Sarebbe piaciuta molto a Franco Farina (indimenticato direttore di Palazzo dei Diamanti dal 1963 al 1993) la mostra collettiva di artisti ferraresi che rende omaggio al cinema di Michelangelo Antonioni. Lui che volle il Padiglione di Arte Contemporanea luogo di sperimentazione ma anche spazio aperto alla valorizzazione degli artisti ferraresi, avrebbe guardato con molta attenzione e un pizzico di curiosità al lungo elenco di nomi che abbracciano almeno tre generazioni ed espongono da oggi in questo luogo a lui caro. Come un vero e proprio talent scout avrebbe passato in rassegna in silenzio l’intera esposizione, rimbrottando bonariamente quelli della sua generazione meno in forma di altre volte o lodandone invece un’opera ben riuscita. Avrebbe chiesto con garbo informazioni sugli artisti più giovani, per conoscerne la storia e la tecnica, magari alla compagna di una vita Lola, che la malattia sta tenendo da qualche tempo lontana dall’arte e dalla città cui ha dato tantissimo.
La città del silenzio – Artisti ferraresi per Antonioni è una mostra che preclude alla trasformazione del PAC nel futuro Spazio Antonioni, luogo dedicato allo studio, all’approfondimento e alla ricerca sull’opera del regista ferrarese, per tramandarne memoria soprattutto ai più giovani. Curata da Andrea Forlani, Tiziana Giuberti, Stefano Tassi e Paolo Volta ed organizzata dal Comune di Ferrara e dalla Fondazione Ferrara Arte, l’esposizione sarà visitabile appena per un mese dal 10 giugno al 10 luglio 2022. Un vero peccato cada fuori dai calendari scolastici per quanto rappresenti uno spaccato dell’arte ferrarese oggi, una fotografia – mi si conceda il gioco di parole – di un mondo artistico in grande fermento e in divenire, da studiare e far conoscere.
La mostra è stata pensata in occasione dei centodieci anni dalla nascita a Ferrara di Antonioni, nel 1912, e ha raccolto l’adesione di ben sessantadue artisti di diverse generazioni, tutti attivi nel territorio ferrarese. Il titolo allude alla prima de Le città del silenzio, così come Gabriele D’Annunzio chiamò proprio Ferrara, a suo modo indicando una condizione che proprio Antonioni avrebbe declinato verso “l’incomunicabilità”.
Tema conosciutissimo e da sempre immediatamente associato all’opera di Antonioni quello dell’incomunicabilità, declinato nei modi più disparati dagli artisti in parete. C’è chi ne ha fatto una scultura rigorosa e geometrica, rotante, che si erge a barriera tra le persone, come nell’affascinante opera di Amir Sharifpour, o chi ne ha trascritto a parole la sua incomprensibilità, come ha fatto nero su bianco la piccola opera – ma non per questo meno densa e carica di significato – di Terry May.
Alcuni hanno trovato motivo ispiratore nella forma e nello stile del suo cinema, riproducendone scorci, inquadrature, volti ed espressioni ormai entrate nel mito, come nel sofisticato omaggio di Daniele Zappi a Deserto Rosso, o nello straordinario acquerello “soffiato” di Paola Bonora, dove la sedia del regista guarda allo sconfinato Maryon Park di Blow Up.
Non solo pittura naturalmente: tra le opere in mostra trovano spazio la scultura, come quella misteriosissima e quasi esoterica di Maurizio Bonora, la fotografia, come nei lavori di Gianluca Galletti o Flavia Franceschini, video, come quelli che documentano le performance di Elisa Mucchi o Ivan Lupi. Per non dire delle installazioni, come la cinepresa di Uli o il set in miniatura di Matteo Farolfi, in dialogo con con la maxi firma di Antonioni e un dialogo tratto dal suo ultimo film. Ogni lavoro, dal più classico al più sperimentale, denota continuità e persistenza della visione di Antonioni, da sempre così profondamente segnata dal ricordo di Ferrara.
La mostra ha dunque un duplice percorso di lettura che la rende doppiamente interessante: studiare le tematiche del cinema di Antonioni e il dialogo con la città di Ferrara, con le sue nebbie e il suo silenzio interlocutorio, da un lato. Riconoscere stili, epoche, tecniche e generazioni di questa ritrovata “officina ferrarese”, nel più grande Who’s who mai visto prima, dall’altro. L’impresa di trovare un tema, chiamare a raccolta persone abituate a lavorare da sole o in piccoli gruppi e metterle insieme per raccontare la contemporaneità rendendo omaggio ad un illustre concittadino è uno sforzo che merita un grande plauso per la riuscita. Un evento nel suo piccolo epocale, come epocale è la foto qui sotto che ritrae vecchie e nuove leve insieme sorridenti, come pure lo sono negli scatti di Andrea Forlani che documentano la passione e l’impegno durante le fasi dell’allestimento.
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I 62 artisti in mostra: Alo (Carlo Andreoli); Lidia Bagnoli; Nedda Bonini; Maurizio Bonora; Paola Bonora; Riccardo Bottazzi; Daniela Carletti; Silvano Cavicchi; Daniele Cestari; Gianni Cestari; Giuseppe Cestari; Renzo Crociara; Marcello Darbo; Sara Dell’Onze; Matteo Farolfi; Giorgio Felloni; Massimo Festi; Andrea Forlani; Osvaldo Forno; Flavia Franceschini; Riccardo Furini; Gianluca Galletti; Alen Grassi; Claudio Gualandi; Gianni Guidi; Isabella Guidi; Alberto Lunghini; Ivan Lupi; Miria Malandri; Guido Marchesi; Terry May; Enzo Minarelli; Lorenzo Montanari; Samuel Moretti; Elisa Mucchi; Matteo Nannini; Nicola Nannini; Michelangelo Neri; Paolo Pallara; Enrico Pambianchi; Eros Pandolfi; Marco Pellizzola; Renzo Piccoli; Alfredo Pini; Michele Rio; Daniele Romagnoli; Lorenzo Romani; Sima Shafti; Amir Sharifpour; Emanuele Taglietti; Stefano Tassi; Giuseppe Tassinari; Giuliano Trombini; Vito Tumiati; Uli (Fulvio Balboni); Paolo Volta; Laura Zampini; Luca Zampini; Luigi Zampini; Sergio Zanni; Daniele Zappi; Sebastiano Zuccatelli.
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INFO
La citta del silenzio. Artisti ferraresi per Antonioni
10 giugno – 10 luglio 2022
Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara – Corso Porta Mare, 5