Si diceva che dovesse nascere una biblioteca di quartiere, ma io la pensavo diversamente: questa poteva essere la prima biblioteca moderna della città.
marco chiarini, primo bibliotecario e direttore fino al 2009
La particolarità delle biblioteche è quella di essere un luogo fisso in una comunità che cambia, cresce, muta. Vent’anni di biblioteca Bassani ad esempio sono vent’anni di un quartiere, quello del Barco, che è cambiato. Sono vent’anni di bambini che vi hanno trovato una delle prime sezioni dedicate interamente ai più piccoli e che ora magari sono genitori. Sono vent’anni per persone che l’hanno progettata e che ora sono in pensione, come Marco Chiarini, primo bibliotecario quando in quel quartiere (siamo negli anni Settanta) la biblioteca era solo una saletta in un altro spazio ormai dimenticato, a margine della sala consiliare del consiglio di quartiere, un organo che oggi nemmeno esiste più.
Dopo un ventennio di traslochi, accorpamenti, ripensamenti e diversi luoghi di transizione, il 4 maggio 2002 viene inaugurata l’attuale Bassani.
“Ricordo perfettamente l’inaugurazione come un evento importantissimo per la città: si andava a riqualificare un’area che in quel momento era un pò difficile, il quartiere Barco, la stessa Pontelagoscuro, un’area complessa e vicina anche al polo chimico, al confine con il Veneto. Chi si occupò del progetto prese a modello i canoni delle biblioteche del Nord Europa: se noi guardiamo alle vetrate, all’organizzazione quasi integralmente disposta su un unico piano terra, questo patio interno, la corte, la sala multimediale che per l’epoca era innovativa, l’auditorium: era ed è ancora un progetto innovativo”.
A parlare è Mirna Bonazza, responsabile delle biblioteche di Ferrara, che ricorda bene l’inaugurazione: “l’idea di un progetto così moderno in quell’area è stata una scelta illuminante. Curioso come l’anno successivo si celebrarono i 250 anni della biblioteca Ariostea e c’era questo incredibile confronto tra un luogo nuovo e innovativo, come la Bassani e l’Ariostea, con la sua storia e i suoi luoghi antichi.”
Ci anticipa che nei prossimi mesi si terranno una serie di eventi che celebreranno questo anniversario speciale, fino ad un evento maggiore in autunno, ancora da annunciare, per un luogo che è una costola importante della cultura cittadina e che non parla solo di sé stesso, ma anche di persone, comunità, rigenerazione urbana. Intanto, si può già annunciare una speciale apertura serale il 23 giugno, in occasione del solstizio d’estate.
Questa area, il quartiere Barco, nacque con il lavoro dello IACP (Istituto Autonomo Case Popolari, ora ACER) che decise di ristrutturare questa area già oggetto di un forte lavoro di edilizia popolare sin dagli anni Quaranta. E nell’ambito di questo progetto, una legge imponeva la creazione di parti comuni oltre alle abitazioni. Marco Chiarini, allora direttore della biblioteca del Barco, ebbe l’intuizione di presentarsi senza peli sulla lingua davanti a chi organizzava questo progetto.
“Avevo visto il plastico del progetto e notai che c’era l’idea di costruire un ulteriore centro per anziani. Pensai però che già ne esisteva uno e che tra l’altro non aveva problemi particolari di spazi. Andai allora a parlare con il presidente di ACER, Luciano Bertasi, e gli proposi di progettare invece un altro spazio comune: una biblioteca più grande, moderna, con più servizi. Quella attuale soffocava. E vidi che lui mi stava ad ascoltare, non mi liquidava come capita spesso quando si propongono queste idee.
Era il dicembre del 1995. L’idea fu accolta e ne parlai con Alessandra Chiappini, allora dirigente delle biblioteche. Vennero incaricati due architetti di enorme importanza, potremmo dire due archistar: Carlo Melograni e Giovanni Fumagalli. In questo luogo c’era una vecchia scuola elementare, ormai in disuso, che fu abbattuta. Ci incontrammo più volte per ragionare su quali potessero essere i progetti più interessanti per una biblioteca moderna.”
“Una modernità che nasce dalle numerose visite fatte in altre biblioteche regionali e non, biblioteche più moderne che stavano sorgendo in quegli anni nella regione e in generale in Italia. Era la fine degli anni Novanta e oltre ai libri diventava logico aprire ai prestiti di videocassette, i cd musicali, i primi DVD. Il nostro fu il primo servizio in città a rendere disponibili questi prestiti.”
“Io avevo insistito per avere l’auditorium in modo da avere una sala che potesse ospitare mostre, eventi e esposizioni e che avesse una sua indipendenza, tanto è vero che è possibile avere la biblioteca chiusa di sera e allo stesso tempo l’auditorium aperto, a disposizione della città. Questo anche in termini di personale necessario per organizzare le attività, è qualcosa di molto vantaggioso.” – prosegue nel ricordo Chiarini.
“Insistemmo per avere una Sezione Ragazzi, (l’Ariostea ne ha creata una indipendente da pochi anni, la Niccolini), incontrando qualche resistenza ripagata poi dall’enorme afflusso di prestiti e di coinvolgimento di scuole o famiglie.”
Dal ricordo di entrambi, Mirna Bonazza e Marco Chiarini, emerge quanto il progetto della biblioteca fu un grande salto in avanti per il quartiere: uno spazio utilizzato molto anche da associazioni, scuole e città stessa, anche per eventi laterali per cui c’erano gli spazi disponibili.
E non era raro, prima della pandemia, per diversi anni, avere la coda di persone, in particolare il sabato mattina, per i prestiti dei libri o dei diversi materiali presenti. E la forza particolare di questo luogo sta nell’essere stato progettato per essere una biblioteca, mentre normalmente questi servizi nascono dentro a palazzi ben più datati e pensati per altri scopi.
Passeggiandoci si notano le enormi possibilità che consente questo tipo di edificio: dalla sala con quotidiani e riviste (l’emeroteca) al giardino interno, dagli spazi espositivi alla sala multimediale e quella ragazzi, fino al giardino esterno, il tutto in una progettazione accessibile a chiunque, anche a chi avesse difficoltà di movimento, perché pensata su un unico piano.
Sorridendo, Chiarini racconta di una mostra sulle campane: partendo da un gruppo di campanari ferraresi, capitò di organizzare una esposizione con una ricostruzione di un castello e vere campane, ovviamente in scala, anche per celebrare la tradizione di chi le cura, poche persone in Italia ad oggi: “le facevamo suonare ai bambini che si entusiasmavano e quando provavamo con un pò di forza facevano una confusione incredibile essendo all’interno di un luogo chiuso!”
Solo nelle ultime settimane, oltre alle normali attività, si sono succeduti tra gli eventi gruppi di lettura, incontri di pet therapy, una giornata speciale legata a Harry Potter, esibizioni musicali, laboratori di cucito e molto altro: con la pandemia sullo sfondo le persone stanno tornando a frequentare i luoghi fisici e la sensazione è che a questi primi vent’anni di Bassani ne seguiranno altri altrettanto interessanti e pieni di vita per il quartiere e per la città.
In curiosa attesa degli eventi speciali che amministrazione e biblioteca vogliono organizzare, il consiglio è di prestare attenzione a tutto il programma di questo servizio, pietra di un quartiere rigenerato e servizio alla città.
‘La verità è che i luoghi dove si ha pianto, dove si ha sofferto, e dove si trovarono molte risorse interne per sperare e resistere, sono proprio quelli a cui ci si affeziona di più. […] E adesso questa terra, questa vecchia città dove è nato, dove è cresciuto e si è fatto uomo, sono diventate doppiamente sue. Lei non le abbandonerà mai più.’
cinque storie ferraresi – giorgio bassani
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Il sito web di riferimento della biblioteca Bassani