Se guardiamo dal buco della serratura di una scuola, di pomeriggio, quando non c’è nessuno, cosa vediamo? Corridoi deserti, con le aule vuote e silenziose che vi si affacciano e paiono respirare, dopo che per cinque-sei ore al mattino hanno dovuto sentire impotenti le urla e gli strepiti dei ragazzi e dei professori. C’è una giacca dimenticata su un appendiabiti e una cartellina riversa su un banco, il materiale mezzo dentro e mezzo fuori dalla chiusura, rotta o difettosa. Un diario aperto in una data a caso con qualche scritta, siano compiti, il nome di una squadra di calcio o una dedica – se le scriveranno ancora, le “dediche”?
Può bastare così, da vedere c’è poco e potremmo anche andarcene, ma qualcosa ci trattiene. Abbiamo visto solo la superficie, ma immaginiamoci di avere, dietro la prima, un’altra serratura da cui spiare, e allora guardiamo un po’ più in là. Anzi: ascoltiamo. I corridoi e le aule sono sempre vuoti, ma stavolta sentiamo qualche voce, ci pare di ascoltare una storia o solo un frammento, ci sembra di sentire una poesia, una cronaca o una canzone, oppure l’inizio di un racconto. Allora non andiamo più via, ormai vogliamo saperne di più!
È questa la sensazione che ci coglie quando entriamo nella scuola media “Torquato Tasso” di Ferrara e sfogliamo il suo giornale, che quest’anno festeggia i suoi primi settant’anni. Ci pare, scorrendo i suoi articoli, di avere tantissimo da ascoltare e da imparare.
Il giornale della Tasso è un giornale scolastico un po’ diverso dagli altri, più coraggioso, più ambizioso. Nel 1949, la professoressa Francia Finotti, insegnante della Tasso – che occupa l’attuale sede dal 1966 prima con il nome di “Scuola Media Statale n.6”, mentre quello attuale arrivò solo nel 1998 – decise di pubblicare un giornale, Dal buco della serratura, dove raccogliere articoli di attualità così come cronache di viaggio, racconti di finzione e poesie. Inizialmente la rivista era pensata come esclusiva della sezione in cui insegnava, la D, mentre dal 1951, per volontà della Preside dell’epoca, la professoressa Adolfina Melloni, divenne giornale d’istituto. È alla data del 1951 che noi ci rifacciamo, perciò quest’anno ricorrono i settant’anni dalla fondazione. Dedicargli un pezzo ci pareva il minimo.
A questo punto però non accontentiamoci di sbirciare ma cerchiamo di aprirla questa serratura, facendoci aiutare dai docenti di italiano Christian Abate e Laura Cappiello, e da quella di inglese Giovanna Russo.
All’ingresso della Tasso ci si trova in un ambiente altero, d’altri tempi, un corridoio largo e dalle pareti alte. Percorrendolo, a un certo punto sulla destra si apre un atrio dove parte una grande scala che porta ai piani superiori. L’esterno del palazzo, nel bel mezzo di Viale Cavour, è non meno imponente: costruito negli anni Trenta, si tratta della “Ex Casa del Fascio”, e ricordo che anni fa si diceva fosse misteriosamente a forma di M – in realtà, guardandolo dall’alto su Google Maps la forma ricorda più una C, perciò chissà se quella storia era vera.
Ma torniamo dentro: salite le scale, ci si trova al primo piano, e anche qui il tempo sembra essersi un po’ fermato. Da eleganti porte di legno scuro si accede alle aule e agli altri ambienti, tra cui un ufficio d’angolo che si affaccia sul viale, ed è qui che siamo ricevuti. I tre curatori hanno preparato diverse copie del giornale e alcuni attestati autorevoli che ne confermano i meriti a livello non solo regionale ma addirittura nazionale. L’attestato Penne Sconosciute del 2019, o il premio dell’Ordine dei Giornalisti nel 2006 sono alcuni dei riconoscimenti ricevuti negli anni dal lavoro dei ragazzi della Tasso.
Cos’è dunque Dal buco della serratura? Qui si raccolgono articoli su temi di cronaca e d’attualità, così come componimenti poetici o narrativi, racconti di viaggio, riflessioni, interviste. Una presentazione più esaustiva la si può leggere nell’edizione LXX, del 2019 in prima pagina, dove alcuni alunni intervistano Elisabetta Marcigliano, un’ex alunna della scuola purtroppo scomparsa da pochi mesi. La signora Marcigliano si è infatti occupata di recuperare ogni annata dal 1949 a oggi, ragion per cui adesso la scuola le ha tutte e settanta a disposizione.
La grafica del giornale è semplice, il titolo e il logo sono gli stessi fin dalla nascita. Perché questo titolo? La signora Marcigliano stessa, impariamo leggendo la sua intervista, non è riuscita a scoprirlo, quindi pazienza, ci terremo la curiosità. Ci viene da chiamarlo “giornale” e non “giornalino”, come lui stesso si definisce, forse per la deferenza che ci ha suscitato fin da subito, perché a sfogliarlo si ha l’impressione di trovarsi tra le mani un giornale vero e proprio. Esagerazione? Può darsi, ma se è così l’invito è quello di procurarsene una copia e leggerlo.
I pezzi sono scritti interamente dai ragazzi, e vengono letti, eventualmente rivisti (ma le correzioni sono poche, ci assicurano) e selezionati per la pubblicazione dagli insegnanti di italiano e da altre giurie eccellenti, una costituita dai ragazzi – che orgoglio per loro farne parte! – e un’altra, la Giuria di Qualità, da ex insegnanti della Tasso in pensione.
Gli articoli di cronaca cui si accennava non sono pensierini di due righe: dalla cronaca riferita alla città, si passa ad argomenti scottanti e di stretta attualità, come l’omicidio Aldrovandi o la violenza sulle donne. Per decidere temi e articoli si parte infatti dalla didattica dell’istituto, ma poi ci si allarga fino ad abbracciare tutto ciò che accade fuori. Fin dalle prime assemblee d’istituto si delineano alcuni temi generali, che poi i ragazzi sviluppano con l’aiuto e l’incoraggiamento dei loro professori. Non solo quelli di italiano: vengono infatti coinvolte anche altre materie.
Alcuni pezzi sono ad esempio scritti in inglese: dall’intervista impossibile a Lucrezia Borgia all’intera sezione dedicata “Divertiamoci con le lingue”. Del resto, la vocazione della scuola è internazionale, ed è infatti attivo il progetto Erasmus con scuole spagnole, portoghesi, turche, bulgare. Il progetto, partito nel 2018, ha subìto nel 2020 un brusco stop per colpa del solito odioso virus, ma è proseguito in modo virtuale e si propone di ricominciare in tempi migliori. Di sicuro, il giornale non si perde d’animo e continua a scriverne, a gridare la sua voglia di aprirsi al mondo.
Qual è la risposta dei ragazzi? Possibile che degli adolescenti, di questi tempi, con tutte le distrazioni che hanno a disposizione, siano ancora invogliati a scrivere? Non sarà che è la scuola che li obbliga, magari per ottenere voti migliori?
Niente di tutto questo. Certo, ci sono diverse gratificazioni, spiegano i curatori, a partire dalla soddisfazione di veder pubblicato un proprio articolo o un proprio racconto, o quella di entrare a far parte della già citata Giuria dei Ragazzi. La loro risposta è grandiosa, ci dicono i tre insegnanti: in moltissimi, dal primo al terzo anno, partecipano con passione e dedizione.
Non era forse l’adolescenza quell’età indefinita e sterile dove si ha poco o nulla da dire? «Le scuole medie sono l’età peggiore della vita» dicono. Alzi virtualmente la mano chi non ha mai sentito pronunciare questa frase o chi non l’ha mai detta in prima persona! L’età più difficile, probabilmente, ma anche piena di cose da dire.
Chi scrive si è dovuto personalmente ricredere: certo, si capisce che a scrivere non sono Manzoni e Pirandello ma penne ancora incerte, ragazze e ragazzi di non più di quattordici anni; tuttavia, in mezzo ai vari contributi se ne distinguono di molto belli, alcuni lasciano senza parole per la profondità, la proprietà, la consapevolezza con cui scrivono i loro autori. In loro, esiste una potenzialità inaspettata, e il giornale è come un megafono, una cassa di risonanza dove queste potenzialità si liberano e si scatenano.
Del resto non scopriamo nulla, visto che quella di Dal buco della serratura è una storia che va avanti da ben oltre mezzo secolo. Nel corso del nostro colloquio coi professori Abate, Cappiello e Russo abbiamo l’opportunità di scorrere le pagine delle passate edizioni e di leggere gli eventi più importanti dei decenni passati, visti dagli occhi degli studenti. La morte di Einstein, l’assassinio di Kennedy, lo sbarco sulla Luna, fino ai tristi fatti del 2020, tutto descritto senza retorica, con acume ed entusiasmo. Lo si legge tra le righe nel modo accorato in cui i ragazzi denunciano la violenza o la schiavitù, nell’ironia che usano quando fingono di intervistare Lucrezia Borgia, nella fantasia sprigionata immaginandosi in sella all’ippogrifo ariostesco, destinazione Luna, dove è finito tutto ciò che sulla Terra si è perso.
A proposito, chissà se è lassù che va a finire l’entusiasmo infantile e adolescenziale che con gli anni perdiamo. Di certo, quando di questo entusiasmo sentiamo la mancanza, ora sappiamo dove trovarne un bel po’: non sulla luna, ma tra le pagine di un giornalino scolastico. A intervista finita i tre insegnanti ripongono premi ed edizioni cartacee, ma il giornale è anche in digitale, ci ricorda la professoressa Russo, che si è occupata della digitalizzazione.
Uscendo, questo palazzone che sorge un po’ goffo in mezzo al viale non ci sembra poi così altero e antico, ma più che mai giovane, con tantissime cose da dire e ancora più voglia di farsi ascoltare.
INFO:
L’ultima edizione online del giornalino si scarica a questo link.
3 commenti
Anch’io ho scritto un articolo sulle pagine di questo “giornalino”……Si chiamava “Il nostro amico Atomo” mi pare un commento su una trasmissione televisiva….(risalente a circa la metà degli anni ’50 – periodo in cui frequentavo la Scuola Media “T.Tasso” , che a quei tempi aveva la sua sede in via Borgoleoni – La Preside era la Sig.na Adolfina Melloni). La Scuola Media non era ancora “unificata”, ma costituiva un percorso piuttosto impegnativo, perchè preparava soprattutto agli studi liceali (Classico e Scientifico che conducevano all’Università….). Quanto “sudore” nell’apprendimento dello studio del Latino…..ma rifarei tutto dall’inizio….perchè solo in seguito mi resi conto della sua grande importanza….!
GRAZIE DI AVER RIPORTATO ALLA MEMORIA UN PERIODO LONTANO -“SOFFERTO” MA IN FONDO “GRATIFICANTE” – QUANTO SUDORE PER SUPERARE GLI OSTACOLI DI UNA SCUOLA CERTAMENTE DIFFICILE (SPECIALMENTE PER CHI, COME ME, ERA ANCORA “PIUTTOSTO” INFANTILE….MA DETERMINATA NEL SUPERARE LA “UMILIAZIONI” INCONTRATE DURAMTE IL PERCORSO….).
Che bell’articolo!!! io ero alla Tasso quando era in via Mentessi….e ricordo il giornalino. Bei tempi! Ottima preparazione, i prof erano molto bravi e preparati. Ero in A.