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SPINA 100 – Dal mito alla scoperta è una mostra temporanea allestita nello storico Palazzo Bellini a Comacchio in occasione del centenario dei ritrovamenti archeologici sulla città etrusca di Spina. È stata inaugurata mercoledì primo giugno ed è visibile fino a domenica 16 ottobre 2022.
QUALCHE CENNO STORICO
Spina, sorse sulla sponda destra dell’Eridano, l’antico corso del Po, attorno alla metà del VI secolo a.C. e data la posizione strategica, divenne ben presto il porto privilegiato di Atene nel nord Adriatico, assumendo il controllo dei traffici economici verso l’intera Pianura Padana. La città iniziò il suo declino verso la fine del IV secolo a.C. e i continui mutamenti naturalistici del territorio contribuirono a cancellare per sempre le tracce dell’insediamento etrusco.
Nel 1922, durante alcune opere di bonifica nella zona valliva di Comacchio, più precisamente in Valle Trebba, venne rinvenuta la prima tomba della necropoli.
Da quel momento si diede inizio a una serie di scavi, che portarono alla scoperta di oltre quattromila tombe e numerose ceramiche attiche, che culminò con il ritrovamento dell’abitato di Spina nel 1956, ad oggi ancora oggetto di studi e indagini.
Dal mito alla scoperta
La mostra, divisa in sei sale, è pensata per accogliere i visitatori e inserirli totalmente nel contesto storico di riferimento, esponendo e raccontando cronologicamente la nascita, lo sviluppo e il declino della città di Spina.
Appena entrati nella prima sala, ci si immerge subito nello scenario che si andrà a scoprire: una stanza rotonda, totalmente buia e illuminata solo da un grande schermo, in cui viene proiettato un video, ricostruito in grafica 3D da Teseo Editore, che mostra com’era al tempo l’abitato di Spina, le valli, i canali che passavano attorno alle abitazioni, la disposizione strategica e funzionale degli ambienti, ma soprattutto della zona in cui è sorta la cittadina, il tutto intervallato da piccole descrizioni esplicative.
Un altro piccolo punto di luce è quello focalizzato sulle immagini che mostrano come la costa si è rapidamente modificata nel corso dei secoli, motivo per il quale Spina è stata riscoperta solo nel momento delle bonifiche alle valli, che si sono create man mano che il mare erodeva il terreno, e i canali, che prima facevano da collegamento con l’entroterra, scomparivano.
La seconda sala ci porta agli albori delle scoperte nelle terre vallive di Comacchio con l’esposizione di alcune statuette votive in bronzo in stile ellenico, un legame forte che Spina aveva con la popolazione greca, definita dalla stessa polis hellenis (città greca), uno status che le consentì di detenere un thesauros (un tesoro votivo) nel santuario di Apollo a Delfi.
Spostandosi nella terza sala si viene accolti da una rappresentazione in scala del sito in cui sono avvenuti i primi scavi, che mostra la stratificazione della terra e i vari livelli del terreno in cui sono stati ritrovati i reperti esposti, che fanno parte principalmente di corredi funebri.
La terra fangosa di palude e il rapido cambiamento naturale han fatto si che la città di Spina venisse letteralmente inghiottita e cancellata, ma la ricerca dell’esatta posizione di quella che fu uno snodo fondamentale dell’antichità tra Oriente e Occidente cominciò ad appassionare topografi, geografi, storici e letterati.
Le ipotesi di ubicazione esatta della città erano due: la prima di Giovanni Boccaccio, che tra il 1360 e il 1363, riaccese l’interesse per la ricerca della città perduta, ubicandola sul Po di Argenta, idea rimasta poi fino all’Ottocento, data anche l’impossibilità di indagine in un territorio lagunare difficile; la seconda che identificò in Valle Trebba il sito della città di Spina, poiché da vecchie ricerche sull’antica Comacchio, Filippo Rodi, nel XVI secolo la definì Baro dell’Oro per i preziosi ritrovamenti.
Nella quarta sala possiamo ammirare quattro corredi funerari, differenti per tipologia di sepoltura e dote: il primo, risalente al 490-475 a.C, comprende una grande anfora attica in cui vi erano deposte le ceneri, secondo un rituale aristocratico, e il corredo funerario disposto quasi completamente all’esterno dell’anfora, importato da Atene; nel secondo, del 450-400 a.C, il corpo era disteso e lungo il fianco destro erano posizionate offerte e corredo, nel quale spiccano anfore per la preparazione del vino, candelabri, dadi e la kreagra, opera dei più affermati ceramografi ateniesi del periodo e chiaro segno dell’adesione del defunto al modello greco, anche per la presenza dell’anfora panatenaica; nel terzo, datato 400-350 a.C, il defunto indossava un diadema d’oro – dallo stile si pensa fosse di origine celtica – ed era disposto in una cassa di legno, il corredo disposto lungo il fianco destro, un’anfora vinaria vicino al capo e ai piedi un cratere a figure rosse raffigurante Dioniso tra satiri e menadi e Meleagro e la caccia al cinghiale calidonio.
Nel quarto ed ultimo corredo, risalente al 350-300 a.C, troviamo le ceneri del defunto all’interno di un piccolo pozzo scavato nella sabbia e i doni disposti tutt’attorno all’esterno, un rituale totalmente diverso da quelli del V secolo a.C, segno di cambiamento non solo per la tradizione, ma anche dal punto di vista commerciale: diminuiscono infatti i vasi d’importazione greca che vengono sostituiti con quelli di origine italica meridionale e di Volterra, come il particolarissimo aksòs a forma di anatra, splendidamente conservato.
Questi corredi sono la fotografia storica delle diverse fasi della città di Spina: dopo la fondazione, avvenuta attorno al 530-520 a.C secondo un preciso rito di carattere religioso, si passa a quelle di apice e di stabilità, con una cittadina affacciata sul mare crocevia di scambi tra la pianura, disseminata di fiumi e canali, e le terre che si affacciavano sul Mediterraneo, per giungere alla fase di popolazione, fino all’abbandono del sito da parte della stessa.
Nella quinta sala troviamo la parte simposiale della città, con diverse anfore e crateri d’importazione attica, adornati da immagini che evocano il mondo religioso e mitico di Atene, ben conosciuto dagli abitanti di Spina, e strumenti in bronzo conservati alla perfezione.
Durante le occasioni conviviali infatti, si era soliti intrattenersi con saghe e miti ellenici, utilizzando vasellame adatto al consumo del vino, realizzato con tutta probabilità grazie ai vitigni locali e pasteggiando con legumi, frutta, ortaggi, carne, soprattutto suina, e pesce.
Nella sesta e ultima sala oltre a diversi reperti recuperati durante gli scavi, troviamo un grande schermo sul quale vengono proiettate in ordine cronologico le operazioni che si sono susseguite fino ad oggi, tra studi, ricerche, scoperte ed eventi, per esibire e valorizzare il patrimonio in nostro possesso.
Le date di maggiore impatto sono sicuramente quelle legate alla prima mostra archeologica del 1989, avvenuta a Palazzo Bellini, all’inaugurazione del Museo della Nave Romana di Comacchio del 2001, alla candidatura, nel 2016, a Capitale Italiana della Cultura 2018, legata proprio alla grande offerta culturale che ha Comacchio, all’inaugurazione del Museo del Delta Antico nel 2017, al progetto VALUE con capofila proprio il Comune di Comacchio nel 2019 e tante altre che ci portano fino al 2022 con il centenario della scoperta di Spina e la mostra dedicata e all’apertura del museo Open Air di Stazione Foce in programma per il prossimo 25 giugno. Tutte queste scoperte hanno aumentato il valore, il lustro e l’importanza che le terre comacchiesi già possedevano e che a oggi conservano tesori non ancora scoperti in attesa di esser portati alla luce dagli archeologi nei prossimi anni.
Una mostra meravigliosa, interessante e avvolgente, dove poter ammirare nel suo insieme alcuni dei migliori e significanti reperti archeologici della città etrusca di Spina, di norma esposti in parte al Museo del Delta Antico di Comacchio e in parte al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara.
Una cosa mi ha emozionato tantissimo e mi rimarrà nel cuore: il racconto di Rachele, una ragazza di Porto Garibaldi che, in attesa di entrare alla mostra, mi ha mostrato con orgoglio la foto del nonno, che ha partecipato in prima persona agli scavi e toccato con mano quei tesori arrivati a noi quasi per caso, ora custoditi sapientemente per non disperdersi mai più.
Sarebbe bello che restasse tutto a Comacchio, dove la storia è iniziata.
INFO
La mostra Spina 100 è aperta dal 1 giugno al 30 giugno e dal 1 settembre al 16 ottobre: dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13:00 dalle 15:00 alle 18.30. Sabato e domenica orario continuato dalle 9.30 alle 18.30. Dal 1 luglio al 31 agosto: tutti i giorni orario continuato dalle 9.30 alle 18.30.
Aperture straordinarie
Tutti i venerdì sera nei mesi di luglio e agosto dalle ore 21.00 alle ore 23.30
1 luglio, in occasione della Notte Rosa, dalle ore 21.00 alle ore 24.00
13 agosto, S. Cassiamo Patrono della città, dalle ore 21.00 alle ore 23.30
23 agosto Anteprima Ferrara Buskers Festival dalle ore 21.00 alle 23.30