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Vivaldi torna il 30 e 31 dicembre a Ferrara, da cui era stato tenuto lontano negli ultimi anni della sua vita, e lo fa con la prima rappresentazione nella nostra città del Farnace, un’opera cui teneva moltissimo (un’opera feticcio, secondo il direttore d’orchestra Diego Fasolis) e che rimaneggiò più volte fino al 1738, senza poterla mai mettere in scena nella nostra città, al Teatro Bonacossi.
Le vicende che accompagnano questa prima ferrarese sono curiose, ma bisogna partire dal principio per inquadrarle meglio: il Farnace (RV 711) è un dramma per musica in tre atti su libretto di Antonio Maria Lucchini. L’opera andò in scena per la prima volta al Teatro Sant’Angelo di Venezia, il 10 febbraio 1727 e fu quindi ripetutamente ripresa e profondamente riveduta negli anni successivi.
UN PERSONAGGIO CHE PIACE
L’argomento del Farnace fu oggetto di parecchio interesse nel corso di tutto il XVIII secolo. Ne esiste una prima versione di Antonio Caldara per il Teatro Sant’Angelo di Venezia nel 1703, mentre il testo poi musicato da Vivaldi, era stato inizialmente intonato da Leonardo Vinci nel 1724. Un altro Farnace venne composto da Francesco Corselli per il Teatro Real del Buen Retiro di Madrid, nel 1739, un’altra ancor più celebre venne scritta da Josef Mysliveček per il Teatro di San Carlo di Napoli nel 1767. Ai giorni nostri quella di Vivaldi rimane comunque quella di maggiore interesse.
Vivaldi dopo la prima a Venezia porta in giro come detto versioni differenti dell’opera: a Praga nel 1730, a Pavia l’anno seguente, a Mantova quello dopo ancora. Cinque anni dopo a Treviso, nel 1737, anno in cui inizia la stesura dell’ultima revisione destinata al pubblico ferrarese per l’anno seguente ma che verrà clamorosamente bloccata.
GLI ULTIMI ANNI DI VIVALDI
Come molti compositori dell’epoca anche Vivaldi viveva nell’ultima parte della sua vita un momento difficile, colmo di traversie economiche ed umane. Le sue composizioni non venivano più molto apprezzate a Venezia: i rapidi cambiamenti dei gusti musicali e l’affermazione dell’opera napoletana lo avevano messo fuori moda, così decise di trasferirsi a Vienna, dove era stato invitato da Carlo VI e dove sperava forse di occupare qualche posizione ufficiale a corte. Riuscì a emigrare soltanto nel 1740 ma Carlo VI morì di lì a poco ed anche Vivaldi l’anno seguente passò a miglior vita. Tra i motivi con cui con amarezza aveva deciso di abbandonare l’Italia ha pesato proprio il veto ferrarese al suo Farnace nel 1737, che aveva segnato profondamente l’animo del musicista.
IL DIVIETO FERRARESE
All’inizio della stagione d’opera a Ferrara, con la quale Vivaldi sperava di rifarsi dalle difficoltà, era stato convocato dal nunzio apostolico a Venezia che gli aveva notificato la proibizione di recarsi nel capoluogo emiliano, decisa nei suoi confronti dal Cardinale Arcivescovo Tommaso Ruffo. Decisione catastrofica visto lo stato d’avanzamento del progetto e degli impegni finanziari già assunti da Vivaldi, e motivata dal fatto che il Prete Rosso non diceva messa ormai da molto tempo ed aveva l’abitudine di accompagnarsi con il contralto Anna Giró (che aveva peraltro una parte nel Farnace) e con altre donne. All’Arcivescovo non piaceva in generale il coinvolgimento dei preti negli affari dello spettacolo. Questo emerge da una lettera inviata da Vivaldi al suo protettore ferrarese, il marchese Guido Bentivoglio, per cercare il suo appoggio nel tentativo di ottenere la revoca dell’interdizione vescovile. Vivaldi esponeva ragioni di salute per le quali non officiava più da tantissimi anni il servizio divino e proclamava la perfetta correttezza dei suoi rapporti con le dame che lo accompagnavano, “tutte di specchiate, e comprovabili, devozione ed onestà”. Nonostante questi sforzi Vivaldi non ottenne mai il via libera e anche per il danno economico subito decise di chiudere definitivamente con l’Italia.
IL TEATRO BONACOSSI
L’opera che andrà in scena il 30 e 31 dicembre a Ferrara era come detto destinata all’epoca ad un altro teatro, visto che il nostro Teatro Comunale sarebbe stato inaugurato soltanto nel 1798. Dov’era dunque il Teatro Bonacossi? Per volontà del conte Pinamonte Bonacossi, esponente di una delle famiglie più in vista della città, nella zona della chiesa di Santo Stefano, in via del Turco, venne costruito un teatro d’opera, inaugurato nel 1662.
Progettato con la classica forma seicentesca a campana allungata, il Teatro nel corso del ‘700 si rivelò di misure troppo esigue in rapporto al veloce modificarsi delle esigenze del pubblico. La struttura in legno venne riammodernata intorno al 1840 dall’ing. Giovanni Tosi con una pianta a ferro di cavallo e uno sviluppo su quattro ordini di diciannove palchi ciascuno. Poi nuovamente ampliato negli ultimi decenni dell’Ottocento con l’introduzione dell’illuminazione a gas e dell’impianto di riscaldamento, servizi di ristorante, caffè e locali per fumare. L’ultimo intervento di ristrutturazione avvenne intorno al 1920, quando venne intitolato alla celebre attrice Adelaide Ristori.
Il Teatro Bonacossi, primo teatro pubblico a pagamento in città, divenne in breve tempo molto popolare: frequentato dai più celebri cantanti dell’epoca, qui vengono eseguite le novità del repertorio operistico, tra cui Vivaldi e Albinoni. Perse ovviamente di importanza quando, nel 1798, viene aperto il Teatro Comunale, rimanendo comunque attivo grazie alla realizzazione di nuovi spazi ricreativi e di incontro destinati al pubblico. Nel secondo dopoguerra venne convertito in sala cinematografica, il Cinema Ristori, attivo fino al 2004 quando con l’avvento delle multisale il palazzo venne lentamente riconvertito ad uso residenziale.
LA TRAMA
L’azione si svolge a Eraclea, città della Magna Grecia, durante la conquista romana dell’Anatolia. Farnace, re del Ponto, è il figlio e successore di Mitridate. Sconfitto dai Romani, è assediato nella sua ultima roccaforte. Per evitare la caduta nelle mani del nemico, ordina alla moglie, Tamiri, di uccidere il figlio, poi di suicidarsi. La madre di Tamiri, Berenice, regina di Cappadocia, nutre sentimenti d’odio verso Farnace e si accorda con il vincitore romano Pompeo per ucciderlo. L’arrivo delle truppe di Pompeo aggrava la situazione. Selinda, sorella di Farnace, viene fatta prigioniera dal romano Aquilio che è innamorato di lei, così come Gilade, uno dei capitani di Berenice. Nel tentativo di salvare il fratello, la donna li mette l’uno contro l’altro. Farnace sta per suicidarsi, credendo che sua moglie e suo figlio siano già morti, ma Tamiri appare e gli impedisce di compiere il fatale gesto.
Il terzo atto dell’opera, nell’edizione del 1738, è andato perduto, tanto da venire generalmente inserito quello della versione del 1731. Direttore e regista, in maniera condivisa, hanno invece optato per un’altra soluzione, presentare il frammento nella sua integrità, senza arbitrii, ricostruzioni o integrazioni, consci che sia il miglior servizio che si possa rendere alla musica di Vivaldi. Un’operazione-verità. Non solo perché si sta riportando l’opera a Ferrara riparando un torto subìto da Vivaldi, ma perché finora coloro che lo hanno eseguito hanno sempre pensato di integrarlo col terzo atto della versione del 1727. Ma il Vivaldi del 1738 avrebbe scritto altre cose. Quindi presentare il frammento – i due soli atti nudi, crudi, integrali – è un gesto nuovo, coraggioso e rispettoso.
IN SCENA AL COMUNALE
Il Teatro Abbado, a 283 anni dalla sua ideazione, porterà in scena l’opera proprio a Ferrara con un allestimento originale che debutterà giovedì 30 dicembre (ore 20) con replica venerdì 31 (ore 16), per celebrare la fine dell’anno con una grande festa al Teatro Comunale di Ferrara.
La ‘Prima’ della versione ferrarese nella città estense – nell’edizione critica di Bernardo Ticci (RV 711-G) – sarà affidata all’Orchestra Accademia dello Spirito Santo, specializzata nella musica dell’epoca barocca, diretta da Federico Maria Sardelli, tra i massimi conoscitori dell’opera vivaldiana, che per la prima volta dirigerà a Ferrara. La regia è firmata da Marco Bellussi, le scene da Matteo Paoletti Franzato, i costumi da Carlos Tieppo e le luci da Marco Cazzola. Interventi video a cura di Creativite. Nel cast, oltre a Raffaele Pe (Farnace), anche Francesca Lombardi Mazzulli (Gilade), Chiara Brunello (Tamiri), Elena Biscuola (Berenice), Leonardo Cortellazzi (Pompeo), Silvia Alice Gianolla (Selinda) e Mauro Borgioni (Aquilio). Il Coro Accademia dello Spirito Santo sarà diretto da Francesco Pinamonti.
Lo spettacolo è una produzione della Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, in coproduzione con il Teatro Comunale di Piacenza, dove Il Farnace andrà in scena l’8 e il 10 aprile. Per gli spettacoli del 30 e 31 dicembre biglietti disponibili su www.teatrocomunaleferrara.it, il circuito Vivaticket e in Biglietteria (corso Martiri della Libertà 21, Ferrara).
I COMMENTI
Non sarà solo uno spettacolo di intrattenimento teatrale e musicale, ma anche un’operazione culturale: riportare a Ferrara l’opera mai messa in scena. “Sarà un evento, perché con quest’opera Vivaldi viene a Ferrara per la prima volta – dice Federico Maria Sardelli -. Questo è il suo ultimo Farnace giunto sino a noi, è il cavallo di battaglia di tutta la sua carriera musicale. Aveva le scritture già pagate, aveva già tutti i cantanti, lo scenario. Sta per arrivare il momento di andare in scena, ma gli viene impedito di metter piede in città dall’allora cardinale che la governava, Tommaso Ruffo. L’episodio lo segna per il resto dei suoi giorni. Per questo mettere in scena Il Farnace a Ferrara è un’occasione storica: per noi è importante riparare a quel torto subito, rendendo finalmente giustizia a Vivaldi”.
Nella visione del regista Marco Bellussi “protagoniste sono proprio le dinamiche conflittuali, che accendono folgori improvvise a rischiarare un clima cupo di incombente luttuosità. Gli scontri politico/militari si intrecciano infatti ad antichi dissapori, legati ad eventi pregressi, determinando irremovibili acerbità. In un allestimento scenico rigorosamente essenziale e schematico, guadagnano evidenza i costumi, elementi volutamente non storicizzati, ma sostanzialmente rappresentativi dei profili caratteriali dei rispettivi personaggi”.
“Sono davvero emozionato per questo nuovo debutto a Ferrara – spiega Raffaele Pe -. Farnace è un leader che sarebbe capace di sacrificare un figlio per il bene del proprio popolo. Lo muovono onore e virtù, ma si scioglie in lacrime davanti al figlio creduto morto con un canto dolcissimo e tragico. Sono sentimenti forse difficili da comprendere oggi, ma su cui anche la nostra identità e la nostra storia si fondano. Con la mia voce voglio dare corpo al carattere forte e sanguigno del condottiero e al tempo stesso rivelarne l’onestà e l’autenticità che anima le sue azioni, un dualismo che oggi il registro di controtenore può ritrarre con accuratezza”.