Varcare la soglia del civico 47 di corso Giovecca ed entrare a Palazzo Roverella significa trovarsi faccia a faccia con un passato che ancora si respira, una storia raccontata dalle sale e dalle pareti affrescate nel corso del tempo. Non ero mai stata in questo luogo suggestivo, non avevo mai passeggiato dove hanno passeggiato personaggi illustri. Quella di Palazzo Roverella è una storia lunga oltre 500 anni, ed è il racconto di un’opera maestosa che è passata di famiglia in famiglia. Ma oggi non vi racconterò delle sue vicissitudini.
Mi sono recata in questo luogo simbolo di Ferrara per parlare con chi lo vive oggi, nella quotidianità. Passeggiando tra le varie stanze del Palazzo capisco la particolarità del luogo: la volontà di preservare i segni di un passato che non può essere sostituito neanche nei più piccoli dettagli, come le lampade del Salone d’Onore.
La prima persona che incontro è Paolo Orsatti, presidente del Circolo dei Negozianti, l’associazione che ha sede proprio nel Palazzo. Nell’attribuire la paternità del Roverella all’architetto Biagio Rossetti – riferimento mondiale per l’architettura che ha fatto di Ferrara una delle prime città moderne – Orsatti ha nominato la famiglia Zamorani, punto cardine nella sorte del Palazzo. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, infatti, fu proprio Federico Zamorani a donare questa gemma preziosa al Circolo dei Negozianti. Prima di lui, il Palazzo ebbe tanti e diversi proprietari: i Magnanini, la vedova del Conte Roverella, gli Aventi, Gaetano Novi, Luigi Storari, Giuseppe, Benedetto e poi proprio Federico Zamorani.
Nelle mani del Circolo dei Negozianti, la cui storia inizia nel 1861 all’indomani dell’Unità d’Italia, il Palazzo visse alti e bassi. In piena guerra, ad esempio, i locali del Circolo furono requisiti dal Comando delle forze armate tedesche e, a operazioni belliche concluse, dal Comando inglese. La struttura non uscì indenne dalla bufera dei bombardamenti del 1943-44, ma oggi il Palazzo si presenta ancora nel suo antico splendore: prima ricostruito con le scarse risorse finanziarie del dopoguerra, poi ristrutturato più di recente.
La nascita del Circolo è legata allo spirito liberal-democratico dei sui soci, prevalentemente rappresentanti della borghesia. Il nome Circolo dei Negozianti venne scelto proprio per valorizzare il ruolo dei negozianti, punto di aggregazione e riferimento importante per la borghesia dell’epoca. Inoltre, dopo i latifondisti, erano proprio loro a garantire un sostegno finanziario al Circolo.
Tra chiusure e riaperture dello stesso a causa delle vicissitudini storiche, le attività sociali, culturali e di intrattenimento di allora animano il Circolo ancora adesso.
Oggi il Roverella è un circolo dalla mentalità molto aperta che da un lato preserva le attività principali del circolo e dall’altro cerca di avvicinare i più giovani. Così, mentre si organizzano tornei di Burraco e Bridge, d’estate il giardino si veste di luci e musica e organizza aperitivi e serate di festa. L’attività culturale è il fulcro del luogo: “negli ultimi sei anni – mi racconta il presidente – abbiamo organizzato oltre 180 eventi, tra summit tematici, tavole rotonde, presentazioni di libri e film”.
Ma l’Associazione del Circolo dei Negozianti si occupa anche del mondo dei giovani: è molto attenta al ricambio generazionale e organizza periodicamente iniziative rivolte ai giovani. L’obiettivo è anche quello di raccogliere nuovi soci – sono 50 le new entry solo nell’ultimo anno, raccolte anche grazie a una quota annua alla portata di tutti – per portare avanti l’anima di un luogo che nel tempo ha saputo trasformarsi, senza mai dimenticare le sue origini.
Anche il settore food è una leva importante: in collaborazione con il Polo Scolastico Vergani-Navarra vengono organizzati eventi, come compleanni e il torneo nazionale di Risiko, ma anche ricevimenti e matrimoni. Questi ultimi spesso prendono vita nell’ampio giardino interno, la “Corte dei gentili”, una cornice suggestiva e ammaliante per celebrare giornate speciali.
Ad aspettarmi nella Biblioteca di Palazzo Roverella trovo invece Achille Agnati, che mi accoglie con gentilezza. Agnati è stato insegnante di Economia, e oggi trascorre le sue mattine in questa calda nicchia di carta, legno e ricordi. Parlo con lui e in cambio ricevo tutto l’amore per quello che fa: con pazienza e meticolosità, Achille contribuisce a preservare pezzi di storia. Al momento si sta occupando di classificare il mondo della filmografia: “daremo vita al Centro di documentazione e studio del cinema ferrarese, con visite guidate e proiezioni di film. Questo progetto per le scuole diventerà una mostra permanente che crescerà con il tempo. È un lavoro gigantesco, reso possibile anche grazie alla donazione di un’ingente mole di documentazione, ricca di filmati, poster e foto”. Agnati mi mostra le vetrine dove i libri sono divisi in otto sezioni, tra cui il Premio Estense, le Opere su Ferrara, l’Antiquariato dell’Ottocento e le Enciclopedie moderne e contemporanee. Nel rievocare date e aneddoti, paragona la Biblioteca di Palazzo Roverella alla Torre di Pisa: il motivo è dovuto alle direttive della Sovraintendenza alle Belle Arti, che vietano di attaccare gli armadi ai muri. Ecco allora che, in un equilibrio precario, la storia si erge verticale in un labirinto tutto da esplorare.
La mia visita a Palazzo si conclude ascoltando i racconti del vicepresidente e responsabile delle attività culturali del Palazzo, Riccardo Modestino, medico umanista e storico delle idee. A lui ho chiesto di parlarmi di qualche curiosità del luogo e così ha fatto, con sagace ironia e una capacità narrativa che ti ipnotizza e rapisce, come se ti stesse raccontando una favola ricca di dettagli. Mi ha raccontato la storia di Donna Gracia Mendes Nasì che, rimasta vedova, si ritrovò ad amministrare il grande impero finanziario della sua famiglia. Dopo essere stata rilasciata dai Piombi, la terribile prigione di Venezia, grazie all’intervento del sultano Solimano il Magnifico, visse per tre anni a Ferrara, proprio tra le mura di Palazzo Roverella. Colta e determinata, Donna Gracia, detta La Senora, non solo fu una grande organizzatrice culturale – famose le conversazioni in pubblico dei grandi medici Amato Lusitano e Antonio Musa Brasavola – ma anche leader impareggiabile nell’industria dei tessuti e generosa filantropa sociale. Fu lei a definire la splendida città estense che l’aveva accolta “unico porto sicuro e franco”.
Come mi ha raccontato il dottor Modestino, “quella di Donna Gracia è una storia affascinante, che presto diventerà anche un film con attrici famose. Vogliamo omaggiare una lunga tradizione di donne che, nelle opere e nella loro generosità, hanno lasciato una testimonianza di bellezza e splendore di verità.”
Oggi, appassionati, nostalgici e visionari si battono per assicurare a Palazzo Roverella un futuro degno del suo passato. Come ha scritto Paolo Orsatti nel libro Palazzo Roverella – Un Circolo: 160 anni di Storia, “celebrare il 160º anniversario della fondazione del Circolo dei Negozianti preserva il senso della storia”. Dietro a Palazzo Roverella c’è un gruppo coeso, un complice lavoro di squadra frutto di dialoghi vivaci e confronti schietti, ispirati da valori quali “la dignitas, l’humanitas, la comunità e l’humilitas”, come ha sottolineato Riccardo Modestino.
Con un bagaglio di nuove conoscenze mi ritrovo ad attraversare la Sala Estense, la Sala Rosa e il Salone d’Onore. Se mi estraneo dalla realtà che mi circonda e mi concentro sui dettagli degli affreschi intorno a me, riesco quasi a immaginare le grandi feste e i balli sontuosi che Palazzo Roverella ha ospitato nel corso dei secoli. Dopo essermi congedata da tutti coloro che oggi mi hanno raccontato qualche tassello di un Palazzo simbolo della città di Ferrara, passeggio per il giardino interno e, anche se è solo febbraio, già lo vedo in primavera, quando i grappoli di glicine color lilla lo rivestiranno di magia.
Tutte le foto presenti nell’articolo sono di Tiziano Menabò, che mi ha accompagnata in quest’avventura e ha saputo immortalare, nei suoi scatti, tutta la meraviglia di Palazzo Roverella.