I due mesi abbondanti di promozione del suo ultimo film Let’s Kiss – storia di una rivoluzione gentile hanno reso il regista Filippo Vendemmiati un po’ refrattario alle interviste. “Sentiti libero di prendere qua e là le frasi che ti servono”, dice scherzando in avvio di conversazione. Il documentario (anche se la definizione è un po’ impropria) su Franco Grillini verrà proiettato in città, alla Sala Estense il prossimo 14 dicembre, con entrambi i protagonisti presenti in sala.
Franco Grillini ha una storia talmente ampia che non deve essere stato facile raccontarlo in poco meno di un’ora e mezza di film.
È così. Ma i grandi registi insegnano che bisogna andare per sottrazione, come d’altra parte si fa nel mestiere del giornalista. Quindi tutto sommato non è stato difficile. Il problema è che Franco è un personaggio enorme e quando inizia a parlare non smette più. Aggiungiamoci che esistono centinaia di ore di materiali di tv pubbliche e private, perché per anni Franco è stato invitato ovunque e lui non si è tirato mai indietro. Ci sono parti che ho dovuto escludere davvero a malincuore, ma se avessi voluto coprire integralmente la sua storia avrei avuto materiale per una mini-serie. Volevo fare un racconto col mio punto di vista, una camminata fisica tra la vita pubblica e privata di una persona intelligente, ironica e che sa scherzare su sé stessa.
La storia di Grillini spiega bene i progressi enormi che sono stati fatti in quarant’anni di battaglie per i diritti civili.
Quando ho fatto vedere il film a mio figlio, che ha ventun’anni, è rimasto molto colpito dalle differenze che ci sono tra la società di trenta o quarant’anni fa e quella di oggi. Come dice Franco, noi non ci rendiamo del tutto conto della rivoluzione che è stata fatta soprattutto nella testa delle persone. L’omosessualità oggi non è affatto un tabù tra i ragazzi, se non in poche eccezioni. Nei giovani, per fortuna, non c’è il pregiudizio che c’era una volta. Per un ventenne è completamente assurdo vedere un signore che in tv afferma di aver paura ad accogliere in casa un amico gay, preoccupato dal rischio che possa aver un’influenza negativa sui suoi figli. Credo che il film ci aiuti a capire com’è cambiato il costume dagli anni Ottanta a oggi, forse più velocemente delle leggi. Se il film si chiama Let’s kiss è proprio per questo: è un invito a esprimere il proprio amore pubblicamente, senza doversi preoccupare del giudizio di qualcun altro.
In un’altra intervista hai sottolineato come una storia come quella di Grillini e dell’Arcigay potesse accadere solo a Bologna. Tu però sei nato a Ferrara, una città che in un passato ormai lontano vedeva Bologna come un luogo eccessivamente libertino.
Ferrara è sempre stata una città molto chiusa. Se ripenso alla mia gioventù mi torna in mente quando tra ragazzi si organizzavano dei veri e propri sex tour sui viali di Bologna, solo per vedere le prostitute e i travestiti che al tempo erano una cosa fuori dal mondo, sicuramente impensabile a Ferrara. Erano viaggi di apprendimento che includevano delle buone dosi di goliardia e anche d’ignoranza. La distanza culturale tra Bologna e Ferrara è rimasta piuttosto ampia, anche se con il progressivo sviluppo dei mezzi di comunicazione credo che certe distinzioni non abbiano più molto senso. Oggi per fortuna le opportunità sono praticamente le stesse e si è liberi di essere chi si vuole tanto in una città quanto in un’altra.
In tempi di polemiche facili (e sterili) da social viene spontaneo chiedere se qualcuno ti ha accusato di aver realizzato questo film per speculare sul dibattito relativo al ddl Zan.
Quello no, visto che questo è un progetto nato tre anni fa quando il ddl Zan era lontano dall’essere proposto. Senz’altro rappresenta una circostanza fortunata promuovere questo film in un momento nel quale il dibattito sui diritti è così attuale, ma non è che prima fosse meno sentito o meno presente. Però c’è anche da dire che dopo la presentazione del film ho ricevuto un po’ di messaggi da persone, anche di Ferrara, che non sentivo davvero da tantissimo tempo. In alcuni ho colto una curiosità quasi inespressa, come se mi stessero chiedendo qualcosa del tipo ‘Sei passato all’altra sponda?’ (ride, ndr). Questo spiega bene il retaggio culturale deleterio che ancora si portano dietro tante persone, che finiscono col credere che per occuparsi di una cosa bisogni per forza farne parte. Fa parte di una mentalità ormai superata che presuppone di fare certe cose nel privato o addirittura nella segretezza, per non turbare la quiete degli altri. C’è poi un altro elemento che rivela le contraddizioni che stiamo vivendo: il film verrà presentato anche in Parlamento, proprio il luogo in cui è i politici hanno affossato il ddl Zan. Se la pellicola servirà a tenere vivo il tema sarà tutto di guadagnato.
Il tuo curriculum dice che sei arrivato già a quota sette opere in qualità di regista. Però il tuo lavoro principale rimane quello di giornalista Rai. Quant’è difficile tenere insieme queste due vite?
A me piace sempre dire che me ne intendo più di calcio che di cinema… (ride, ndr), ma di certo c’è che è sempre più difficile tenere distinti i due ruoli. Quando ho iniziato la mia attività di regista, quasi quindici anni fa, questa veniva svolta nel tempo libero tra ferie e permessi, ma ora il gioco è diventato pericoloso perché il tempo che servirebbe è sempre di più e trovo più divertente fare film che servizi televisivi. Sarà che sono anziano, ma la soddisfazione più grande per me è partecipare alle proiezioni, sentire i commenti e le critiche, partecipare ai dibattiti. Vedere le persone, le loro espressioni, e stare in mezzo a loro non è neanche paragonabile a vedere un proprio servizio passare sul TG1, anche quando fa tre milioni di spettatori. Quei tre milioni magari stanno mangiando, chiacchierando o facendo altro. Mentre in una sala di un cinema l’attenzione è completamente rivolta allo schermo.
Presentare il film a Ferrara significa qualcosa di speciale per te? E com’è cambiato il tuo rapporto con la città dopo tanti anni a Bologna?
Mi emoziona molto l’idea di presentarlo alla Sala Estense, soprattutto perché lì, negli anni Settanta, veniva organizzato un cineforum che per me ha rappresentato un momento fondamentale di formazione. Venivano proiettati film pesantissimi, come quelli di Jodorowsky o Fragole e Sangue di Stuart Hagmann. Per il resto il mio rapporto con Ferrara è diventato sempre più labile nel corso degli anni. Il tempo si è portato via i miei genitori, mio fratello vive a Roma, i pochi amici rimasti a Ferrara in genere li vedo altrove. Di fidanzate a Ferrara ne ho avute poche. Rimane solo la SPAL, che è un amore vissuto in maniera totalmente umorale e ingiustificata e che negli ultimi anni mi ha dato gioie che non pensavo avrei vissuto. C’è poi la distanza con quella che è la direzione politica presa dalla città, non lo posso nascondere. Non ho nulla contro chi è stato legittimamente eletto per amministrare Ferrara, ma la scelta dell’elettorato mi ha un po’ deluso.
Ma con Franco Grillini parli mai della SPAL?
Franco di calcio non sa assolutamente niente, ma è al corrente della mia passione e quando capita di esternarla mi guarda con stupore. In quei momenti gli faccio presente che se lui ha sposato l’Arcigay (ne è stato presidente per 18 anni, ndr) io posso benissimo essere sposato con la SPAL. Al netto poi di tutte le altre differenze che abbiamo. A partire da certi suoi gusti culinari: lui va matto per i tortelloni con le noci. Per uno nato nella città dei cappellacci con la zucca si sfiora quasi l’eresia.
INFO:
Let’s Kiss – storia di una rivoluzione gentile verrà proiettato il 14 dicembre 2021 in Sala Estense, a Ferrara. La proiezione inizierà alle 21. Apertura porte e cassa alle ore 20.15
I biglietti si possono acquistare tramite BoxerTicket
http://www.cinemaboldini.it/proiezione-lets-kiss-con-filippo-vendemmiati-e-franco-grillini/