Prima di rispondere, qualche esperto cinefilo potrebbe ricordare il titolo di un film collettivo di tre episodi indipendenti in cui, a parer mio il più divertente, Alberto Sordi nei panni di Remo, un fruttivendolo romano, si avventura in un viaggio culturale organizzato dai figli insieme alla compagna Augusta. Partiti affranti all’idea di doversi trascinare da un museo all’altro e non poter mettere nulla sotto i denti per via della ferrea dieta che stanno seguendo, finiscono per abbuffarsi e annegare ogni dispiacere. E noi, parlando di vacanze, dopo due anni di astinenza forzata possiamo finalmente tornare a farcela, questa benedetta domanda: “dove vai in vacanza?”
Che sia Rio o che sia Bombay, che sia Tokyo o che sia Orosei, che sia Lima o Katmandù, assaggiamo tutto, per carità, ma alla fine è meglio il ragù! Scherzi a parte, anche il cibo è cultura e, per conoscere al meglio il paese che ci ospita, a parer mio è fondamentale assaggiarne la cucina.
Com’era? “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”, forse?
Ma torniamo a noi. Io quest’anno farò il giro dei Balcani, partendo da Fiume per arrivare a Meteora e coglierò l’occasione per migliorare le mie capacità culinarie prendendo parte ad una cooking class a Tirana. Siamo tutti d’accordo sul fatto che viaggiare apra la mente, dia la visione, e che in definitiva aiuti a dare il giusto peso alle cose e che sia in grado di offrirti una chiave di lettura nuova e stimolante? Io ne sono fermamente convinta. E credo anche che stare a tavola insieme ci renda tutti uguali e che sia il modo migliore per strappare un sorriso anche al più musone. Lo diceva anche Maometto: “non dirmi quanto sei educato e colto, dimmi quanto hai viaggiato”. Mica brustoline!
Credo anche che la cultura culinaria di un paese non si risolva nel mero fatto di assaggiarne la specialità più sdoganata, ma che sia invece il contesto, il rito della preparazione, l’accoglienza e il calore che il posto in cui mangi riesce ad esprimere. Condivisione, cura, persone. Perché un piatto elaborato, stellato, con ingredienti ricercati, servito in sale magnifiche e tutti i crismi del caso, sarà senz’altro eccezionale – e non lo disdegno affatto – ma il cuore si scalda quando, come qualche anno fa mi è successo in Marocco, ti è offerto un ‘semplice’ tajine da una famiglia di pastori. La loro gioia nell’accoglierci, l’orgoglio nello spiegarci quante ore avesse cotto la pietanza, il fatto che la tajine fosse stata prodotta a mano da una cugina: sono questi gli ingredienti giusti per la felicità?
E se anche voi, come me, apprezzate questo tipo di situazione, vi propongo alcune ricette che, oltre ad essere buone, sono arrivate in viaggio durante serate speciali, rese tali da persone altrettanto speciali, in grado di rendere uniche anche le ricette più semplici. Buon viaggio a tutti!
Tajine di pollo all’albicocca (Marocco)
Dosi per due persone (Tajine Staub):
2 cosce di pollo
tre albicocche
coriandolo qb
300 ml di brodo vegetale
ras el hanout qb
una cipolla
2 spicchi di aglio
uva sultanina
olive verdi
Nella tajine ponete un filo d’olio e iniziate a rosolare il pollo, dalla parte della pelle. Togliete il pollo e, sempre nella tajine, aggiungete un nuovo filo d’olio e rosolate aglio, la cipolla tagliata grossolanamente, il ras el hanout (una miscela di spezie marocchine per il tajine). Reinserite il pollo, aggiungete il brodo e chiudete la tajine con il suo coperchio.
Dopo 25 venti minuti, aggiungere le albicocche tagliate a metà e private del nocciolo, l’uva sultanina e le olive verdi.
Lasciate cuocere altri 20 minuti e servite con coriandolo fresco.
Felafel (Palestina)
ceci secchi 500 grammi
una cipolla
cumino qb
olio di semi di mais per friggere
sale pepe qb
prezzemolo qb
Iniziate il giorno prima, lasciando in ammollo i ceci secchi per almeno 12 ore. Non usate i ceci in scatola, già cotti: la ricetta non verrà, perché i vostri felafel si sbricioleranno in cottura.
Scolate i ceci e poneteli in una teglia, lasciate asciugare almeno 1 ora. Accendete il forno a 150 gradi in modalità ventilato e mettete i ceci ad asciugare ulteriormente per 7-8 minuti. Lasciate riposare 1 ora.
Ponete i ceci, la cipolla tagliata grossolanamente, sale, pepe, cumino in un mixer e frullate il composto. Aggiungete il prezzemolo tritato finemente (non fatelo nel mixer, rischiate che il composto si bagni), e lasciate riposare il composto in frigorifero, disteso in una teglia, ben pareggiato.
Con l’apposito strumento, che potete trovare anche online, formate i vostri felafel, friggendoli in olio che non deve mai superare i 175 gradi. Oltre tale temperatura, i felafel si sbricioleranno.
Serviteli con hummus oppure, come ho fatto io, con la salsa tzaziki che preparerete mescolando Yogurt greco, olio, sale, pepe, aneto fresco tritato e aglio in polvere; aggiungete il cetriolo grattuggiato, ben strizzato dalla sua acqua di vegetazione e mescolate, fino ad ottenere la salsa.
Pasteis de bacalhau (Portogallo)
300 grammi di baccalà
400 grammi patate
prezzemolo
2 uova
pan grattato per impanare
olio di semi di mais per friggere
Fatevi preparare dal vostro pescivendolo il baccalà già ammollato. Pulite il pesce e ricavate dei filetti. Mettete le patate, precedentemente sbucciate, a bollire in una casseruola e schiacciatele fino ad ottenere una crema.
Aggiungete alle patate il baccalà ben strizzato, sale, pepe, prezzemolo tritato e le uova e impastate tutto il composto. Con le mani bagnate, formate delle polpette a forma di crocchetta. Preparatevi ora friggere: impanate la crocchetta prima nella farina, poi nell’uovo ed infine nel pan grattato.
Friggete poi in olio di semi di mais a 175 gradi, scolare ed asciugare. Servire con un pizzico di sale.
Spaghetti torchio alla norma (Sicilia)
400 grammi di farina 00
4 uova
4 melanzane
Basilico qb
4 pomodori sammarzano
Olio di oliva
Sale e pepe qb
Ricotta salata
Preparate la pasta all’uovo: in una spianatoia formate la fontana e aggiungete le uova. Mescolate e impastate fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Lasciate riposare la pasta 45 minuti in frigorifero. Con l’apposito torchio, preparate gli spaghetti e lasciateli riposare.
Dedicatevi alle melanzane: tagliatele a rondelle, salate con sale grosso e lasciatele all’interno di uno scolapasta, con un peso sopra. Lasciate sgocciolare le melanzane dall’acqua di vegetazione, che conferisce l’amaro.
Asciugate bene le melanzane dall’acqua e dal sale. Tagliatele a piccoli dadini e friggetele in abbondante olio di oliva. Quando saranno belle dorate, toglietele e lasciatele asciugare, salando e aggiungendo alcune foglie di basilico a dare un po’ di profumo.
Preparate la salsa di pomodoro: in una pentola di acqua bollente aggiungete i pomodori, che avrete precedentemente inciso nella pelle con una X. Lasciate andare i pomodori per circa 10 minuti, scolateli e metteteli in acqua e ghiaccio. La pelle avrà cominciato a venire via da sola. Pelate i pomodori e fateli a pezzettoni, e poneteli in una padella con aglio, olio, sale, pepe e basilico. Lasciate andare la salsa a fuoco basso, fino a farla “pippitare”.
Cuocente in acqua salata gli spaghetti; appena sono pronti, scolateli e li fate mantecare nella salsa con un po’ di acqua di cottura, aggiungendo le melanzane fritte. Servite con abbondante ricotta salata e basilico fresco.