Con il progetto VALUE nel Delta del Po, alla scoperta delle nostre radici tra Adria e Comacchio
Sabato, 5 Aprile 2025 - 64 anni fa nasceva Anna Caterina Antonacci, soprano

Con il progetto VALUE nel Delta del Po, alla scoperta delle nostre radici tra Adria e Comacchio

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Siamo stati invitati a partecipare al press tour organizzato da Made Eventi Ferrara in occasione dell’Archeo Delta Festival, che si è tenuto da venerdì 27 a domenica 29 maggio: una tre giorni di eventi, rassegne stampa, laboratori e tour guidati all’insegna dell’archeologia nei 4 siti pilota del progetto VALUE che si trovano su sponda italiana.

Facciamo però un passo indietro: il progetto VALUE – Environmental and cultural heritage development è un progetto transnazionale co-finanziato dall’Unione Europea tramite il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Capofila del progetto è il Comune di Comacchio (e non è la prima volta che il comacchiese è protagonista di una cordata internazionale, vi ricordate il progetto di salvaguardia delle anguille?) con la partecipazione delle regioni Veneto ed Emilia Romagna, dell’agenzia Delta 2000 e delle città croate di Kastela, Korcula e Cres.

L’obiettivo di VALUE è creare e avviare un nuovo modello di sviluppo del turismo culturale, scientifico e produttivo: gli attori in campo vogliono collegare le aree transfrontaliere in modo da rafforzarne la visibilità e la competitività a livello internazionale, e vogliono farlo attraverso la valorizzazione del patrimonio archeologico esistente, promuovendo prodotti e servizi di carattere culturale e puntando alla destagionalizzazione dei flussi turistici. A noi è sembrato subito interessante e abbiamo aderito, così siamo partiti per un tour lungo una giornata intera.

Zaino in spalla, nella giornata di mercoledì 25 maggio abbiamo ripercorso le tappe italiane del progetto partendo dal Museo Archeologico Nazionale di Adria, dove sono conservati moltissimi reperti archeologici di epoca preromana e romana, scoperti nei dintorni della città di Adria il cui nome è direttamente legato al Mar Adriatico.

la tomba della biga

Abbiamo passeggiato tra le epoche storiche in perfetto ordine cronologico, seguendo il susseguirsi di cambiamenti e rivoluzioni che hanno caratterizzato la storia del territorio del Delta del Po: reperti delle ceramiche attiche, rinvenimenti in ambra e pasta vitrea dalle necropoli arcaiche ed ellenistiche, gioielli etruschi in oro e argento, e la ‘Tomba della Biga’ del III secolo a.C, che comprende un carro deposto con la sua pariglia di cavalli e con un terzo cavallo, da sella, al seguito.

A rubare la scena c’è però la vetrina dei vetri soffiati di epoca romana, valorizzati dai colori e dalle luci dell’installazione che la fanno spiccare al centro della sala: al suo interno sono collocati balsamari, vasi cerimoniali e coppe in vetro murrino.

la vetrina di vetri soffiati di epoca romana

La nostra escursione continua poi a San Basilio di Ariano, un avamposto situato lungo la Via Popilia, la strada che collega Ravenna ad Adria, di importanza strategica per le così dette “strade liquide”, ovvero i fiumi e gli affluenti del Po che attraversano queste terre e che hanno permesso intensi scambi commerciali tra il Mar Mediterraneo e l’entroterra padano.

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Qui troviamo la stazione archeologica, che conserva le tracce di un grande edificio di epoca romana e di un complesso paleocristiano. Visitiamo anche il Centro Turistico Culturale e finiamo la nostra visita presso la Chiesetta Romanica che vi sorge a lato e tutt’ora utilizzata per le funzioni religiose.

Ci spostiamo verso l’Abbazia di Pomposa, che si trova nel Comune di Codigoro, la nostra terza tappa: un enorme complesso religioso che ancora oggi ospita una piccola congrega di frati benedettini.

L’Abbazia di Pomposa risale al IX secolo ed è una delle abbazie più importanti del nord Italia, punto d’incontro e di ristoro situato poco all’interno rispetto alla costa adriatica e bagnata dalle acque del fiume Po. Partiamo dal loggiato del monastero e attraversiamo il giardino per dirigerci al Refettorio, le cui pareti dipinte riportano allo stile di Giotto, che in quel periodo si trovava nella vicina Rimini e che favorì la nascita di un movimento artistico in suo onore, ispirando i maestri d’arte che arricchirono questi luoghi.

Visitiamo in seguito l’Aula Capitolare, adornata con il medesimo stile e infine la Basilica, parzialmente in fase di restauro, che ci accoglie in tutta la sua maestosa bellezza, con le sue pareti affrescate, i mosaici, la struttura in pietra rossa, tutto perfettamente conservato.

Forse tanti non lo sanno, ma l’Abbazia di Pomposa diede i natali a Guido Monaco di Pomposa, celebre inventore delle note musicali che ancora oggi noi utilizziamo: i suoi metodi d’insegnamento vennero però ritenuti troppo “moderni” da quanti non accettavano la rivoluzione musicale da lui stesso messa in atto, e per questo venne esiliato nella cittadina toscana di Arezzo – ecco il motivo per cui è conosciuto anche con il nome di Guido Monaco di Arezzo.

Dopo un breve ristoro raggiungiamo Comacchio e ci rechiamo nel cuore delle Valli, a Stazione Foce, dove grazie al progetto VALUE è stato possibile ricostruire un museo archeologico open air: grazie alle indagini e agli studi svolti nei siti archeologici limitrofi sono state realizzate due fedelissime ricostruzioni di abitazioni dell’antica Spina con materiali, planimetria e struttura in scala reale. Al momento è possibile visitare le abitazioni solo esternamente, ma da fine giugno verranno aperte le porte delle strutture ricreate per vederne gli interni e la disposizione degli ambienti.

Ritorniamo verso il centro della cittadina lagunare e andiamo in visita al Museo del Delta Antico: sorto all’interno del vecchio Ospedale degli Infermi – utilizzato come nosocomio fino agli anni ’70 – è stato trasformato in un polo museale all’avanguardia a partire dal 2017, con installazioni multimediali, laboratori e una totale immersione, sia visiva che sensoriale, dello spettatore nella storia che vi è conservata al suo interno.

Il museo si divide in quattro sezioni tematiche: la prima è dedicata a Spina come zona commerciale e multiculturale e raccoglie diverse tipologie di reperti dati dal baratto (Spina infatti non ebbe mai una propria moneta); la seconda è denominata “Un territorio senza città” poiché Roma, dopo aver sconfitto i Galli Boi e Lingoni, estese il proprio dominio sul Delta del Po trasformando la zona in una colonia, le cui terre vennero distribuite ai veterani dell’esercito e della flotta militare di stanza a Ravenna. Dopo il declino della città etrusca di Spina non si sviluppò nel territorio nessun vero e proprio centro urbano.

La terza sezione tematica – e, secondo chi scrive, la più suggestiva – è dedicata al carico della Fortuna Maris, la famosa nave romana rinvenuta negli anni ’80 nel bacino di Valle Ponti durante il dragaggio di un canale. La nave commerciale è naufragata con ogni probabilità tra il 19 e il 12 a.C. ed è stata ritrovata con ancora gran parte del carico a bordo: l’ambiente privo di ossigeno in cui è rimasta per secoli ha permesso che gli oggetti in legno, cuoio e fibre vegetali si mantenessero in buone condizioni. Nel carico vennero rinvenuti anche lingotti di piombo spagnolo, anfore contenti vino o olio dalla costa adriatica, ceramiche, legname, carne, profumi, piccoli oggetti di devozione e la sua ancora. No, purtroppo la nave non è possibile vederla dal vivo, almeno per il momento: rimane conservata in una particolare sostanza chimica che le consente di non deteriorarsi.

La quarta e ultima sezione tematica è chiamata “Comacchio, emporio sulla sabbia” ed è dedicata alla nascita della città: Comacchio è menzionata per la prima volta in un documento databile al 715 (o al 730) d.C., conosciuto con il nome di Capitolare di Liutprando, che stabilisce i rapporti tra i Longobardi e gli abitanti di un nuovo centro, Comacchio appunto, per regolare i commerci lungo il Po e i suoi affluenti.

Terminiamo la giornata con la conferenza stampa tenutasi a Palazzo Bellini, nella quale sono intervenuti Roberto Cantagalli, dirigente al turismo del Comune di Comacchio, Lorenzo Marchesini, presidente di Delta 2000, e l’archeologo Marco Bruni. I relatori hanno auspicato una buona riuscita e un interessamento a largo spettro verso quello che potrebbe sembrare un argomento ostico, l’importanza dei siti archeologici, ma che visto in chiave rinnovata, smart, inclusiva e multimediale, può far avvicinare anche quella parte di pubblico rimasta restia a questo tipo attività. La domanda più gettonata dalla platea però rimane sempre questa: “Quando vedremo la nave romana dal vivo?”. “Ancora qualche sforzo e la mostreremo”, ci rispondono. Noi ci crediamo!

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