La filosofa Rosi Braidotti affermava che c’è una notevole coincidenza storica che porta all’intersezione di due fenomeni paralleli: da un lato la rinascita negli ultimi decenni del Novecento delle lotte delle donne in ambiti sociali, politici, privati e teoretici che hanno sollevato un insieme di problemi e analisi sul ruolo, il vissuto e l’esistenza delle donne. Dall’altro lato, la crisi della ratio classica, una rottura interna all’ordine discorsivo occidentale che ha rimesso in discussione il ruolo del soggetto privilegiato (il maschile) come unico guardiano della trasmissione del discorso. Ci sono modi di pensare, di strutturare le idee, che non conosciamo, che sono ancora da scoprire. Ecco, il punto cardine dell’associazione Filosofemme potrebbe essere sintetizzato in questo modo.
Filosofemme – la voce delle filosofe, prende la forma di un’associazione a febbraio del 2022, mentre il progetto nasce nel 2018, più precisamente nel giorno del patrono della città di Ferrara: San Giorgio, che si festeggia il 23 aprile. A raccontarmi meglio l’intero percorso è la fondatrice Lisa Pareschi, laureata in filosofia all’Università di Bologna, che ha avviato il progetto proprio durante gli anni della sua formazione con lo scopo di creare uno spazio per le laureate e laureande, per esprimere la loro passione per la filosofia e allo stesso tempo dare spazio alla voce delle filosofe storiche poco valorizzate. Attualmente il nucleo forte dell’associazione comprende altre persone, tutte filosofe, impegnate nella divulgazione e riscoperta di questa mirifica disciplina.
Come si potrebbe definire la filosofia e cosa implica essere una filosofa?
Mi piace distinguere l’essere filosofa dal fare filosofia, perché sono due cose distinte. Si può essere filosofa, ma non fare filosofia oppure fare filosofia, ma non essere necessariamente filosofa. Fare filosofia è un concetto, chiunque potenzialmente può praticarla, se ha ovviamente gli strumenti. È una disciplina orizzontale, nel senso che riesce a toccare tanti aspetti della vita di tutti i giorni: fare filosofia è porsi delle domande e trovare sempre strade alternative alla propria idea, quindi elaborare un altro punto di vista persino in contrasto con la propria idea principale, anche al fine di rafforzarla. La nostra associazione si allinea alla necessità promossa da altri professionisti del settore, ossia portare la filosofia tra la gente e strapparla all’accademia, perché negli ultimi anni la filosofia si è un po’ arroccata nei paroloni, nel fenomenologico e nell’ontologico, che sono sì termini a volte necessari, ma non sono indispensabili per comunicare la filosofia. Quindi tutto ciò fa parte degli obiettivi che perseguiamo: cercare di parlare con le persone in modo più autentico possibile affinché un qualsiasi concetto di filosofia sia comprensibile a chiunque.
Un altro pensiero da sradicare è il fatto che la filosofia sia per pochi, quando in realtà la filosofia stessa insegna che è per tutti. O quantomeno dovrebbe essere a portata di tutti.
Giusto. Infatti su Filosofemme, che è anche un sito web, che è un ci sono degli articoli che sono cosiddetti “di settore”, dove utilizzare determinati termini o concetti è necessario. Per agevolare la lettura, c’è un dizionario: se c’è la parola “fenomenologico” c’è anche un link di spiegazione. Questo perché non è sempre necessario scegliere altre parole, ma fornire gli strumenti per poterle comprendere. Una volta che scopri un concetto sconosciuto, lo leggi, lo introietti, lo rielabori e in seguito ti arricchisci. Ecco, secondo me, questo fa parte della comprensione della filosofia stessa.
La vostra associazione ha avuto modo di instaurare dei dialoghi con altre realtà presenti?
Abbiamo creato l’associazione proprio per questo motivo, per arrivare a una comunità reale e tangibile che si interfaccia all’altro non solamente tramite uno schermo, e senza seguire la dicotomia “voi scrivete, noi vi leggiamo”. Vogliamo rinunciare a questa separazione tra il noi e il voi, vogliamo essere un tutt’uno. Coinvolgere maggiormente le persone che sono interessate permette anche a noi di imparare qualcosa. Abbiamo ideato il Club del libro che dovrebbe partire proprio durante il mese di marzo e si concentrerà sulle filosofe del Novecento. Inoltre, stiamo pensando a un podcast, sempre sulle filosofe, delle puntate di approfondimento rispetto alla rubrica che c’è già sul sito, con l’obiettivo di scoprire la loro storia, che manca persino di essere raccontata nelle scuole. A proposito di altre realtà, l’anno scorso siamo andate all’evento TEDxFerrara proprio per comprendere quanto la filosofia sia importante per altre discipline. La filosofia ha bisogno non solo delle persone per crescere, ma anche dell’interdisciplinarietà: vive di questo intreccio di conoscenze. È proprio questo il cuore del nostro sito web, la sezione di pop filosofia: parliamo di serie tv, di film, d’arte e così via.
Quali sono i tuoi punti di riferimento, i cardini della tua concezione della filosofia?
Ho una formazione da bioeticista, quindi sicuramente Kant è uno dei miei grandi pilastri. Allo stesso tempo, la mia formazione implica non avere un aggancio così forte con i filosofi storici, anche se ovviamente c’è una grande influenza. Fra i contemporanei, potrei citare Marco Maurizi, che si occupa del diritto dell’animale, che è un altro campo che mi interessa.
Hai citato due filosofi: dove sono le filosofe?
È proprio questo il punto: per me il progetto è anche dimostrare dove sta il grande problema. Quando pensiamo alla filosofia pensiamo subito agli uomini, difficilmente andiamo a recuperare le donne. Le donne nel tempo sono state silenziate, non hanno avuto accesso alla filosofia.
C’è stato un momento preciso nel tuo percorso formativo in cui ti sei accorta che c’era questa mancanza?
Quasi alla fine del mio percorso accademico, con uno sguardo retrospettivo mi sono accorta di aver sentito parlare solo di Simone De Beauvoir e Hannah Arendt. Nella storia della filosofia i nomi delle filosofe sono difficili da trovare proprio perché la filosofia, a differenza di altre discipline, non era accessibile. C’è un retaggio storico-culturale, a partire da Aristotele, che ha avviato il meccanismo per cui le donne sono considerate la parte emotiva e non la parte razionale, e quindi sono state semplicemente estromesse da questo mondo. Poi certamente scopri per esempio che Mary Wollstonecraft ha avuto un ruolo importantissimo, che John Stuart Mill insieme alla moglie e alla figlia ha formato un gruppo fondamentale. Oppure pensi a Helene von Druskowitz, che non era d’accordo per esempio con le tesi di Nietzsche e fu persino internata per le sue posizioni. Lo studio della filosofia era accessibile solo alle suore o comunque nell’ambito clericale: le altre donne studiavano di nascosto. Studiare filosofia, fare filosofia ha reso queste donne dissidenti. Poi ovviamente c’è da distinguere tra coloro che potevano farlo senza ripercussioni e coloro che rischiavano la vita per un pensiero o per un’idea. Nella storia della società e della filosofia c’è stato un momento di stacco, in cui era necessaria una ribellione, per emergere. Oggi, secondo me, è il momento di prendere una posizione in un’ottica di inclusività. Proprio come Filosofemme: scriviamo e interagiamo con qualsiasi persona, non c’è rifiuto o esclusione, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno, specificatamente per questa disciplina, di affermare che noi siamo delle filosofe, non siamo filosofi.
Oggi, con la filosofia si campa?
(Ride) Si campa. Nel senso che con la filosofia si possono fare un sacco di cose, applicarla a tantissimi ambiti, incluso quello lavorativo. La filosofia fornisce quello stato mentale necessario per ottenere o avere una prospettiva diversa. Il nostro collettivo fa i lavori più disparati, dall’editoria all’insegnamento, però il fatto di avere una formazione filosofica ci porta ad approcci diversi, particolari.
INFO:
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