Era il 1982, l’anno in cui veniva lanciato il Commodore 64 e al cinema usciva E.T. l’extraterrestre, l’Italia rifioriva ed esplodeva per la storica vittoria del Mundial, mentre la contrada di Santa Maria in Vado vinceva il suo ultimo Palio di San Giorgio: la corsa dei cavalli, l’emblema dei palii in tutta Italia e anche la più importante per quello di Ferrara. Abbiamo approfittato di questa malinconica ricorrenza a cifra tonda per girare simpaticamente un po’ il coltello nella piaga e andare a scoprire qualcosa in più dei tanti punti di forza del rione gialloviola, posto proprio nel cuore della città medievale. Direttamente dal suo uomo più rappresentativo: il presidente Giovanni Bellini, per tutti ‘Giovannino’.
Il palio dei cavalli è ovviamente la sfida delle sfide: la ciliegina sulla torta dell’evento domenicale di piazza Ariostea, il gran finale di una preparazione lunga un intero anno per contradaioli e affini. Ma dopo tutto questo preambolo è lecito domandarsi: perché a differenza delle altre contrade Santa Maria in Vado non vince questa gara da ormai ben quarant’anni?
“Il concetto è che come in tutte le cose, tu ti prepari al meglio per affrontare un corsa – racconta Giovanni – ci sono anni in cui sei più o meno competitivo; quando non vinci da così tanto tempo ti senti un po’ obbligato a provarci sempre. Non mi piace scimmiottare Siena, ma voglio citare il capitano di una delle contrade più vincenti, che dice che il palio è per il 90% fortuna e per il 10% sorte. Tradotto: ci vuole del c… A parte gli scherzi, è vero sì, ma non è solo fortuna; in un palio come il nostro comunque tu ti scegli cavallo e fantino, perciò alcune cose puoi comandarle. Dopodiché è ovvio che ci sono anche mille incognite”.
Se è vero che la dea fortuna ci mette del suo (ed è vero), questa negli ultimi anni sembra essersi dimenticata di qualcuno, persino un po’ troppo accanita. I ritardi sono fastidiosi, sono pesanti, che sia un treno, un aereo o un palio, ma bisogna saperli affrontare, come spiega Giovanni, perché “sì, pesano molto, ma non sono una vergogna, noi li portiamo a testa alta. Ci proviamo con il massimo delle forze, ci incazziamo quando non vinciamo, poi fa parte del gioco. Io dico sempre ai miei contradaioli di pensare a quanto sarà bello quando vinceremo, quello che proveremo noi dopo tutta questa attesa, altri non lo proveranno mai. Poi con questo non voglio dire che bisogna vincere un palio ogni 40 anni per divertirsi, anche perché non lo penso proprio (ride). Secondo me altre contrade non avrebbero retto come noi lo shock, anche perché noi, malgrado questo, siamo cresciuti molto negli ultimi anni”.
Dunque ci resta il tarlo: perché Santa non vince i cavalli? Non sempre vince il più ricco, non sempre vince il più forte, non sempre vince il più furbo e nemmeno il più fortunato. Uno può preparare il palio nel migliore dei modi, può avere disponibilità economiche anche superiori a qualunque altra contrada, ma se, per esempio, il giorno del palio l’estrazione della posizione vede il tuo cavallo di rincorsa, hai ben poco da fare, considerando che nessuno ha mai vinto di rincorsa, nel modo in cui si corre il Palio oggi.
La storia insegna però che le cose cambiano in fretta, che i cicli si aprono, si chiudono, si ripetono; “dal ’74 all’ ’82 Santa Maria in Vado ha vinto quattro palii di San Giorgio, poi siamo rimasti fermi lì. In totale ne avevamo vinti sedici solo dal 1971 al 1979. Siamo diventati ‘nonni’ nel ’95 perché ha vinto San Benedetto che non l’aveva mai fatto, dal ’68…”
Insomma c’è chi non ha vinto per lungo tempo, ma quarant’anni fanno paura, sono un paio di generazioni intere. Poi, ci spiega Giovanni, è anche una questione di rapporti con le altre contrade: se una contrada non è da corsa, e cioè non ha le carte in regola per competere, è più facile che “ti lasci correre”, se invece “stai sulle balle a tutti, non vincerai mai”.
Anche quest’anno i bookmakers sono convinti: gialloviola favoriti ai nastri di partenza. Forse più un tormentone che una statistica di qualche valore. Perché? Se non vinci da così tanto è doveroso puntare su di te almeno per rispetto. Poi il cavallo: quest’anno la contrada dell’unicorno si reincarna in Ultimo Baio, che gli esperti annoverano tra i grandi cavalli d’Italia, uno dei più vincenti, uno dei più forti. Insomma, le carte in regola le ha tutte, forse. Se consideriamo poi che a Ferrara, come dicevamo, il cavallo te lo scegli, il lotto è altissimo. Ma Giovanni invita alla prudenza: “ci sono almeno altri tre cavalli veramente veramente forti, come San Benedetto, San Giovanni e San Giacomo… la verità è che siamo favoriti da parecchio ma non vinciamo da una vita (ride)” . Su Ultimo Baio correrà Andrea Chessa, detto ‘Nappa II’, che ha già vinto il palio di Ferrara, traguardo riuscito anche ad almeno la metà dei suoi colleghi in gara.
Messe da parte le note dolenti, è giusto però anche parlare di tutto il resto. Perché sì, Santa Maria in Vado non vince il palio dei cavalli da 40 anni, ma per tutti gli altri aspetti le cose non stanno esattamente nello stesso modo. Un esempio? Lo scorso 14 maggio si è svolto il Magnifico corteo storico, a cui è dedicato il premio Nino Franco Visentini. Premessa: l’unicorno aveva vinto per diversi anni consecutivi il Nives Casati, un premio al miglior giuramento, di fatto a costumi e coreografia, non più assegnato dal 2019. Poco male però, perché il premio per il miglior corteo è andato comunque a Santa Maria in Vado, che quest’anno ha portato a casa il premio Visentini. Cambia il premio, non cambiano i risultati. “Abbiamo fatto un bellissimo corteo – racconta Giovanni – il più numeroso della storia della contrada, ci tengo a sottolineare che eravamo 130 e più, tutti contradaioli, e di ciò andiamo fieri. È la prova di popolo principale perché la maggior parte di noi è impegnata nel realizzarla, e questo porta molto entusiasmo”.
La domanda contraria a quella di partenza sorge spontanea: perché Santa Maria in Vado vince sempre questo genere di premi? (A tal proposito, per autocanzonarsi la tifoseria gialloviola intona spesso il coro “Noi-vin-cia-mo-il-ni-ves-ca-sa-ti” ndr)
“Vinciamo spesso perché siamo bravi a fare ricerca storica, abbiamo persone molto competenti nel montare determinati generi di spettacolo. Secondo me ovviamente competenza porta competenza, e con l’andare degli anni l’attenzione viene tramandata e ciò ci porta ad essere sempre ad altri livelli. Credo che quando fai le cose fatte così bene, diventi anche un punto di riferimento: questo vale per tutti, in tutti i campi. Noi alziamo sempre l’asticella per giuramento e corteo”.
Giusto citare qualche fautore dell’incetta di premi che da anni riempie le teche della sede giallo-viola: l’attenzione e la scrupolosità di lavoro nascono negli anni ’80, quando c’era Paolo Borini, un punto di riferimento per la contrada e colui che ha creato l’attuale Gruppo di danza rinascimentale. E poi Aldo Rizzoni, che è stato vicepresidente, come lo è oggi Rossella Pescerelli, “una fonte importantissima per la ricerca e che sta tramandando il suo sapere su abiti, movimenti, posizioni. Oggi abbiamo Mauro Biasiolo – aggiunge Giovanni – che è qui con noi da una decina d’anni e ha cominciato a fare la danza rinascimentale in contrada: ora viene chiamato in giro per l’Italia per fare spettacoli”.
Siccome la teoria non basta, Giovanni cita un esempio direttamente dal corteo di quest’anno che rende perfettamente l’idea della sottigliezza dei dettagli che vengono curati: “C’erano delle figure che rappresentavano personaggi storici ben definiti e rintracciabili nelle fonti, e i figuranti scelti sono stati scelti per assomigliare e raffigurare esattamente queste persone. Abbiamo avuto il caso di un signore di Bentivoglio in visita con la moglie, interpretato da uno di noi che era senza capelli: gli è stata messa la parrucca, prima volta in un corteo storico. La giuria di esperti queste cose le sa: più sei fedele, più guadagni punti”.
Lasciandoci alle spalle questo binomio vincere-non vincere, restano tante altre cose da dire per raccontare la contrada gialloviola. Ad esempio del già citato Gruppo di danza rinascimentale qualcosa s’è detto: è stata la prima contrada ad averne uno. E poi c’è il Gruppo teatro, “molto attivo, che ha una commedia quasi pronta che andrà in scena tra qualche mese. Posso dire che il Gruppo teatro ce l’hanno in pochi, e non so in quanti facciano quello che facciamo noi. È uno dei pochi gruppi non professionisti che fa questo genere di cose”.
È vero che maggio è il mese del palio, ma è poi in realtà anche il mese delle gare, il mese dei ritocchi, anche perché “se arrivi a maggio che devi ancora organizzare tutto, sei un po’ messo maluccio”.
Maggio quindi. Una parola che per qualsiasi contradaiolo, di qualsiasi fazione vuol dire tutto. Vuol dire aggregazione, vuol dire frenesia, vuol dire tensione e felicità, abbracci e brindisi, gli amici di una vita e… “la maglia dei mondiali scolorita”, direbbe Jovanotti.
Giovanni ci racconta che “Maggio lo prepari con una grande organizzazione, con il consiglio direttivo in cui ognuno ha la propria area di competenza e che si riunisce una volta al mese. Ognuno va avanti nel suo ambito: gruppo musici, corse, ricerca storica, gruppo danza.. ma anche i più pratici come l’economo, il segretario, il social media manager o il responsabile del bar. La verità è che la preparazione del palio inizia il giorno dopo il palio stesso, e il bello della contrada è proprio che in un modo o nell’altro hai sempre un modo o un motivo per esserci”.
La contrada si sa, è appartenenza e tra gli zoccoli dell’unicorno la presenza e il mormorio sono quelli della contrada con l’età media più bassa della città. Sarà che il vivaio è ricchissimo, con circa venticinque tra giovani musici e sbandieratori. Sarà che i cosiddetti ‘open day’ funzionano. Sarà che la parrocchia sforna bene. Fatto sta che tra un catechismo e un passaparola, tanti bambini negli ultimi anni hanno deciso di indossare il foulard gialloviola, sotto l’egida di Marco Angelini, per tutti ‘Muscolo’. E non fa nulla se anche qualcuno in piena spinta adolescenziale deciderà poi di abdicare: “una buona percentuale si affeziona, rimane sempre”.
La contrada si basa su iscritti e soci, il tutto è fatto esclusivamente da volontari: sia per gli eventi dei contradaioli, sia per eventi “esterni”, come la rinomata Osteria dell’Unicorno di ottobre, appuntamento culinario che copre quattro o cinque weekend d’autunno. Consiglio spassionato di chi l’ha provata, ripetutamente: se non ci andate perdete qualcosa.
“Il nostro è tutto lavoro volontario che fai per spirito di aggregazione, socialità e per questo mese un po’ magico, a cui vuoi arrivare al meglio. Il giorno in cui la contrada vince, che sia il corteo, la gara sbandieratori, il palio… quando tu sei venuto anche una sola sera a servire ai tavoli, la vittoria è anche tua, perché tutto è risultato collettivo”.
Ci siamo tenuti per ultimo il reparto delle bandiere, con un altro paio di eccellenze della contrada: nei campionati italiani di sbandieratori Santa Maria in Vado staziona nella ‘Tenzone Aurea’, la categoria più alta di tre totali. E poi ci sono le gare degli sbandieratori a Ferrara, come è successo di nuovo il weekend scorso dopo la pausa covid. E anche qui non c’è (quasi) storia.
Lui si chiama Alessandro Tortorici, nel 2015 è stato il singolista più giovane della storia a vincere il singolo a Ferrara, ad appena 16 anni e 2 mesi scarsi. È diventato campione nazionale nel 2017. Sabato scorso ha vinto (ancora) la gara di singolo tradizionale delle contrade, ed è impressionante vedere i suoi gesti che sembrano spontanei e naturali ma richiedono ore di allenamento quotidiano. Vedere per credere.
L’avvicinamento al fatidico giorno adesso è una corsa che culminerà sabato 28 con la canonica cena propiziatoria: data l’inagibilità del piazzale della Chiesa di Santa Maria in Vado, verrà chiusa via Scandiana, con le tavolate imbandite e il palco erto davanti l’ingresso di Palazzo Schifanoia. Contesto storico di non trascurabile valore.
Stravolgiamo tutto quanto detto finora: cos’è in fondo il palio? Un pomeriggio, meno di una partita di tennis, per dire. Non è così? Decisamente no. È l’insieme di tutte le storie, le contrade, le emozioni, e gli epiloghi possibili. Tutto in un pomeriggio.
Ringraziando il presidente, noi invece Siena la scimmiottiamo eccome, con una citazione di Stefano Bisi, che sul Corriere di Siena nel 1998 diceva:
“il Palio è tre minuti con il cuore in gola, quattro giorni senza fiato, una vita da respirare a pieni polmoni”.
I colori sono il giallo e il viola. L’impresa l’unicorno che purifica le acque. Sia bandita la scaramanzia, ma qui non si vogliono avere responsabilità. Nessun augurio, nessuna previsione. Tra le eccellenze e le sofferenze di un popolo, per quei tre minuti, Unicorno Viva!