Immaginiamo uno scenario in cui una parte consistente del traffico di camion, trattori e auto a diesel, mezzi recenti, prodotti negli ultimi due o tre anni almeno, euro 5 o 6, si fermino. Non si accendano più.
È uno scenario estremo, ma possibile, perché questi veicoli, gli stessi che magari hanno in parte consegnato pacchi in tutta Italia in queste settimane di quel lungo appuntamento che è diventato il Black Friday, necessitano per accendersi e funzionare di un additivo, chiamato AdBlue.
Quasi il 60% dell’AdBlue italiano è prodotto a Ferrara, nella sede di Yara, all’interno quell’insieme di fabbriche a nord della città piuttosto complesso da comprendere quando ci si passa vicino.
Eppure è lì, Yara, con il suo stabilimento che nel mese di ottobre, per circa 4 settimane ha dovuto arrestare la produzione perchè l’onda lunga dei rincari energetici e delle materie prime ha reso impossibile produrre con profitto questo additivo. Così dopo un periodo di produzione in perdita, la fabbrica si è fermata.
Non avere l’AdBlue disponibile, un additivo che abbatte del 90% la parte inquinante dei motori diesel, significa non poter accendere il camion, l’auto, il trattore. A catena non avere l’AdBlue disponibile vuol dire impattare sulla logistica nazionale in maniera importante e presumibilmente in maniera sempre maggiore man mano che sempre nuovi modelli entrano sul mercato, in attesa di una ancora lontana transizione completa ad altri modelli di alimentazione.
Sono almeno 1,5 milioni i mezzi che necessitano di questo additivo e partendo dallo stop di ottobre, abbiamo contattato lo stabilimento di Ferrara di Yara, parlando con il direttore operativo, Giuseppe Piemontese, per capire la situazione attuale.
Partiamo dalle basi, come si produce l’additivo AdBlue?
AdBlue è un additivo: urea in soluzione, urea liquida. L’urea è un fertilizzante solido, dei granuli di colore bianco che si utilizzano nei campi in agricoltura. L’additivo è un intermedio della produzione dell’urea, è la soluzione prima che si arrivi a poterla granulare, urea al 32,5%, utilizzata nei motori con caratteristiche qualitative molto elevate, per non provocare danni alle automobili. Tramite una riduzione chimica trasforma gli ossidi di azoto in azoto (N2) e acqua (H2O) in forma elementare gassosa, riducendo le emissioni degli ossidi di azoto dai gas di scarico del 90%.
Per i nuovi diesel euro 5 e 6 l’additivo è necessario per il funzionamento, a quanto abbiamo capito.
Si, AdBlue è necessario per gli autoveicoli, camion, auto, diesel euro 5 e euro 6. Questo vuol dire che i diesel più nuovi, da due-tre anni a questa parte hanno necessità di questo additivo che migliora le emissioni di ossidi di azoto. Una volta spento il motore, se l’additivo è finito, quando si cerca di accenderlo, non va in marcia. Senza additivo non riescono a partire, perchè avrebbero emissioni troppo importanti e semplicemente il veicolo non si avvia.
Quale è stato il problema che ha bloccato la produzione? Attualmente lo stabilimento è tornato operativo?
Da un paio di settimane la produzione è ricominciata. Il mercato ha adeguato i prezzi: la nostra materia prima è il gas naturale (metano) e il gas, come è noto e si legge sui media, ha quadruplicato il proprio costo a partire da settembre. Questo ha portato a considerevoli aumenti tutti i prodotti che hanno come materia prima il gas, come ad esempio l’energia elettrica. Ugualmente, per quello che riguarda AdBlue e i fertilizzanti, il mercato ha accettato la variazione di costo, visto che non è possibile produrlo in perdita. (per un periodo lo stabilimento ha lavorato sottocosto, poi si è fermato, Ndr)
Yara è l’unica fabbrica d’Italia di AdBlue? Nel quadro degli aumenti generali dei prezzi delle materie prime e delle difficoltà produttive di tutte le catene mondiali, pensa ci saranno ulteriori stop e problemi il prossimo anno?
Noi riforniamo circa il 60% del mercato italiano. Ci saranno, come ci sono già stati, dei rialzi a livello di cliente finale. Come il costo dell’energia elettrica è salito del 30/40%, la stessa cosa è successa nel mercato di AdBlue. Per inciso, è giusto dire che Yara ha altri stabilimenti in Europa e quindi in quel periodo non ha sospeso le forniture. Avendo noi un serbatoio a Ravenna, lo abbiamo utilizzato insieme ad importazioni da altri stabilimenti nel mondo e siamo riusciti a continuare a servire il mercato nelle settimane in cui lo stabilimento si è fermato. Abbiamo quindi solo ridotto le forniture: se prima fornivamo 5-6 mila tonnellate a settimana, nel periodo in cui eravamo fermi avremo fornito circa 3,5-4mila tonnellate al mercato, non mettendo in crisi il trasporto in Italia.
Qualche traballamento c’è stato e il tema è arrivato sulle pagine nazionali, anche se per il momento la situazione sembra gestibile, con il ritorno della disponibilità di AdBlue a prezzi maggiori ma ancora sostenibili, nonostante l’impatto per le aziende a lunga percorrenza siano importanti. La sensazione, però, è che potrebbe sembrare l’inizio di una storia destinata a ripetersi, in un paese come l’Italia storicamente dipendente dal trasporto su strada, per circa tre quarti delle proprie merci: è un avviso.
Siamo in un momento storico di grande cambiamento su tutto quello che è il trasporto, l’economia globale e il contemporaneo cambiamento climatico: tessere infinite di un domino instabile, di cui una pedina non indifferente è a Ferrara.