“Con o senza acciughe?” è la domanda che sentirete più spesso pronunciare da Matteo Orsucci, gestore insieme al padre della celebre pizzeria di Ferrara in via Saraceno, all’incrocio con via Belfiore. Siamo amici da quasi 20 anni, ma non mi ero mai soffermata a osservare i dettagli del suo locale, né conoscevo la storia che ebbe inizio nel lontano 1936…
Com’è nata la pizzeria Orsucci? Chi ha dato vita all’attività?
Il mio bisnonno Armando, originario di un piccolo paese in provincia di Lucca, fondò l’attività nel 1936. Venne a Ferrara quando alle spalle aveva già in eredità una pizzeria a Padova, aperta nel 1922. L’attività, che riuscì a superare la guerra, inizialmente oltre a castagnaccio e pizze produceva anche gelati, che mio nonno Vero vendeva con il suo carretto. I gusti un tempo erano pochissimi, penso si limitassero ai grandi classici, come crema, panna, nocciola e cioccolato. Con gli anni però abbandonarono il gelato e proseguirono con le pizze. Nel tempo si sono susseguite le nostre diverse generazioni: prima il mio bisnonno ha lavorato insieme al figlio, mio nonno, poi quest’ultimo si è dedicato alla pizzeria al fianco di mio zio e, infine, a partire dal 2010 abbiamo preso in mano l’attività io e mio padre Armando, con il supporto di mia madre Cinzia.
Fondamentali per dar vita a questa splendida famiglia allargata sono stati anche i nostri due collaboratori, professionisti seri, affidabili e competenti. Colgo l’occasione per rivolgere anche a loro un grande grazie: a Jorge, che lavora con noi dai primi anni ’90 e a Jessica, che ha iniziato con noi nel 2010. Un’attività è fatta delle persone che ci lavorano dentro e senza di loro la Pizzeria Orsucci non sarebbe la stessa.
Cosa ti ha spinto a seguire la strada della tua famiglia e a lavorare per la pizzeria?
La mia carriera scolastica non era delle più brillanti, all’epoca non volevo stare con le mani in mano. Da bambino non pensavo di seguire la tradizione di famiglia, poi a 17 anni ho iniziato ad aiutare i miei zii in pizzeria, due braccia giovani non potevano che far bene… Che dire, giorno dopo giorno, alla fine mi sono appassionato a questo mestiere e ho deciso di rilevare l’attività con i miei genitori, senza i quali non avrei potuto perpetuare la tradizione di famiglia.
La passione di Matteo si vede, e non solo dalle innumerevoli volte che mi ripete “amo il mio lavoro” nel corso dell’intervista, ma anche da come lo dice, dal tono, dall’atteggiamento, dallo sguardo. Infatti, quando per essere sicura al 100% gli chiedo…
Sei contento di aver preso questa strada o avresti voluto fare altro?
Sono assolutamente contento. Se dovessi fare altro, l’unica strada che prenderei è quella dell’emiro arabo, se qualcuno mi insegna come si fa… [ride con genuinità, quella che da sempre contraddistingue Matteo, che con ironia ed empatia sa come regalare un sorriso ai suoi clienti.] Amo il mio lavoro: dietro c’è una storia, una famiglia, ci sono prodotti di un certo tipo e la pizza al tegamino che in Italia non è molto comune.
Di preciso, qual è il tuo ruolo all’interno del locale?
Inforno, sforno e parlo con i clienti: io sostanzialmente sto nel mezzo, tra la gestione degli ordini e la clientela da un lato, e la comunicazione con la cucina dall’altro.
Mi racconti la tua giornata tipo?
La mattina vengo qui con mio papà e organizziamo il tutto per la sera, il che significa preparare l’impasto e svolgere le pulizie. Il pomeriggio passo a controllare la temperatura del forno e la sera torniamo in pizzeria verso le 18:00, quando iniziamo a prendere i primi ordini telefonici. Alle 18:30 apriamo al pubblico. L’unica giornata diversa dalle altre è il venerdì, il momento in cui ci occupiamo della pulizia del forno: la cenere che si crea va rimossa una volta a settimana. Ci siamo divisi bene i compiti, ma lavoriamo spesso fianco a fianco.
Com’è lavorare con il proprio papà?
Un battibecco padre-figlio continuo! Scherzi a parte, è molto piacevole. Ogni tanto ci scontriamo, è normale. Purtroppo oggi le tradizioni di famiglia vengono spesso abbandonate… Anche se mio padre è sempre stato a contatto con questo mondo perché già da ragazzo trascorreva molto tempo dentro alla pizzeria, io e lui abbiamo iniziato insieme ed è bello che, da un certo punto di vista, siamo anche cresciuti insieme in questo mestiere.
Cosa ti piace di più di questo lavoro e quali invece sono gli aspetti più difficili?
Come ogni mestiere ha i suoi pro e contro. Il lato più bello è che la Pizzeria Orsucci è sempre stata frequentata da chiunque, dai ragazzini alle prime uscite all’anziano fedele. Il nostro target è davvero molto ampio! L’aspetto negativo di stare davanti alla gente, invece, è che tutti hanno le proprie giornate cupe, ma davanti ai clienti devi mettere via i tuoi problemi. Quello che ho imparato in questi 12 anni è che la gente non viene al locale solo per una pizza, ma anche per fare due chiacchiere e a volte per raccontarti le proprie cose, quindi l’aspetto più difficile è proprio gestire a livello psicologico alcune “giornate no”… ma anche a questo ci si allena, sai? L’unico peso che ogni tanto avverto è il non poter condividere con gli amici alcuni momenti liberi, come la sera o andare via il weekend. Però sai cosa ti dico? Che il caldo si sopporta, le giornate storte si superano e il tempo per uscire lo si trova: non c’è uno sforzo che non valga la pena, proprio perché ho la fortuna di avere la passione per quello che faccio. Amo il mio lavoro! L’ho già detto?
Ebbene sì, caro Matteo, l’hai detto più e più volte, ed è veramente bello vedere un ragazzo che quando aveva soli 17 anni anziché rimanere con le mani in mano come molti, si è rimboccato le maniche e ha iniziato a dedicarsi a un mestiere che ancora non sapeva lo avrebbe appassionato tanto.
Perché avete scelto di proporre un’offerta solamente a base di ceci e “pizza con o senza acciughe”, come chiedi sempre tu davanti a un ordine?
Il ragionamento che ho fatto io mi ha portato a pensare che la Margherita è stata scelta perché è il grande classico, piace a tutti, mentre la Napoli per le caratteristiche del suo prodotto principale. Negli anni ’40 le acciughe sotto sale erano un prodotto di facile reperibilità e duravano a lungo, in più davano sapidità alla pizza rendendola più saporita. Ecco, secondo me è questo il ragionamento che fecero i miei antenati. Quando sono subentrato stavamo per diventare “Bottega Storica” e io e mio padre non volevamo assolutamente snaturare una tradizione! Anzi, per riprendere ulteriormente le radici, nel 2012 abbiamo reintrodotto il castagnaccio con la ricetta di mio nonno a base di castagne, uvette e pinoli. Iniziamo a prepararlo da fine ottobre e solo nei weekend. Essendo un prodotto poco conosciuto pensavo facesse fatica a fare breccia tra la gente, invece nei mesi autunnali e invernali i clienti me lo chiedono spesso.
E i ceci? Cosa li rende così speciali? C’è un ingrediente segreto…?
È alchimia! Gli ingredienti sono sempre gli stessi, acqua, sale e farina di ceci, ma la differenza la fanno tre fattori essenziali: le dosi, il forno e le nostre padelle di rame stagnato. Ogni sei mesi andiamo in Toscana, dove tutto ha avuto inizio, e le rigeneriamo. Il processo consiste nell’eliminare prima tutte le impurità, per poi applicare un nuovo strato di stagno isolante che evita il contatto tra il rame e l’alimento.
Mi ha sempre colpita la scelta di non spostarvi in un locale più grande, visto il successo che Orsucci riscuote a Ferrara…
È un’attività impegnativa e non so perché i miei antenati non l’abbiano ampliata. Io, in quanto giovane, ogni tanto ci penso… ma amo questo preciso posto e tutto quello che rappresenta. Penso anche solo a quando riceviamo una chiamata da un cliente che chiede di me o di mio padre: c’è un legame forte con la clientela, come se fosse una seconda famiglia. Ci sono bambini che avevano dieci anni quando ho iniziato. Ora ne hanno 22… in dodici anni li ho visti crescere. L’interesse ad aprire un altro punto Orsucci c’è e se dovessi ampliare la pizzeria sceglierei una città vicina… Per ora, però, resta solo un pensiero, poi chissà…
Matteo mi lascia in sospeso con quel “chissà” che potrebbe far pensare a una futura crescita della sua attività, ma prima di salutarmi mi accompagna all’interno della pizzeria, dove mi spiega che alcuni pezzi di quel famoso carretto di nonno Armando che comparve nel film “Ossessione” di Luchino Visconti sono ancora in pizzeria, come complementi di arredo. Mi mostra le colonnine che sorreggevano il tendone, la lampada a carburo e le sorbettiere che coprivano il gelato e che ora sono diventate i lampadari della pizzeria Orsucci.
Chi entra in questo luogo percepisce subito che dietro c’è una storia, passata e presente: la raccontano le foto in bianco e nero, il titolo di Bottega Storica ottenuto nel 2010, gli importanti riconoscimenti attribuiti da realtà quali l’Ascom e il Comune di Ferrara, ma anche i disegni di alcuni bambini già fedeli e le tantissime cartoline che racchiudono decine e decine di pensieri dedicati alla pizzeria Orsucci da ogni angolo di mondo.
4 commenti
Se non mi è sfuggito manca l’indirizzo della pizzeria e se è così mi sembra una grave lacuna.
La ringrazio per la segnalazione. Abbiamo provveduto subito a inserire l’indirizzo. Il motivo per cui ci è sfuggito è che abbiamo quasi dato per scontato che tutti conoscano la Pizzeria Orsucci: a Ferrara è davvero un must imperdibile! 🙂
Ho abitato da ragazza in via Fondobanchetto, e da allora ho continuato a frequentare questa piccola pizzeria, pizza e ceci unici, e vi porto gli amici che vengono da fuori città
Orsucci è una vera istituzione nella nostra piccola città 🙂