“Nel 1996 vidi i giochi olimpici di Atlanta in televisione. Furono i primi che vidi integralmente e mi ero fatta una promessa: io sarei andata a vedere una partita di pallavolo alle Olimpiadi. Nel 2012 mi sono trovata a bordocampo, per raccontare le partite della nazionale sia maschile che femminile di pallavolo, alle Olimpiadi di Londra.”
Siamo già da diversi minuti al telefono con Federica Lodi, giornalista nata a Mirabello, una frazione in provincia di Ferrara, cresciuta nelle redazioni del Resto del Carlino prima e di Rete Alfa e Telestense poi, e oggi uno dei volti più noti dello sport di Sky Italia.
Volevamo raccontarla nella sua normalità, nel percorso di chi ce l’ha fatta ad agguantare il proprio sogno. Ci ha restituito un misto di feroce semplicità, forza e dedizione nel rincorrere un obiettivo, con il sudore sulla fronte: raccontare una cosa che ama, lo sport. Dai primi campi di periferia, quelli della provincia ferrarese, agli eventi massimi delle competizioni sportive come le Olimpiadi.
“All’improvviso ho deciso che nella vita avrei voluto scrivere – ci racconta – e quando l’ho detto ai miei genitori, a 17 o 18 anni, mi hanno guardata come si guarda un marziano. Ma confesso di essermi ritrovata a scrivere poco: a 18 anni mi sono diplomata e subito iscritta a Scienze della comunicazione e nel frattempo, o forse addirittura prima, ho mandato curriculum in tutte le redazioni, così, giusto per provare: magari hanno bisogno, mi sono detta.”
La chiamata arriva davvero dal Resto del Carlino, e da Mirabello Federica inizia a scrivere: il consiglio comunale, le vicende quotidiane del paese, saltuariamente le partite di terza categoria. È l’estate del 2000.
Hai preso forse uno degli ultimi treni: oggi pensare di entrare a vent’anni in una redazione è complicatissimo.
Si, infatti quando i giovani mi chiedono cosa possono fare gli rispondo: “boh, non lo so, non he ho la più pallida idea, io ho fatto così, ma credo non si possa più fare”.
Avere coraggio, forse.
Assolutamente: ma anche all’epoca ne serviva. Entrare in una redazione non era una cosa semplice. Ripensandoci: come entri in una redazione? Con l’incoscienza. L’anno successivo ho iniziato a collaborare anche con Telestense, per l’esattezza con la radio Rete Alfa: io seguivo il calcio nelle domeniche pomeriggio con Davide Andreoli, raccoglievo i risultati della serie C e a fine pomeriggio facevo il giro delle telefonate nei campi della provincia per capire come erano andate le altre categorie. Parliamo di un’epoca in cui i cellulari esistevano ma non erano in mano a chiunque.
Non avevamo il numero di telefono di tutti e quindi si chiamava il campo sportivo, o ancora capitava di chiamare l’abitazione del presidente che spesso non era ancora tornato a casa e ti rispondeva la moglie, dicendoti “ti faccio richiamare appena torna!”
Federica ci racconta di anni di gavetta: dalla carta stampata alla radio, allo stare davanti alle telecamere.
“Un giorno a Telestense forse Alessandro Sovrani mi chiese: ti va di fare il telegiornale? E io: no, assolutamente, io voglio scrivere nella vita, già fare la radio è qualcosa di strano. Mi rispose che ero in turno sabato, al telegiornale. Lì ho capito immediatamente. Mia mamma era terrorizzata, io invece no: eravamo in leggerissima differita, venti minuti, niente che consentisse di poter sbagliare troppo e mi sono sentita a mio agio, subito, senza pensieri. Era la mia casa.”
Ripensandoci vent’anni dopo, quanto c’è stato di fortuna e quanto di determinazione nell’essere riuscita da subito ad occuparti di una delle tue due grandi passioni, lo sport?
Vedi, c’erano tanti ragazzi in quegli anni ma per molti era un hobby, una passione. Io invece avevo l’obiettivo di fare quello nella vita, anche se non potevo sapere che sarebbe stata davvero la mia vita. E poi c’è da dire che avevo creato il terreno per questo percorso: grazie ad uno stage al comune di Vigarano avevo coltivato un legame con il gruppo della Vigarano Maratona, avevo già un background di racconto dello sport locale.
Così, dopo avere iniziato affiancando Sovrani alla conduzione di Lunedì Sport, a Telestense venne l’idea di creare una domenica un pò diversa, e insieme al conduttore Marco Mariotti facemmo per diversi anni la diretta della domenica pomeriggio. Io mi sentivo assolutamente a casa. Ho fatto la vera gavetta sia nelle domeniche sportive sia al telegiornale, e mi ha aiutato tantissimo.
Ad esempio a volte mi è capitato che per realizzare un servizio andassi da sola, con la telecamera: lo giravo e lo montavo e poi lo presentavo al telegiornale. Addirittura, la domenica pomeriggio, quando c’erano ospiti particolari o un gruppo musicale, c’era la necessità di avere più inquadrature e mi succedeva di sgattaiolare in regia per dare una mano. Alla fine arrivi preparata.
Ad esempio, quando arriva la chiamata da Sky.
Ho continuato a mandare i miei curriculum e parallelamente ho iniziato a collaborare con Publiteam, un service di Ferrara che realizza produzioni esterne anche per Sky, e in particolare ho collaborato a Icarus, un format sugli sport estremi. Ho iniziato a collaborare con loro e già seguendo la pallavolo a Ferrara avevo conosciuto il gruppo della pallavolo di Sky, così come avevo una collaborazione con l’allora Basket Club. Avevo avuto contatti, insomma, persone che sapevano che nel momento in cui c’era da raccontare qualcosa sullo sport a Ferrara, io c’ero.
Il 30 agosto del 2008 ha aperto Sky sport 24. Dalla redazione cercavano persone sul territorio che potessero coprire le varie squadre per area geografia: in Emilia Romagna hanno scelto me. Ho fatto un po’ di colloqui, alcune prove e quando ha aperto il canale, il primo giorno, ho fatto una corrispondenza da Bologna.
E’ stato quello il primo momento in cui ha tremato la voce, di fronte ad una diretta così rilevante?
Probabilmente con la mia solita incoscienza no, nemmeno troppo, in quel momento.
La voce ha tremato pochi mesi dopo. Io avevo 27 anni, ero giovane ma con una lunga gavetta alle spalle che non tutti avevano avuto l’opportunità di fare. Nell’autunno il direttore si Sky Sport 24 Fabio Guadagnini venne a Bologna mentre io stavo seguendo il Motorshow e mi disse: vuoi venire a condurre il telegiornale nel periodo natalizio? Le mie conduttrici hanno bisogno di un po’ di respiro, ci sono le vacanze e se a te a va, potresti condurlo tu. E li mi sono detta: io, davvero? Ma stiamo scherzando?
E quindi a Natale del 2008 ho preso il treno per Milano e dopo un paio di giorni di redazione ho fatto l’esordio in conduzione, la vigilia stessa di Natale. Lì ho sentito un po’ la voce tremare.
D’altra parte, da Telestense a Sky Sport 24 il salto è stato importante.
Sai, io il telegiornale l’avevo fatto mille volte. Ma io parlavo di Spal, una Spal che tra l’altro probabilmente giocava in C2 in quegli anni, parlavo di realtà locali. In un attimo mi sono trovata a parlare di Champions League, del campionato italiano di serie A. Ero in conduzione con Fabio Tavelli che aveva una esperienza notevole, era uno dei conduttori di punta e non è stato certo semplice come salto. Però poi è andato tutto bene.
Da allora lavori a Sky: dopo questi anni, quale è il programma che vorresti condurre o anche scrivere?
Cosa vorrei raccontare? Il mio segno vero è parlare di musica, l’altra mia grande passione, ma così andiamo un po’ oltre alla domanda. Però lo dico: penso da anni a un programma che possa unire nel racconto musica e sport. Un format non c’è ancora, sono presa da mille impegni, così come non c’è il libro che avrei voluto scrivere da quando sono adolescente. Il mio desiderio è qualcosa che incroci queste mie due passioni: sport e musica.
Sport e musica ad esempio si incrociano in una manifestazione, chiamata Olimpiade, basti pensare alla cerimonia inaugurale. Che tipo di esperienza è stata quella di raccontare Londra 2012? Anche pensando a quando tua madre aveva paura per la prima conduzione in una rete locale!
Una esperienza bellissima, davvero. Se ci penso mi emoziono ancora: l’olimpiade è la cosa che mi emoziona di più. E in più in quella edizione io mi occupavo delle interviste a Casa Italia (come viene chiamato il quartier generale degli atleti della nostra nazionale, ndr). Passavano da me tutti quanti i medagliati: pazzesco, non potrò mai dimenticare quelle emozioni! Mi svegliavo la mattina e pensavo: ma veramente, sul serio?
È qualcosa che ti lascia il segno, viverlo a Londra è ancora più incredibile rispetto ad altre città, credo. A quell’olimpiade ho mantenuto la mia promessa, vedere una partita di pallavolo. È arrivata la medaglia di bronzo con la dedica a Vigor Bovolenta, che era scomparso pochi mesi prima in campo, e io ero lì. O ancora l’emozione per l’oro di Jessica Rossi: siamo nate entrambe a Cento, impossibile non sentire un legame.
Leggendo alcune tue interviste è chiaro come il legame con la città di Ferrara non si è mai sciolto. Pochi mesi fa ad esempio hai presentato l’edizione 2021 di Tedx.
Assolutamente: il mio cuore è lì, a Mirabello, Vigarano, Ferrara. Ho avuto diverse volte modo di tornare, di raccontare la Spal, ad esempio, una squadra che nei suoi anni di A mi ha dato immense soddisfazioni. Ho potuto raccontare storie, emozioni, la stessa Spal in serie A. E sì, mi capita di tornare o di lavorare, come a Tedx.
Speriamo nelle prossime settimane di poter fare il Galà dello sport organizzato dal Coni a Ferrara, lo conduco da tanti anni con Alessandro Sovrani, siamo in attesa di una data vicina.
Vorrei non sentire di dover fare questa domanda e vorrei che tu mi rispondessi di no: sei una donna, racconti lo sport. Hai mai sentito o vissuto stereotipi, mancanza di considerazione, qualcosa che ti abbia fatto sentire penalizzata in questo percorso?
Forse ti sembrerà strano, perché si parla spesso di questo argomento: io non ho mai percepito niente a riguardo. Non mi è mai successo, mai.
Sarà anche che io cerco di avere un approccio di un certo tipo, mi preparo, studio, lo faccio con entusiasmo, e allo stesso tempo so di non essere un allenatore, un calciatore, un’ atleta professionista. Cerco sempre di dire “fammi capire come funziona”. Fuori onda e in onda. Può essere un approccio che aiuta: io ho il mio ruolo, la mia preparazione, ci confrontiamo e sono disposta ad ascoltare. Però non ho mai avuto nessun problema, né a Ferrara né a Milano, in nessun ambito della mia professione.
Consapevolmente o meno, mi pare che tu avessi sempre la tua idea chiara in testa, e senza pensarci sei andata dritta su quel sentiero: volevi raccontare lo sport.
Assolutamente si. Sono consapevole che serve anche fortuna e allo stesso tempo credo che sia una questione di sacrifici che si è disposti a fare. Li fanno tutti: ci sono cose che ora mi sembrano normali, ma non lo sono per chiunque. Spesso da casa non ci si rende conto di quanto studio, quanta preparazione ci sia a stare davanti alla telecamera.
Non ci si rende conto di quanto si finisca per lavorare mentre gli altri si riposano: io già a diciotto-diciannove anni la domenica pomeriggio raccoglievo i risultati delle partite per Telestense. Mi divertivo come una matta, però intanto gli amici andavano al mare o in vacanza. Servono fortuna e determinazione.
Federica Lodi lavora a Sky Italia dal 2008. Questo è il suo account Instagram.