Quante volte sono passato davanti a Villa Mensa, quante volte l’ho immaginata, scrutata, io, che la vedo quasi da casa mia, se mi impegno un pochino. E poi i giri in bicicletta, a riempire le domeniche pomeriggio di un bambino che voleva arrivare all’acqua che fa rumore, (la chiusa di Valpagliaro) e per farlo passava di fianco a questa Villa piena di storia e segreti, avvolta da un alone di magia forse malinconica, oltre che dall’arrogante invadenza di alberi, piante e rampicanti.
Siamo alle porte di Sabbioncello San Vittore, nel comune di Copparo. La storia di Villa Mensa parte da molto lontano: nel 1126 è proprietà del Vescovo della Curia, tre secoli più tardi vive l’apice della sua storia. Per anni si è creduto (e tuttora lo si crede, erroneamente) che il responsabile della costruzione della Villa fosse Bartolomeo della Rovere, vescovo di Ferrara dal 1474 al 1494; l’idea data dalla quercia forzuta, stemma dei Della Rovere, posizionata sul muro di cinta esterno della villa, viene rafforzata dalla scritta sottostante ‘fondatore di nova moenia’; vero, ma solo della parte in esame.
Specifichiamo, la questione Villa Mensa ci si pone già “sbagliata in partenza”: la facciata della Villa non è quella che tutti noi vediamo quando passiamo per strada o parcheggiamo davanti (appunto) alla Villa; quella originaria è quella che vediamo dal Po’ di Volano, quella che ci si presenta, ad oggi, solo entrando dentro il giardino della Villa, riesumata esternamente alla conformazione rinascimentale del 1500-1600.
Nei primi secoli della sua storia, Villa Mensa vantava infatti una prospettiva che oggi si sta cercando di riproporre, una prospettiva di impatto sul Volano, la via di comunicazione principale dell’epoca, e su cui si doveva fare una discreta impressione, oltre che avere un certo controllo: dazi, tasse, terre agricole, tutto garantito dalla torre di avvistamento (1308), divenuta poi torre colombaia nel corso dell’Ottocento.
Da qua si parte per spiegare, e capire, il ‘problema’ Della Rovere: Bartolomeo è fondatore di nova moenia perché costruisce e aggiunge l’ala ovest del palazzo, collegandosi al muro di cinta del palazzetto a forma di L originario. Ecco l’intrigo storico! Villa Mensa è originariamente un palazzetto a L rivolto verso il Volano, poi Della Rovere ingloba il muro di cinta e costruisce l’ulteriore ala che tramuta la forma storica in una C: ne consegue che Della Rovere è sì il costruttore di Villa Mensa, ma solo per quanto riguarda la parte “nuova”.
Ma perché Villa Mensa?
Si sa che nell’800 ha vissuto un secolo un po’ movimentato, oggi accostabile (concedetemi il paragone) ad un’estate di calciomercato: nel ’78 passa ai Conti Scroffa, salvo cambiare di nuovo (e per l’ultima volta) proprietà 10 anni dopo: nel 1888 se la aggiudicano i fratelli Navarra, che qualche anno più tardi decideranno di fondarvi il loro Istituto, la prima scuola agraria del territorio, oggi a Malborghetto di Boara.
Riguardo il nome bisogna andare ancora più indietro: storicamente legata alla Curia, la Villa era fonte di sostentamento per la famiglia del vescovo grazie all’abbondanza di territori agricoli: Villa Mensa, perché “riempiva la mensa”. Semplice no?
Perché è una Delizia Estense?
Nuovo giro, nuova corsa. Risolto il dilemma della mensa, se ne presenta immediatamente un altro: se scrivete Villa Mensa sull’intramontabile Wikipedia, subito alla prima riga è riportato ‘annoverabile tra le delizie estensi’.
Sono considerate Delizie Estensi quei palazzi di proprietà degli Este che tra il ‘400 e il ‘500 fungevano da residenze per la corte Estense e per le corti ospiti. Villa Mensa era invece proprietà della Curia. Inoltre per l’UNESCO (che le ha accolte come suo patrimonio nel 1999) soltanto Schifanoia sarebbe in teoria parte delle Delizie, mentre in pratica invece lo sono tutte.
Cosa ci fa Villa Mensa, o Villa della Mensa per essere precisi, nella lista delle Delizie Estensi? Semplice: ha subìto le stesse modifiche delle Delizie, sempre tra il ‘400 e il ‘500, come fosse un riuscitissimo stratagemma estense per ampliare la lista delle proprie meraviglie.
La visita alla Villa porta in dote una carrellata di stanze, di restauri interamente o parzialmente completati: si va dal porticato integralmente ripristinato alle stanze di Della Rovere ancora chiuse al pubblico, passando per il salone centrale, riportato alla sua forma settecentesca ma con l’inevitabile mano di modernità. Negli ambiziosi progetti futuri sarà un salone polivalente; oltre al salone, totalmente ripristinata la chiesetta, su cui aleggia il mistero dell’avvenuta o meno sconsacrazione, che torna nelle sue vesti di fine 1700: gli stemmi cardinalizi presenti rimandano al 1777-1809, cardinale Mattei, e poi ancora 1878, con il cardinale Vanicelli-Casoni che la compra dal demanio, per finire con il 1929-1950, quando la villa già privata intratteneva comunque legami strettissimi con la Curia, e lo stemma del cardinale Bovelli.
E come se non bastassero, si ha un ulteriore salone, detto il Salone degli stemmi, completamente adornato da stemmi e cappelli cardinalizi: l’anno è il 1590, il Cardinale è Fontana, ed è colui che ha dato il via alle decorazioni della villa.
Con una prospettiva meno storica ma più ‘racconta-storie’, sappiamo che la Villa ha sempre intrinsecamente cullato segreti e leggende: online circolano addirittura storie di persone che hanno abbandonato la villa per il verificarsi di eventi ambigui. Di internet meglio non fidarsi mai troppo… di documentato sappiamo invece di quella sera in cui Ippolito I d’Este fece indigestione di gamberetti ad una festa da lui organizzata alla Villa e morì qualche settimana dopo, oppure di quando Luigi d’Este, figlio di Ercole II, uscì con un bulbo oculare deviato da una pacifica riunione di famiglia in cui lo convinsero (sempre molto pacificamente) a non sposare le idee calviniste della mamma, Renata di Francia.
Capita poi che tra un affresco e un altro, Villa Mensa riservi l’inattesa sorpresa di una simpatica scritta di un operaio che in quel punto aveva murato una porta, o di trovare alcune righe di conti lasciate dai progettisti dell’epoca per decidere e calcolare dove mettere il nuovo soffitto di centina in legno. Ad esempio sotto la torre, su un affresco del 1500. O ancora può capitare di trovare angeli affrescati e ritoccati in malo modo da qualcuno di poco professionista nel corso del secolo scorso…
Ma dicevamo delle storie e dei segreti della Villa. L’edificio per fortuna è rimasto abitato fino al 1999. Per fortuna, perché malgrado due angeli storpiati o un approssimativo calcolo non proprio nel posto adatto, il fatto che la Villa sia stata abitata fino a vent’anni fa ne ha permesso la conservazione senza crolli o danni derivati dall’incuria. Nel 2003 venne acquistata in comproprietà al 50% da Comune di Copparo e provincia di Ferrara, che si posero immediatamente l’obiettivo di restituirla come bene culturale. Tra il 2009 e il 2012 è stata saltuariamente riaperta da volontari di Sabbioncello S. Vittore, ma è con il progetto ‘Ducato Estense’ – fortemente sostenuto dal ministro Franceschini – che la Villa ricomincia veramente a vedere la luce: il progetto ha infatti l’intento di ricollegare la rete del Ducato ferrarese, Ferrara-Modena-Reggio Emilia e la Garfagnana. I fondi sono stati distribuiti a tutte le Delizie del ferrarese, a Villa Mensa la fetta più grande: 1 milione e 400 mila euro.
Il progetto, come si diceva inizialmente, è ambiziosissimo: la Villa si appresta ad essere (nella più ottimista delle prospettive) un polo culturale turistico attrattivo della provincia; si ha in programma di riaprire il collegamento delle idrovie, un ristorante è già predisposto in attesa di un gestore, un ulteriore finanziamento è stato già approntato per la destinazione di una struttura (da ristrutturare) a Bed&Breakfast.
L’immenso giardino sarà, sempre nel progetto, un’area attrezzata per eventi, musica per le orecchie di associazioni in cerca di uno spazio in cui realizzare iniziative di ogni tipo. C’è già in realtà chi da qualche anno ha fatto di Villa Mensa il proprio quartier generale: il giardino ospita dal 2015 il Tenda Summer School, organizzato dalla ‘Scuola d’Arte cinematografica – Fiorestano Vancini’ di Ferrara.
Abbiamo avuto il piacere di partecipare ad incontro organizzato in settembre dal fondatore della Scuola Vancini, l’attore Stefano Muroni (attore di professione, e sognatore della provincia per passione). Una tavola rotonda con i sindaci del territorio per riportare dati ed emozioni di Tenda Summer School, e per fare il punto insieme sulle prospettive future di ampliamento del progetto. Dopo la creazione della filiera creativa del cinema, che vede Ferrara come il centro di un viaggio a tappe che accompagna i giovani aspiranti lavoratori del cinema potenzialmente dai 6 anni ai 24 e più, il progetto di Muroni e della moglie Valeria mette al centro dell’attenzione proprio Villa Mensa, pietra angolare della filiera, nonché casa di quella che viene definita una “esperienza internazionale, pur rimanendo in Italia”. Il tutto in un paese di poche anime come Sabbioncello San Vittore.
Villa Mensa è dunque il teatro della magia e di tutto ciò che di incantevole accade in quella settimana di giugno in cui 100 ragazzi di tutto il mondo montano una tenda e vivono la loro settimana più bella dell’anno, e sono le loro stesse parole a dirci questo, nei documentari che testimoniano la nuova vita della Villa. Si va da “Villa Mensa è una città a sé, una realtà a sé” di chi ha forse inconsciamente compreso quello che è stato il passato della struttura, alla “voglia palpabile di riportare alla luce la vita di una villa ferma al tempo in cui la abitavano i nobili”.
E proprio queste due frasi, dettate o meno dall’inconsapevolezza, ricordano che in tutto il progetto di restauro non è stato ancora deciso di recuperare la configurazione della piccola corte del 1800. Abbiamo testimonianze del fatto che a quel tempo la sola Villa Mensa rappresentasse un vero e proprio paese, i contadini che lavoravano le terre adiacenti ci vivevano, e si era sviluppata una rete di negozi o botteghe che consentiva agli abitanti di trovare ogni cosa necessaria al suo interno. Possiamo dire che la Villa Mensa della fine dell’800 era un po’ il modello precursore dei moderni outlet village: dal più intuibile agricoltore fino al calzolaio, e poi ancora sementi, maiali, galline…
Peccato per quell’ex bambino dell’acqua che fa rumore, che non avrebbe neanche più avuto bisogno di andare a Barberino o a Castel Guelfo…
1 commento
Molto chiara e dettagliata la descrizione di villa Mensa. Da questo video si potrebbe ricavare un dépliant per i turisti che ancora non esiste e inserirlo nei luoghi deputati alla comunicazione culturale, castello estense Schifanoia museo del Duomo, palazzo dei Diamanti teatri e in provincia presso le delizie Estensi. Il testo di Malagu’ guida del Ferrarese del 1966 e chiaramente superato per via dei nuovi restauri che hanno dato il via a nuove scoperte sulla struttura. Di villa Mensa. In archivio comunale esiste un documento importante non ancora indagato su tutte le proprietà arcivescovili in provincia, un vero e proprio catasto che comprenderà anche Villa Mensa. Varrebbe la pena di farne una ricerc storica affidata magari all’università di architettura.