

Sergio Zanni si definisce un “pessimo parlatore”, spero mi consentirà di dissentire e affermare che in realtà è un abile, atipico cantastorie. La verità è che non necessariamente dobbiamo esprimere i nostri pensieri oppure i mondi interiori attraverso il linguaggio verbale. Possiamo trovare un’infinità di strumenti e modalità per comunicare, e per liberare i nostri sogni, ma anche i nostri incubi. Zanni ha scelto di raccontarci il suo mondo, composto da un agglomerato di avventure (anche immaginarie), miti, sogni, memorie, attraverso la scultura.
All’inizio della sua carriera, l’artista ferrarese si dedica alla pittura. Verso la metà degli anni Settanta si accorge che il linguaggio pittorico non era capace di esprimere pienamente il suo assoluto bisogno di rendere l’immaginario tangibile. Perciò, per esplorare mondi paralleli e terre sconosciute decide di passare alla scultura. I primi lavori plasmati in creta sono considerati come transitori verso una potenziale fusione in bronzo.

Col tempo, rivaluta la potenzialità della creta ed essa si consolida come il materiale che “gli suggeriva e permetteva un linguaggio personale e completo”. Sergio Zanni si trasforma contemporaneamente in distruttore e creatore, perché essere uno scultore comporta che il gesto distruttore si unisca a quello creativo, plasmando la materia fino a ‘estrarre’ l’esatta forma desiderata. Adopera la scultura per narrare attraverso il suo inconfondibile stile, episodi che vedono come protagonisti una moltitudine di figure: l’eremita, l’osservatore, il camminatore, il signore della pioggia, il custode delle pianure, i cacciatori di nuvole (un ruolo sublime!), il pittore di guerra, l’equilibrista, il viandante. Personaggi che rappresentano altresì le tematiche presenti nella sua produzione artistica: la condizione umana, il viaggio, il tempo, l’impossibile, il conflitto, il sogno.
Volumi narranti è la mostra dedicata ai suoi lavori, inaugurata un paio di giorni fa al Padiglione d’Arte Contemporanea, che comprende un ventaglio ricco delle sue opere, dalle sculture di varie dimensioni ai quadri. Il titolo implica la presenza di queste “figure concrete che si impongono nello spazio per raccontare la loro storia”. Effettivamente, dalla penombra che avvolge lo spazio espositivo del secondo piano, emergono queste sculture immobili e voluminose – personaggi che ci consegnano la vulnerabilità degli esseri viventi sotto varie prospettive. Non passa decisamente inosservato il suo Foto di gruppo (opera donata dall’artista alla città di Ferrara) – un gruppo di kamikaze in attesa di uno scatto.

Il kamikaze è una figura reiterata spesso nei suoi lavori e l’ispirazione deriva da una lunga tradizione giapponese che vedeva tale guerriero disposto a sacrificarsi per determinati, sacri valori. Parallelamente, esso propone una riflessione più ampia sulla morte e quindi sui limiti dell’essere umano. Osservando gli altri lavori che condividono lo stesso spazio, ho notato un qualcosa di primigenio e perturbante allo stesso tempo. Corpi enormi come supporto a teste minuscole, sproporzionate a tutto il resto del corpo, come a significare un vuoto intellettuale della nostra società.
Parte delle sue opere sottolineano l’attuale fase di cambiamento che stiamo attraversando, quella transumana secondo l’artista, in cui valori genuini e solidi si dissolvano. Un momento storico complesso, in cui l’essere occidentale “ha perduto la misura umana del vivere” ed è percepito come “una grande forma senza sostanza”. Le sculture di Zanni certificano questa frantumazione dei valori, lo spaesamento e la precarietà che caratterizzano i nostri tempi. Parte della sua ricerca cattura proprio questo aspetto di noi contemporanei sempre in bilico fra volere e dovere, fra necessità e piacere, tra integrità e immoralità. La sua arte racconta i timori della nostra vita, ci tocca nel profondo e ci fa approdare alla fragilità umana.

La potenza visiva delle sue opere invita ad abbandonare per un breve arco di tempo la realistica quotidianità e addentrarci in un mondo parallelo e atemporale. Zanni è un eccellente esploratore di sogni e questa componente inconscia inderogabile per il lavoro creativo, attinge sia dalla fantasia sia dall’intuizione e ci apre a un mondo onirico. Al piano inferiore (sì, sto proponendo un percorso inverso, ma ogni tanto uscire dagli schemi è più che indicato) si trovano sculture di piccola-media dimensione, con dei chiari riferimenti al mondo greco antico e mitologico. Una molteplicità di figure presenti come metafore del viaggio, del naufragio, dell’esilio, del confine impercettibile tra passato e presente. Una componente accomunante è la valigia a simboleggiare sì, il viaggio, ma può prestarsi altresì come contenitore di sogni, disillusioni, progetti, incontri.
È indubbia la maestria artistica di Sergio Zanni, ma personalmente ritengo che sia proprio attraverso la scultura che l’artista riesca a esprimere la sua potenzialità creativa. Quindi, vi invito a vedere la mostra e nel caso, sentitevi liberi di confutare tale pensiero.

