Si prosegue alla scoperta delle tradizioni ebraiche al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah con un focus su Hanukkah: inaugurata il 6 dicembre, una breve – ma densissima – mostra per raccontare la Festa del Lumi, o delle Luci, con la curatela di Ermanno Tedeschi e del direttore del MEIS, Amedeo Spagnoletto.
Hanukkah, una festa raccontata attraverso l’arte resterà visitabile fino all’8 gennaio, comprendendo ovviamente i giorni di celebrazione della festa, che iniziano oggi 18 dicembre e proseguono fino al 26 dicembre. Un legame forte quello stretto tra Hanukkah e il museo stesso: fu proprio durante gli otto giorni di festa che, 5 anni fa, alla presenza del Presidente Mattarella, venne inaugurato il nuovo spazio espositivo del MEIS.
L’atmosfera intima, conviviale e serena della Festa dei Lumi è dunque ben rappresentata nelle prime sale del museo, collegandosi idealmente al percorso espositivo della mostra Sotto lo stesso cielo, dedicata alla festa di Sukkot e visitabile fino al 5 febbraio. A delineare i contorni del focus, a dare corpo alla visione dei curatori sono le opere di numerosi artisti contemporanei che hanno omaggiato, rivisitato, ricostruito, ripensato gli oggetti tradizionali simbolo di Hanukkah.
Nonostante sia spesso definita una festa ‘minore’ per la mancanza di riferimenti a fatti raccontati dalla Torah o da altri libri biblici – spiega il direttore Spagnoletto nel testo introduttivo del piccolo catalogo – Hanukkah resta una delle ricorrenze più sentite e caratterizzanti, ma anche caratteristiche, della tradizione ebraica.
Simbolo più noto della Festa delle luci, l’hanukkiah, il candelabro a nove bracci, ricorda il miracolo delle candele del Tempio di Gerusalemme che caratterizzò la riconquista della libertà del popolo ebraico dal regno del temuto Antioco, attorno al 200 a.C.. Il Tempio, profanato per ordine del terribile re, era stato utilizzato per celebrare riti pagani. Alla liberazione, Giuda Maccabeo, condottiero ebreo che guidò il movimento di ribellione, volle la purificazione del luogo sacro con la riaccensione delle luci del Candelabro. La comunità non trovò che l’olio sufficiente a tenere vive le fiamme delle candele per un solo giorno, mentre la tradizione richiedeva che ardessero per otto giornate intere. Venne messa comunque in posizione una Menorah in ferro battuto, e se ne accesero i lumi. Il poco olio durò miracolosamente per tutti gli otto giorni di festa.
Oggi, durante i festeggiamenti, è tradizione accendere una candela al giorno per riempire i nove bracci della hannukkiah in ricordo della liberazione del Tempio di Gerusalemme: la nona candela è la luce, quella che accende le altre otto. Rinascita e purificazione le parole al centro di questo miracolo ricorrente. Per le troppe volte che identità e tradizione ebraica sono state minacciate, Hanukkah viene per opporsi alla perdita delle peculiarità di una cultura antica e preziosa, di usi, costumi, abitudini e tenere usanze fatte di accoglienza e condivisione.
In mostra per Hanukkah, una festa raccontata attraverso l’arte, le hanukkiot assumono nuove forme e si plasmano su nuovi materiali perché rispettare la tradizione non significa non saperla guardare da punti di vista inediti e contemporanei. Aldo di Castro dipinge la più classica delle hanukkiah mentre Federico Caputo la ricama con fil di lana; Francesca Duscià la affianca alle dolcissime Sufganiot (frittelle ripiene simili ai bomboloni), mentre Davide Gerstain la decora con coloratissimi uccellini in metallo smaltato. Per Salvatore Greco diventa una tavolozza da pittore, mentre Marco Lodola, su concessione del Museo dei Lumi di Casale Monferrato, la illumina con il neon, ovviamente. E così via tra nomi noti, tecniche particolari e materiali inaspettati fino alle ceramiche di Albisola di Emanuele Luzzati e la maiolica dipinta di Ugo Nespolo.
L’hanukkiah è quindi protagonista della ricorrenza e della mostra-focus del MEIS assieme ad un altro simbolo noto della Festa dei Lumi, la trottola, sevivon. La trottola, gioco dall’origine antichissima, possiede quattro facce nella tradizione ebraica. Ogni faccia vede al centro una lettera dell’alfabeto ebraico. Le stesse lettere che lette secondo la tradizione Yiddish definivano le regole di un gioco d’azzardo, diventano le iniziali delle parole necessarie per comporre una frase evocativa: ‘Un grande miracolo accadde là’. In Israele, la quarta lettera, la Shin, venne sostituita con la Pe per terminare la frase con la parola Poh: ‘Un grande miracolo accadde qui’.
Le regole del gioco, però, sono ancora quelle. Gioco d’azzardo che diventa un piccolo brivido per i più piccoli; lasciamo che la sorte decida per noi, ma sapendo sempre di avere qualcuno sul quale contare, una mano dal cielo che può fare miracoli.
Anche le trottole quindi, in mostra per Hanukkah, una festa raccontata attraverso l’arte, assumono tante forme, colori e materiali, mantenendo la loro antica identità. Tobia Ravà le lascia girare tra glia alberi di una scura foresta, mentre Patrizia Colombo le ritrae assieme ai piccoli giocatori. Beppe Labianca ne poggia una in equilibrio su una mano candida, di gesso e legno, mentre Fosca Boggi le espone in ceramica smaltata, come fossero vecchi giochi d’infanzia. In mostra anche una selezione di rare trottole storiche dalla collezione del MUSLI, il Museo della Scuola e del Libro d’Infanzia di Torino, o da quella del curatore Ermanno Tedeschi.
Come due facce della stessa medaglia, dunque, la natura religiosa e l’attitudine giocosa di Hanukkah si fondono nelle sue tradizioni e nei suoi simboli. Le famiglie si riuniscono a lume di candela per condividere la gioia, festeggiare la vita e rallegrarsi pensando al futuro, tra canzoni, dolci e giochi. Una mostra che porta il sapore della festa, a chiunque voglia visitarla, a chiunque voglia sentirsi accolto. In attesa dell’importante mostra 2023, che questi splendidi focus ci aiutino ad entrare in punta di piedi in nuove tradizioni, con il rispetto che meritano e le ricchezze che possono lasciarci.