La Fondazione Ferrara Arte e il Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara dedicano all’artista veneto Carlo Guarienti (1932) la retrospettiva La realtà dei sogni, allestita nelle sale del Castello Estense. Un involucro perfetto per una narrazione spesso fantastica, costruita da un linguaggio simbolico e ancorato all’arte del Quattrocento, specialmente quella padana e fiamminga. Effettivamente, il dialogo con il passato è una costante di questo percorso eterogeneo che presenta 125 opere tra dipinti e sculture, mediante le quali viene indagato l’evoluzione dell’artista, che comprende quasi 70 anni di attività. La prassi artistica di Carlo Guarienti si discosta dalle neoavanguardie optando per una pittura più iconica e riconosciuta, una pittura passatista, legata ai grandi nomi e linguaggi assodati.
Guarienti ricerca mediante le sue opere una dimensione personale, cerca di trovare innanzitutto se stesso, “in un gioco di specchi dalle infinite evocazioni e introspezioni”. Trasmette una fiducia incrollabile nella potenza dell’arte pittorica, attraverso i suoi autoritratti, le sue nature morte, i suoi innumerevoli ritratti, spesso di donne (“volti di donne che abitano la sua mente come ossessioni”). Per mezzo di essi ci racconta una storia, un frammento del suo mondo, uno specchio della realtà che oltrepassava, la sua arte va intesa come “pura creazione che non ha bisogno di essere necessariamente spiegata”. Di conseguenza, possiamo considerare la contemplazione come l’approccio giusto alla fruizione della sua produzione artistica.
Nato a Treviso nel 1923 da una famiglia originaria di Verona, città che frequenta molto, affascinato specialmente dalle sue storiche bellezze, all’età di quindici anni scopre la creta e plasma le sue prime sculture, per integrare in seguito l’inclinazione per l’arte con il disegno e la pittura. Successivamente, consegue la laurea in medicina all’Università di Padova. La prima parte della sua produzione artistica è immersa in un tempo immobile, in cui i secoli si sovrappongono ed è dedicata alla realizzazione di un numero sproporzionato di nature morte e ritratti.
All’età di 23 anni realizza una delle opere più significative della sua produzione, il quadro d’esordio San Girolamo (1946), un dipinto di grande rigore plastico. Una pittura quasi crudele, un olio su tavola debitore dell’arte rinascimentale, che rappresenta il santo emaciato e granitico, come se fosse una statua, in mezzo ai teschi, carcasse e rettili, “è tanto reale, da diventare a furia di insistenza, surreale”. Opera esposta l’anno successivo alla mostra dei Pittori moderni della realtà organizzata alla Galleria de L’Illustrazione Italiana di Milano da Gregorio Sciltian, Pietro Annigoni e Antonio e Xavier Bueno, nonché Giorgio de Chirico e Carlo Guarienti, firmatari del manifesto del gruppo che si pone in aperto conflitto con l’arte astratta e informale. Il gruppo proponeva di tornare all’arte figurativa e mimetica, veicolo di valori spirituali e morali, e ricreare “l’arte dell’illusione della realtà, eterno e antichissimo seme delle arti figurative”.
L’artista veneto farà parte del Manifesto dei pittori moderni della realtà fino al 1949 per allontanarsi in seguito, dopo questo preambolo nel solco di un realismo inquieto, e proseguire su un percorso più individuale e personale. Pratica un approccio che vira inizialmente in direzione di un linguaggio fantastico e visionario, testimoniato da un’opera come Nascita di una natura morta (1956). A metà degli anni ’50 entra nel sogno, passa dalla realtà alla dimensione onirica e insinua visioni allucinanti e presenze straniate nella sua pittura. Un surrealismo “che non si affida all’inconscio, ma al conscio”, un surrealismo parallelo, senza guide e maestri.
Gli anni Cinquanta segnano un punto fondamentale nella vita professionale e personale di Guarienti. Nel 1950 partecipa all’Antibiennale manifestazione organizzata da Giorgio de Chirico in polemica con la Biennale di Venezia esponendo nella sede della Società Canottieri Bucintoro, pittori antimoderni. Mentre nel 1956 si trasferisce definitivamente a Roma, dove tutt’oggi vive e lavora. La città eterna ha testimoniato le varie fasi che l’artista ha sperimentato: realismo, metafisica, surrealismo, geometrismo.
Negli anni Sessanta prova una tecnica mutuata dallo strappo degli affreschi e basata sull’uso di intonaci scrostati, cretti, collage e di una resina sintetica mescolata a colore e sabbia. Susanna e i vecchioni (1965) è un opera che si presta bene come titolo esemplificativo di questo collaudo.
Nei primissimi anni Settanta realizza la serie Rebus, un incrocio tra Pop Art e Surrealismo. Mentre alla fine degli anni Settanta si avverte nel suo percorso una crescente attenzione alla struttura geometrica, l’oggetto perde la sua funzionalità, diventando solo un’apparenza. Le forme sono pure, bidimensionali o solide, organizzate in rigorosi spazi prospettici. La figura viene soppiantata da linee, numeri, segnali stradali, forse un richiamo alla contemporaneità. Ciò accade in alcuni quadri come I giorni felici e gli altri (1977) oppure Natura morta (1984).
Carlo Guarienti insegue le essenze della forme ed esprime la sua complessa curiosità anche nella produzione plastica, dove persegue una potente sintesi formale, tra modelli arcaici (etruschi e greco-romani) e suggestioni novecentesche (per esempio, Giacometti), e nell’arte incisoria. Pittura e scultura aspirano a raggiungere un’identità immateriale.
L’esposizione La realtà del sogno consente l’opportunità di conoscere l’attività e la visione di uno dei protagonisti dell’arte del Novecento, figlio di una cultura pittorica tradizionale, senza fare mistero di questo suo radicamento nel moderno.
Carlo Guarienti
La realtà del sogno
Ferrara, Castello Estense
29 ottobre 2022 – 22 gennaio 2023
Orari di apertura
Dalle 10.00 alle 18.00, chiuso il martedì