoro che adottate oggi?
Vogliamo mantenere la nostra etica: abbiamo fatto tante prove che sono andate male, dunque vogliamo continuare a fare test e investire sulla ricerca e sviluppo per rimanere su livelli di eccellenza. I nostri test sul fuoco sono effettuati a 1000°, quando il punto di incendio è intorno ai 600°: abbiamo ben 400° gradi di vantaggio. Capita di terminare dei test senza i risultati attesi ma non ne usciamo abbattuti, perché con l’aiuto del comitato scientifico abbiamo sempre un piano di riserva. Con l’impegno, anche in una piccola realtà come Ferrara è possibile avere idee e riuscire: capita di prendere un panino al bar di Ingegneria e vedere tanti ragazzi che hanno voglia di imparare e sperimentare. Parlano tra loro, raccontano di un prototipo preparato con passione: sento che possiamo essere di ispirazione per queste giovani persone che devono ancora trovare la loro strada e provare a investire nel loro sogno.
INFO:
Sito ufficiale di Makros su SIPRO Ferrara
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