“Ciao Silvia! Sono Camilla.”
“Perdonami, credevo il tuo nome fosse Alice.”
“Tranquilla, si sbagliano tutti! 😂”
Quando ho contattato Camilla Mondini, fondatrice di una nuova start-up chiamata DiCiAlice che si occupa di Disturbi del comportamento alimentare sfruttando i vantaggi dell’Intelligenza Artificiale, pensavo si chiamasse Alice. Una volta chiarito il dubbio sul suo nome, ho avuto il piacere di parlare con una ragazza che dalla sua lotta non ha solo tratto grande insegnamento, ma ha deciso di aiutare chi sta vivendo un’esperienza delicata simile.
Ho sentito parlare di DiCiAlice dopo la tua conferenza stampa di presentazione, pochi mesi fa: di cosa si occupa in particolare?
Ci tengo prima di tutto a ringraziare di cuore chi ha reso possibile quella conferenza: l’assessore Alessandro Balboni è stato il primo ad ascoltare il mio progetto e a darmi voce. DiCiAlice è una start-up nata circa 4 mesi fa dai miei disturbi alimentari. Quando ho iniziato a trattare i DCA su Instagram ho capito che la divulgazione non era sufficiente. Per parlare a chi ha bisogno di dare una voce alla propria malattia mi serviva qualcosa di più concreto. Così è nata DiCiAlice, una piattaforma che usa l’Intelligenza Artificiale per fare matching tra pazienti e professionisti.
Come può l’IA aiutare chi è affetto dai DCA?
Insieme agli psicologici e nutrizionisti con cui collaboro stiamo ultimando un questionario di 100 domande mirate a capire il carattere della persona. Dopo che l’utente lo avrà compilato, verrà profilato e l’AI farà il matching con il professionista più adatto. Quest’ultimo userà la piattaforma anche per elaborare il trend di guarigione: aggiornando i dati del paziente potrà vedere se sta migliorando. Di fatto dopo aver ricevuto il questionario iniziano gli incontri video. La terapia online si può fare e lo abbiamo visto con il Covid.
DiCiAlice è appena nata e mi domandavo che riscontro hai avuto nel pubblico fino a ora…
Dopo solo un mese abbiamo già 50 pazienti, tutte donne dai 20 ai 40 anni, anche se ora l’età di esordio si è abbassata ai 12. Anoressia e bulimia sono per il 96% dei casi malattie femminili. Uno degli obiettivi di DiCiAlice è arrivare anche all’estero per raggiungere chiunque abbia bisogno di questo tipo di supporto, un aiuto su cui io purtroppo non ho potuto contare…
Io non ho ricevuto un appoggio dalla sanità, nemmeno dalle strutture private. Se in tutta Italia ci sono 144 cliniche, solo 88 di queste hanno figure professionali adeguate. Ho sofferto di anoressia e bulimia nervosa per 4 anni e, anche se ero sottopeso, non mi hanno ricoverata.
Come hai fatto a uscirne da sola?
La scrittura mi ha salvata. Quando ho iniziato a parlare alla mia malattia come se fosse un’altra persona, ho deciso di chiamarla Alice. Vedere la malattia come un’entità da combattere è stata la mia auto-terapia. Non ne avevo parlato neanche ai miei genitori: il mio è stato un percorso di guarigione in solitaria e non voglio che altre persone affrontino lo stesso.
Non riesco a immaginare cosa abbia passato Camilla, ma dalla sua voce stabile traspare tutta la sicurezza di chi ha saputo dire “basta”. Quest’elegante ragazza classe 2000 dai capelli lisci come la seta sta vivendo la sua rivincita contro una malattia che le ha rubato tempo, ma non la vita.
Durante la presentazione del progetto hai detto che “le malattie mentali sono così personali che non è possibile standardizzare i trattamenti”, ma oggi la sanità tende a inserire protocolli di ogni tipo…
Sì, questa frase vorrei urlarla! Non è possibile che con ragazze affette da disturbi diversi venga usato lo stesso trattamento. Purtroppo, come nel mio caso, molti medici fanno la prova dell’Indice di Massa Corporea: per essere sottopeso devi avere un valore tra il 16,5 e il 18,4, ma spesso non vieni curato nemmeno se il tuo BMI è 14. Con DiCiAlice scaviamo più a fondo, cercando di capire che vita fa la persona che si rivolge a noi, che trascorsi ha e come possiamo aiutarla concretamente.
Anoressia e bulimia sono oggi piuttosto conosciute: ci sono nuovi disturbi alimentari a cui fare attenzione?
C’è il binge eating, caratterizzato da abbuffate incontrollate senza metodi di compensazione, tipici invece di alcune fasi della bulimia. Chi ne è affetto tende infatti a eliminare ciò che ingerisce tramite vomito autoindotto e lassativi. Al momento abbiamo tanti casi di anoressia, ma ci sono molti altri disturbi dell’alimentazione di cui non si sente parlare, come l’ortoressia (“l’ossessione del mangiare sano”, ndr), la vigoressia (“il desiderio di avere un corpo sempre più muscoloso”, ndr) e l’alcoressia (“la deprivazione alimentare accompagnata dall’assunzione di notevoli quantità di alcolici”, ndr).
In questi giorni ho letto una tua frase che mi ha sconvolta: diceva che sei arrivata a tagliarti i capelli sulla bilancia per pesare di meno… Come ti sei accorta di avere un problema?
Non me ne sono accorta. Quando mi tagliavo i capelli per me era tutto normale, quando però sono dimagrita al punto da non stare più in piedi, è stato lampante. Sapevo che qualcosa in me non andava, ma non volevo guarire. Mi piacevo così, magrissima: nella mia testa era più importante essere magra che guarire. Con la bulimia è stata molto più devastante: con i metodi di compensazione non elimini solo il cibo, ma crei degli squilibri elettrolitici che possono causare l’infarto. Quando dopo gli esami del sangue il medico mi ha detto “se non la smetti tra poco ti viene un infarto”, ho pensato “non voglio morire”. Da lì ho iniziato un percorso fatto di montagne russe. Ho avuto episodi sporadici di abbuffate anche quando sono guarita… capita se si attraversano momenti di down ed è facile ricaderci.
Hai ricordo di un motivo o momento specifico che ha dato il via ai tuoi disturbi alimentari?
Sì, credo che nella nostra società ci siano dei canoni imposti che influiscono sulla salute mentale della persona. Non so se ti capita mai di uscire a cena e sentire un’amica dire “stasera pizza, ma domani detox” o qualcuno che ti fa notare quanto mangi. Frasi simili hanno un grande impatto su chi è più debole e influenzabile.
Ora che sei guarita come ti rivedi in quei 4 anni?
Mi reputo guarita, ma quando vivo periodi di stress e ansia intensi, la mia mente torna lì. Il rapporto con il cibo non sarà mai più sereno come prima della malattia, ma si impara a gestirlo. Mi dispiace che una malattia del genere mi abbia rubato 4 anni di vita, un lungo periodo in cui non riuscivo a studiare, contavo le calorie e allontanavo le persone. Se dovessi parlare con la Camilla di 4 anni fa le tirerei uno sberlone e le direi di chiedere aiuto prima.
Hai un augurio da fare a chi ha vissuto o vive un’esperienza simile alla tua?
L’augurio più grande è un invito a non essere così duri con se stessi, a non massacrarsi se il percorso non è lineare, a chiedere aiuto e non fermarsi al primo ostacolo, come davanti a un medico che ti dice “non sei abbastanza grave per essere curato”. So che non sembra, ma c’è sempre qualcuno pronto ad ascoltarti.
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INFO
Sito web DiCiAlice: https://www.dicialice.it/