

Domanda: a quanti di voi è capitato almeno una volta di vedere un video dove qualcuno proponeva il suo modello di business in cui spiegava come fare soldi facili in poco tempo? A quanti di voi è stato proposto questo tipo di business da amici, amici di amici o sconosciuti sui social?
Ecco. Non ci addentreremo nello specifico di queste richieste, ciò che possiamo fare e dire però è che, forse, non è proprio tutto oro quel che luccica. Il mondo economico-finanziario è un taboo-topic per tante persone: troppo matematico, troppo specifico… troppo complicato, dai. Ma è realmente così inavvicinabile? Abbiamo avuto l’onore ed il piacere di fare una lunga chiacchierata con qualcuno che la finanza la mastica, ci gioca, la tratta come fosse la sua migliore amica e per questo non ha segreti: abbiamo parlato con Luca Dann, content creator e socio di Bank Station.
Cos’è e com’è nato Bank Station?
Bank Station è un’azienda che si occupa di creazione e divulgazione di contenuti di informazione finanziaria: podcast, video, contenuti scritti e grafici, post Instagram.
Siamo su diverse piattaforme con una community di 112mila follower su TikTok, 45mila su Instagram, 10mila su Spotify. Nasce come progetto amatoriale di Francesco Namari (l’altro socio e content creator) nel 2019, un podcast che si propone di raccontare eventi che hanno segnato la storia di economia e finanza e di usarli come gancio per spiegare concetti di finanza anche molto complessi. Il 2 febbraio Bank Station ha compiuto un anno come azienda.
E voi chi siete e come vi siete conosciuti?
Io e Francesco siamo entrambi di Ferrara, alunni del Liceo Roiti. 29 anni io e 28 Francesco, figli di Ferrara che hanno trascorso gran parte della loro carriera tra Londra e Milano. Abbiamo fatto la triennale a Bologna insieme, anche se io un anno avanti a lui, e l’università insieme anche a Londra. Francesco è rimasto a lavorare lì fino al Covid, mentre io ho fatto un po’ la spola tra Londra e Milano. Poi lui ha avuto la malsana idea di fare questo podcast, e ha insistito per provare a farlo diventare un lavoro a tempo pieno.
Mi ha fatto i buchi nella schiena dicendo di licenziarci, di portare avanti questo progetto insieme finché non mi ha convinto e ho mollato il lavoro anche io per seguirlo in questa idea. Abbiamo lo studio di registrazione a Bologna in uno spazio di co-working per le start up: lì è dove avviene la magia.
Da dove nasce l’idea di fare un podcast?
L’obiettivo era quello di rendere concetti finanziari complessi accessibili e fare da ponte tra chi di finanza non ne sa niente facilitandone la comprensione. L’dea è stata di Francesco ed è nata da una semplice domanda comune a tanti: “Come faccio a saperne di più di finanza?” In Inghilterra, dove viveva, era facile: “leggi il giornale”. In Italia invece i giornali e i concetti sono meno accessibili: il Sole24Ore è uno dei pochi giornali che si occupa di finanza ma è per addetti ai lavori. Bank Station ed il podcast nascono proprio per questo: per colmare il gap tra chi non ne sapeva niente e giornali come il Sole24Ore.

Ed ora siete una vera e propria azienda.
É nato come progetto amatoriale ed è diventato azienda quando io e Francesco ci siamo licenziati dai nostri lavori, inerenti alla finanza, facendo diventare Bank Station una vera e propria azienda. Dal podcast nasce l’idea di fare educazione finanziaria a 360 gradi attraverso accadimenti cruciali nella storia della finanza. Poi si è espanso il progetto, passando dal podcast originario ai contenuti sui social, finendo poi anche a fare spettacoli veri e propri: oggi, 13 febbraio ad esempio, saremo al Liceo Roiti in uno spettacolo che è la versione dal vivo di un nostro podcast. Ma abbiamo fatto anche altro, come workshop per ragazzi, percorsi di accoglienza, alfabetizzazione finanziaria di base.
Come avete fatto ad imporvi e non deludere i vostri fedelissimi?
Probabilmente grazie al nostro collante, filo conduttore che tiene insieme tutti i contenuti, una sorta di linea editoriale che si sviluppa su due punti cardine. In primis abbiamo un’idea sana di quello che è la finanza e l’educazione finanziaria: ci sono tanti contenuti sui social che ti spiegano come diventare ricco velocemente o guadagnare senza fare niente. Tutto ciò è lontanissimo da quello che è la vera finanza. La finanza è uno strumento, non è un sostituto al lavoro, non è generare soldi dal nulla. L’altro punto fondamentale è che la nostra idea sana di finanza si applica a tutti contenuti che facciamo: abbiamo un linguaggio accessibile ed inclusivo, non banalizziamo i temi, ci prendiamo tutto il tempo che serve. Se possiamo evitare di usare tecnicismi perché rischiano di confondere chi guarda o ascolta, non li usiamo. Abbiamo sempre molto in mente l’idea di parlare ad un pubblico che non ha conoscenze pregresse e questo ci consente di affrontare concetti complessi e presentarli ad un pubblico di non addetti.
Che contenuti trova chi arriva sui vostri canali e qual è il modello di business che seguite?
Il modello di business è duplice: contenuti di educazione ma di due tipi diversi. Il primo genere di contenuti è quello sulle piattaforme: podcast su Spotify, contenuti sui profili social come Instagram e TikTok. Sono contenuti che offriamo anche a società, aziende e brand. Se un brand vuole visibilità attraverso di noi commissiona il contenuto che va sui profili come sponsorizzato. Ad esempio abbiamo fatto un podcast commissionato da una banca di credito cooperativo: loro ce l’hanno pagato, abbiamo indirettamente promosso il loro modello, ma non era un contenuto pubblicitario perché la banca non è mai stata nominata. Oppure abbiamo contenuti sui social direttamente dalle aziende: parlando del prodotto in generale siamo consapevoli del brand che ci sponsorizza e trasmettiamo questa consapevolezza a chi ci segue. L’altro genere di contenuti è quello finalizzato e appositamente creato per le aziende: produciamo un contenuto che l’azienda che commissiona poi divulgherà autonomamente. In questo caso abbiamo ad esempio articoli non firmati per blog o newsletter. Si tratta in entrambi i casi di educazione.

Tra la community e le aziende siete ad un passo dal diventare una vera e propria istituzione nel campo finanziario.
Beh in un certo senso. Educando all’ascolto abbiamo raggiunto credibilità, perciò anche contenuti su temi noiosi hanno successo: esempio, su TikTok parliamo del regime forfettario, che è una cosa apparentemente noiosissima, ma paradossalmente ha fatto più di 1 milione di visualizzazioni. Un fattore vincente è stato anche avere un approccio innovativo proprio nei confronti di una piattaforma come TikTok, dove perseverando la community è arrivata. Inizialmente ci siamo piegati a regole come video corti che fornivano poche informazioni. Poi pian piano abbiamo provato con format più lunghi, a cui la community è abituata, e quei contenuti andavano molto meglio, il che è un controsenso viste le prerogative della piattaforma. Le aziende adesso vengono da noi e dicono “Fammi un video come quello di 7 minuti che ho visto su TikTok”.
Quindi siete consigliati anche per quella cerchia di persone che in matematica aveva 4 e dopo le superiori ha chiuso i ponti con la materia?
Assolutamente sì! (ride, ndr) Il nostro mantra è che la finanza non è per gli addetti ai lavori ma è per chi ha voglia di capirla. Non faremo mai un contenuto che banalizza, non ti tratteremo mai come uno stupido, però devi accettare che il video dura, ad esempio, sette minuti. Se vuoi sapere la storia della bolla delle dot-com, che è un avvenimento importante, ascolti il podcast di due ore: è lunghissimo lo sappiamo, però lì c’è tutto quello che devi sapere. Il criterio non è saperne già, ma è avere voglia di capirla.
Questo vale per tutto, portiamo un linguaggio super accessibile e ci prendiamo tutto il tempo che serve. È una sorta di patto: con noi puoi saperne di finanza, puoi informarti anche partendo da zero, però devi accettare che il contenuto possa essere lungo il tempo necessario per far sì che tu lo capisca anche senza tecnicismi o complicazioni ulteriori dell’argomento.


Siete il prototipo dei ragazzi che mollano tutto per inseguire un sogno: a posteriori ovviamente si è rivelata una mossa vincente, ma non avevate un po’ paura che fosse una scelta avventata?
Beh i dubbi ci sono sempre (ride, ndr). Diciamo che noi abbiamo avuto la fortuna di avere lavori che pagavano abbastanza bene e di avere un po’ la lungimiranza che ci ha permesso di avere soldi da parte. Per questo siamo stati in grado di far partire questa start up senza fare ricorso ad aiuti esterni, senza dipendere o dovere niente a nessuno avendo le spalle coperte per conto nostro. Così siamo partiti con un focus maniacale sulla qualità del prodotto, sulla linea editoriale, e con un linguaggio inclusivo. Non dicevamo ‘ti insegno un trucco per diventare ricco velocemente’, e questo ci sta ripagando. Ora arrivano aziende sane che si rendono conto che i nostri contenuti sono di qualità maggiore dei contenuti medi e possono spiegare cose anche molto complesse.

Cosa è cambiato ora che siete una community con più di 150mila persone? Vi siete dovuti strutturare ulteriormente?
Io e Francesco al momento siamo due content creator, le uniche due persone che lavorano full-time per Bank Station. Assieme a noi abbiamo due art director che curano tutte le grafiche, la parte visual, le scritte, gli sfondi, e sono soci della società. Poi ci sono i collaboratori esterni come il sound designer/video maker che si occupa di tutto il processo di post produzione, abbiamo un social media manager e stiamo iniziando a lavorare con altri content creator. Una dei nostri art director è Flavia, che si occupa anche del contenuto ‘Switch’, in cui approcciamo temi da una prospettiva più giocosa. Sulla base del lavoro che stiamo acquisendo stanno partendo un sacco di progetti su entrambe le linee e per il lavoro che vediamo in prospettiva, che sarà tanto, stiamo già pensando di espandere il team.
Prossimi progetti?
Adesso l’idea è quella di vendere quei contenuti nei prossimi uno/due anni. Tante aziende si muovono, c’è grande mercato per i contenuti di educazione finanziaria, e, non voglio sembrare uno che si vanta, ma c’è poca gente che fa contenuti della nostra qualità. Il mercato è grande perché in Italia c’è un grosso problema di educazione finanziaria. Questo comporta che ci sia un grosso bisogno di educazione da parte della popolazione e allo stesso tempo che le aziende sanno che è un potenziale per loro: più persone educate sono più persone che investono, e quindi più business per la finanza. Tutto ciò si traduce in domanda pagante per i contenuti di informazione finanziaria. Il nostro obiettivo è quello di continuare a lavorare sullo sviluppo di contenuti provando però a vendere quegli stessi contenuti che abbiamo sviluppato nel corso degli anni.
Per tutti quelli che vogliono saperne di più, perché “la finanza non c’entra nulla con Di Caprio che lancia banconote da uno yacht in The Wolf of Wall Street”. Su Bank Station la finanza quella vera, per davvero: https://www.bankstation.it/
Classe 2000, nato a Ferrara e cresciuto poco distante, per ora fa Lettere dopo 5 anni di Scientifico, poi ha delle idee.
20 anni tra calcio in ogni sua forma, domeniche ‘alla Spal’ ed estati a Spina.
Oltre al calcio segue il tennis, lo sci e altri sport, ha una chitarra che suona da autodidatta e sa a memoria i film di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Scrive perché gli piace, perché da sempre alla fatidica “Cosa vuoi fare da grande?” risponde ‘Il giornalista’, e anche perché invece di ascoltare la musica riascolta le migliori cronache di Pardo, Repice e Caressa… sognare non costa nulla.