La dicotomia autentico/falso è un argomento interessante e insuperato nell’ambito dell’arte. Se la copia è così verosimile all’originale, da ingannare i più grandi conoscitori del sistema, assume meno valore artistico rispetto all’autografo? In un epoca di esponenziale e quasi di totale riproducibilità, cos’è autentico? Se un’artista replica uno stile, è da considerarsi un falsario? Una delle possibili risposte è da rintracciare nel dettaglio.
Aby Warburg, rinomato storico dell’arte, colui che è riuscito all’inizio del Novecento a fornire un’interpretazione plausibile al ciclo pittorico del Palazzo Schifanoia, affermava che la peculiarità di un’opera d’arte sta nei suoi dettagli. La percezione visiva – l’occhio – è l’elemento fondamentale per capire l’arte, quindi lo sguardo va costantemente allenato. Secondo Giovanni Morelli, storico dell’arte dell’Ottocento, il punto fondamentale per distinguere l’originale dal falso è l’esercizio critico, ossia imparare a vedere attraverso l’osservazione a lungo dell’opera. Morelli paragonava la figura del critico a quella di un grafologo, che deve imparare a riconoscere la grafia di ogni singolo artista, studiando sugli originali e non sui libri. Indubbiamente, per comprendere un’opera d’arte e per imparare a distinguerla dalle altre, non basta osservarla, è necessario altresì possedere delle conoscenze.
È stato lo studio minuzioso dei particolari e delle tecniche passate a rendere rinomato Alceo Dossena ed è stata la disattenzione al dettaglio e l’incuranza visiva a far scoprire la fragilità di un sistema, nello specifico negli anni ‘80, consegnato alla storia come l’episodio dei falsi Modigliani.
La mostra Fakes da Alceo Dossena ai falsi Modigliani ospitata nella splendida cornice del Palazzo Bonacossi a Ferrara, curata da Dario Del Bufalo e Marco Horak, riporta alla luce uno degli argomenti più complessi e controversi del sistema dell’arte, ossia il concetto di falso. Lo scopo principale di tale esposizione è educare il pubblico, in particolare quello giovane, all’osservazione delle opere d’arte.
La mostra rispolvera questo atavico dibattito attraverso la prassi artistica del cremonese Alceo Dossena (1878-1937) e il celebre episodio livornese delle false opere di Amedeo Modigliani. Dossena, “artista del Quattrocento, ma attivo nel Novecento” raffinato sculture e brillante illusionista creativo, realizzava le sue opere nello stile e con le tecniche di rinomati artisti antichi e rinascimentali, combinando e rielaborando motivi provenienti da artisti diversi. Non si tratta di una contraffazione, il suo è un replicare alcuni elementi del passato e un determinato stile artistico, “inventava alla maniera dei grandi artisti”. Effettivamente, viveva e lavorava, come se fosse coevo a Donatello, Simone Martini o Andrea del Verrocchio.
Dopo un percorso formativo a Cremona, nel 1908 si trasferisce a Parma per lavorare come copista nella bottega di Umberto Rossi, che diventerà in seguito socio dell’artista. Durante la prima guerra mondiale, Dossena lascia la città emiliana per andare a Roma, dove conoscerà gli antiquari Alfredo Fasoli e Alfredo Pallesi. Nel frattempo, l’artista raggiunge una notorietà che sconfina i territori nazionali e le sue opere sono richieste anche all’estero. Nel 1928 scoppia lo scandalo che vede coinvolto Alceo: l’artista cita in giudizio il duo di antiquari, in quanto vendevano a facoltosi collezionisti americani, le sue opere, passate come sculture antiche originali. L’opinione pubblica si era schierata dalla parte di Dossena, ritenuto una vittima dei raggiri dei due trafficanti. Fu proprio in questo periodo che Alceo decise di iniziare a firmare le proprie opere, rivendicando con orgoglio il proprio talento.
La vicenda è un caso esemplare della stretta correlazione tra la dimensione del falso e il profilo economico, dettaglio sicuramente immancabile altresì nel registro dell’originale, però qui assume tutt’altra motivazione.
Un episodio ancora più rinomato è il caso delle celebri “teste di Modigliani”. Nell’estate del 1984, a Livorno si stava commemorando l’attività artistica di Amedeo Modigliani, in occasione del centenario della sua nascita. Durante quei giorni, sono state ritrovate in un canale della città, tre sculture che teoricamente avrebbero dovuto avvalere una vecchia leggenda secondo cui l’artista avrebbe buttato nei fossi livornesi queste opere in quanto ritenute da lui stesso insoddisfacenti. I più esperti critici dell’arte hanno convenuto quasi unanimemente sull’autenticità delle sculture. In realtà, questo infingardo episodio si scoprì essere stato architettato da alcuni studenti universitari, come critica al mondo accademico e al sistema dell’arte.
Ad integrazione della mostra, a Palazzo Schifanoia è esposta una delle due copie fotografiche del Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio, un’ulteriore momento di riflessione sull’identità dell’opera d’arte.
INFO:
Fakes, da Alceo Dossena ai falsi Modigliani
Palazzo Bonacossi, 7 aprile – 31 luglio 2022
https://www.artecultura.fe.it/2065/fakes-da-alceo-dossena-ai-falsi-modigliani