Bravi noi: siamo finalmente riusciti a precipitare nell’epoca della sovrastimolazione, con un sorriso ebete sul viso e lo smartphone in mano. Cosa ci sorprende più, al giorno d’oggi? Cosa lascia un segno nelle nostre menti sovraffollate? La cultura? L’arte? Probabile. Ma siamo sicuri che ci bastino?
La mia è una provocazione, ovviamente, ma il tema dello sviluppo contemporaneo del museo – e più in generale della mostra – è sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori. Perché non ci basta davvero più soddisfare solo la vista, senza aprire discussioni, senza risvegliare le nostre sinapsi, senza costruire collegamenti. Abbiamo bisogno di un numero importante di stimoli che ci scuotano dall’interno: il museo non può più essere solo un contenitore di oggetti ‘belli’ o ‘pieni di storia’; la mostra non può più presentarsi come una selezione, un campionario. Così succede che i musei diventino poli culturali, e le mostre visioni, percorsi, esperienze.
Oggi sono davvero davanti ad una vera e propria visione che prende corpo con cura e rigore. Come tutte le prospettive ad ampio raggio, anche questa nasce da una mente sensibile e illuminata, quella del presidente Milo Pacchioni, che trova terreno fertile nella sua Assicoop Modena&Ferrara. Risale ad oltre vent’anni fa la decisione di Pacchioni e Assicoop: intraprendere un percorso di collezione di opere d’arte di artisti ferraresi e modenesi, tra XIX e XX secolo, per contribuire alla conservazione del patrimonio storico-artistico-culturale locale. Un processo che richiede tempo, passione, dedizione, studio e che – di certo – trova particolare soddisfazione nella condivisione. Così, vent’anni dopo, una selezione di 37 opere-in-cerca-di-un-pubblico ottiene la possibilità di svelarsi alla sovrastimolata fruizione.
Come costruire una vera e propria esperienza sulle fondamenta invisibili della visione personale? Sicuramente con l’aiuto di un team di grandi esperti: Giorgio Cozzolino, il direttore della Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna, Andrea Sardo, direttore del Museo di Casa Romei, Tiziano Trocchi, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, Patrizia Cirino, responsabile dei servizi educativi della Direzione Regionale Musei Emilia-Romagna, Luciano Rivi, docente e storico dell’arte e Emanuela Fiori, ex direttrice della Pinacoteca Nazionale di Ferrara, ora direttrice del Museo Nazionale di Ravenna. Prezioso ovviamente anche il coinvolgimento di Andrea Benini, presidente di Legacoop Estense, e dell’Assessore alla cultura Marco Gulinelli.
Non è la prima volta che la cooperativa si muove con l’obiettivo e il nobile proposito di trovare una collocazione pubblica ad una porzione della sua collezione privata. Nella ricerca Assicoop si era già imbattuta nella disponibilità costruttiva di Andrea Sardo e di Casa Romei. Una prima esperienza in totale sintonia che ha strutturato organicamente un successivo collegamento con la sensibilità di Tiziano Trocchi e del Museo Archeologico Nazionale cittadino.
SINTONIA, ecco la parola che avevamo sulla punta della lingua. Due melodie che si confondono alla perfezione. Le 37 preziose opere vaganti sono entrate in punta di piedi nelle stanze di Casa Romei e nei saloni di Palazzo Costabili, detto palazzo di Ludovico il Moro, intonando una nota sottile e acuta. Le hanno accolte i percorsi espositivi dei due musei statali, con il loro tappeto sonoro grave e morbido. Ogni quadro, ogni cornice, ogni bronzo ha trovato la sua collocazione in un’armonia narrativa e accogliente.
Non è solo capacità di integrazione, quella della collezione Assicoop nei confronti delle permanenti dei due Musei ospitanti, è l’intreccio di un racconto nel capitolo più coinvolgente.
Nasce così ‘SINTONIE. Tra Visioni e Racconti’, un’allestimento triennale inaugurato il 14 dicembre, tra Casa Romei ed il Museo Archeologico Nazionale, frutto di questa comunione virtuosa tra pubblico e privato. Botta e risposta, in una mediazione culturale tra epoche differenti, per disegnare una nuova tipologia di mostra.
Iniziamo la nostra esperienza dal Museo Archeologico Nazionale. Il punto di vista moderno, alla luce di nuovi stili e studi, trova spazio tra gli oggetti della collezione permanente; ed è così che il ferrarese Achille Funi, nel 1954, omaggia la Scuola Pompeiana in un confronto tra Dioniso ed Eracle, tra piacere e virtù, prestando le sue sfumature di colore alle scene dionisiache in bianco e nero delle ceramiche di sala IV.
La rilettura della tragedia greca classica, nella sesta sala, è demandata a Mario Vellani Marchi che sceglie, nel suo presente del 1914, una velata Antigone con il padre Edipo cieco. Teneramente triste, nostalgica, segnata dal peso della vecchiaia di Edipo, la rappresentazione di Marchi aggiunge un piano di lettura alle scene abbozzate sui corredi tombali. Si prosegue attraversando corridoio del piano nobile, accompagnati dal tratto all’acquaforte di Baracchi; una Roma eterna si dimostra fragile agli occhi dell’Italia degli anni ’30. Anello di congiunzione tra le sale espositive de Museo Archeologico e la dimensione intima di Casa Romei, è il salotto di Palazzo Costabili. Come lo studiolo del collezionista, il salotto buono del Museo ospita una piccola e ordinata quadreria tra Muzzioli e Malatesta, tra riti antichi e giovani dei umanizzati.
Una passeggiata piacevole collega le due sedi espositive, da XX Settembre a via Savonarola. Ad accoglierci è proprio un uomo in abiti rinascimentali – che ricorda il padrone di casa, Giovanni Romei – visto attraverso gli occhi moderni di Alberto Pisa. In Casa Romei le connessioni tra opere e spazi coinvolgono anche la nostra bella città. Francesco Saraceni riprende il dipinto del semicatino della Chiesa di San Francesco, proprio accanto ad una sua preziosa formella, parte del lapidario della collezione permanente. Previati ci parla di Ugo e Parisina mentre Albano Lugli ci descrive un incontro tra Alberto Pio e Ludovico Ariosto, ambientato in una sala che ricorda proprio quella dalla quale – ora, nel 2021 – osserviamo il dipinto.
La Sala della Scimmietta, detta gattomammone, è ora adornata da un vivace pannello decorativo di Giovan Battista Crema, con scimmie e rapaci. Dal profano al sacro per concludere il tour tra la Sala Verde, con la Madonna in terracotta invetriata di Arrigo Minerbi, accanto alle raffigurazioni sacre della collezione permanente, e la magnifica alcova di Romei impreziosita dalla pietà ed il compianto, dallo sviluppo longilineo, di Ermenegildo Luppi.
Un consiglio: prendetevi qualche minuto in più, sulla tabella di marcia, per contemplare dall’alto il cortile di Casa Romei.
Una visione, una storia ben raccontata da Assicoop e dai due musei civici. Una maniera per riattivare i nostri sensi assopiti, per giocare al ‘trova le connessioni’ e allenare le nostre menti al dettaglio, alla creazione di collegamenti, alla costruzione di storie. Tra le informazioni pronte all’uso – e all’abuso – avevamo bisogno di una mostra da pensare; nell’epoca degli exhibit e del digitale, sarà questa sorta di interattività analogica a salvarci.