La scorsa estate si sono ricordati i vent’anni dal G8 di Genova. Dire Genova e parlare di memoria collettiva purtroppo porta al crollo di un ponte, il 14 agosto del 2018 e alla perdita di una vita, il 20 luglio del 2001, quella di Carlo Giuliani, durante il G8.
Questa estate Genova ha ricordato quella ferita, quel percorso che portato a giornate folli, culminate in uno sparo e in un assalto, quello nella scuola Diaz, dove gli attivisti subirono una delle pagine più nere delle forze militari italiane, una ritorsione, uno sfogo di rabbia che non è concesso, né tollerato a chi dovrebbe portare sicurezza, invece di violenza.
Il racconto più profondo che abbiamo ascoltato è stato sicuramente quello della giornalista di Internazionale Annalisa Camilli, con il suo podcast Limoni. Parte da qualche mese prima del 2001 e arriva fino ai vent’anni in questo luglio 2021, con il cuore della narrazione in quei giorni feroci: sei ore e mezza di documenti, interviste, voci, suoni e parole, per raccontare chi c’era, cosa è successo, che conseguenze ha avuto e soprattutto cosa è stato, Genova. Perché sembra dimenticato, annacquato, sciolto da un ventennio di lotte spente, meno di piazza e più di tastiere. Con meno corpi di mezzo e questo fa una grande differenza: i corpi sono quelli che si sono scontrati, in quei giorni a Genova. Le urla erano grida per le strade, non strascichi di lunghe discussioni nei social network.
Limoni sarà uno degli appuntamenti di Internazionale a Ferrara: “Limoni Live” domenica 3 ottobre, al Teatro Comunale di Ferrara. Ne abbiamo parlato con la curatrice, durante un viaggio in treno, come nella prima parte del podcast dove vent’anni dopo quell’evento Annalisa Camilli è tornata, per raccontare cosa sia stato il G8 di Genova.
Ho avuto l’impressione, ascoltando Limoni che la realizzazione del podcast sia stata imponente: per numero di documenti, voci, interviste, approfondimento. Quanto impegno ha richiesto questo progetto?
Annalisa Camilli: la scelta di fare Limoni è arrivata alla fine del 2020 e ci ha richiesto circa sei mesi di lavoro, anche se in realtà, a posteriori, non era un tempo sufficiente. Per fortuna ci hanno aiutato diverse persone nella sua realizzazione, anche perché l’opera di consultazione dell’archivio e l’ascolto di migliaia di file audio hanno richiesto davvero una mole di lavoro enorme: dovessi rifarlo oggi sicuramente mi prenderei almeno un anno di tempo.
Infatti un aspetto particolare si trova nelle puntate finali del podcast, in cui si affronta anche l’anniversario, vent’anni dopo, per raccontare il sentimento di chi è venuto a ricordare, o scoprire quei giorni. Un lavoro fatto in tempi record, mentre le prime puntate erano già state pubblicate. Che tipo di risposta avete ricevuto dagli ascoltatori?
Quello di raccontare anche l’estate del 2021 a Genova e gli eventi in memoria di quei giorni erano già nel progetto del podcast, la celebrazione di questo anniversario ha fatto poi nascere l’idea del progetto stesso. Le reazioni sono state tantissime, sin dalla prima puntata, alcune attese, altre completamente inattese. Abbiamo avuto molti messaggi da parte di persone che per vent’anni hanno vissuto il rimorso di non esserci stati, in quei giorni, persone che ci hanno raccontato i motivi per cui non erano a Genova nel 2001. E che avevano questa amarezza, del non vissuto, a cui si sono poi aggiunti i ricordi di chi invece c’era, che aggiungeva le proprie memorie personali al nostro racconto.
Più inattesa, almeno da parte mia, è stata la reazione dei più giovani, ragazzi che al tempo non erano nemmeno nati o che comunque erano troppo piccoli per avere memoria dei fatti e che hanno scoperto dei dettagli di quei giorni di Genova attraverso Limoni. Ragazzi che si sono appassionati alla politica e ai movimenti di quegli anni e poi al racconto di quei giorni di violenza, di abusi.
Limoni è il primo podcast di Internazionale, un media che negli ultimi anni sta conoscendo una crescita importante, con diverse realtà che stanno facendo progetti piuttosto ambiziosi di racconto. Che aspettative avevate, per numeri e per pubblico?
Non avevamo nessuna aspettativa precisa, all’inizio. Per noi sicuramente il G8 di Genova era qualcosa da raccontare, anche perché per la rivista stessa di Internazionale si può dire che ci sia un prima e un dopo quei giorni. Da parte mia sicuramente ha contato il fatto che ho partecipato personalmente al G8 e ho curato già dieci anni fa uno spettacolo a Internazionale a Ferrara, con Carlo Bachschmidt (responsabile dell’ufficio Genoa Social Forum e consulente dell’archivio relativo al G8, ndr).
Quello che abbiamo trovato è un pubblico molto trasversale, puntavamo sicuramente ad arrivare ad un pubblico come quello della rivista e del festival stesso a Ferrara. Mediamente giovane, curioso e interessato, invece abbiamo trovato un pubblico molto più ampio: molti ragazzi ventenni e poi una fascia di età che arriva fino ai 40 o 50 anni. La gran parte dei feedback è arrivata proprio dai più giovani e questo per me è stata sicuramente una scoperta nell’utilizzare questo media.
“Il 20 luglio 2001 avevo un mese. Mio padre voleva andare a Genova ma mia madre gli chiese di pensare alla bambina piccola che aveva appena avuto. Chissà se mio padre fosse stato là, cosa sarebbe cambiato nella mia vita?”.
UN COMMENTO DI CHIARA MADURINI ALLA PRIMA PUNTATA DEL PODCAST
La decisione di realizzare il podcast in prima persona è stata molto sofferta, a livello personale: io tendo ad essere una giornalista molto tradizionale, di stampo britannico per intendersi e l’idea di unire alla ricostruzione dei fatti un percorso più personale e autobiografico non mi trovava assolutamente d’accordo. Alla fine ho accettato il consiglio di Jonathan Zenti (podcaster e curatore del percorso Mondoascolti all’interno del festival) sull’uso della prima persona e sull’efficacia di una voce interna al racconto che si ponesse come guida in questo lavoro giornalistico, che era sicuramente una sfida imponente, a causa della complessità del racconto politico che si andava a sovrapporre alle esperienze personali. Forse proprio questo io narrante molto dubbioso, di una persona con molte domande e poche certezze ha aiutato a raccontare la molteplicità e la complessità dei fatti, avvicinando chi ascoltava.
In che modo riguardare a quella storia ha significato a livello personale e cosa significa portarla sul palco?
In ogni racconto che diamo c’è comunque un punto di vista personale, anche nel normale lavoro giornalistico classico. In questo caso mi veniva chiesto di mettere a nudo alcuni aspetti più personali, più biografici, come il mio rapporto con la politica o con la mia famiglia e questo per me è stato molto complicato: non è stato semplice decidere di espormi a livello personale, con il pensiero di poter perdere di credibilità nel mio lavoro giornalistico. E non credo che il fatto di essere andata a Genova durante quel G8 dia più forza al mio racconto, però dopo tutti questi dubbi che avevo posso dire che è stato vero il contrario: il fatto che io sia dovuta tornare a Genova dove non ero mai tornata ha aiutato il racconto. Per tante persone è stata una memoria traumatica, un ricordo di violenza e questa mia difficoltà di approccio ha sicuramente fatto sentire molte persone meno spaventate nel dover riaffrontare quei percorsi. È qualcosa che ho capito successivamente: il fatto di avere raccontato non per immagini ma solo con la voce ha aiutato e facilitato la comprensione.
Tanti mi hanno detto “io per tanti anni non sono riuscita a leggere materiale su Genova o a guardare i documentari usciti, mentre invece sono riuscito ad ascoltare il podcast” forse anche perché si è creata una fiducia, la sensazione di affrontare assieme questo ricordo, un percorso collettivo e non singolo.
Probabilmente non è da tralasciare, nel raccontare quel G8, la differenza che ci separa dalla società del 2001: una società molto più abituata a raccontarsi, attraverso i blog prima e i vari social network poi, dove l’io, l’elemento di chi racconta è diventato rilevante a livello giornalistico.
Si, nel podcast abbiamo unito diverse tecniche. La narrazione emotiva avvicina sicuramente un pubblico abituato a realtà come Youtube, Instagram o dei podcast, mentre la ricostruzione dei fatti è stata di stampo tradizionale, con uno stile puramente giornalistico e questo ha portato pubblici diversi a vivere diversamente il racconto. Le persone più giovani hanno preferito i momenti del racconto in prima persona e quelle di età maggiore hanno preferito più il racconto storico: questo ha unito pubblici diversi.
Per concludere, lo spettacolo di domenica seguirà il podcast? Che tipo di esperienza sarà?
Ovviamente non è possible condensare sei ore e mezza di podcast in due ore di spettacolo, per cui era impossibile metterlo in scena integralmente. Ho seguito una linea narrativa: l’iniziale difficoltà a parlare, la difficoltà a tornare sul posto e poi il racconto in particolare della giornata del 20 luglio 2001 con la morte di Carlo Giuliani in piazza Alimonda. Sarà necessario però affrontare anche il tema della necessità di continuare a parlare di queste vicende e delle sue conseguenze, una necessità che ha una valenza anche terapeutica, per tutti.
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Teatro Comunale di Ferrara – Domenica 3 Ottobre – 16:30 Limoni live
Che senso ha parlare del G8 di Genova vent’anni dopo? Per chi ha partecipato alle manifestazioni in quei giorni il vertice ha segnato uno spartiacque. Uno degli effetti della violenza diffusa e indiscriminata è stato l’allontanamento di molti dalla politica attiva. Ma a vent’anni di distanza prendere la parola è ancora necessario.
Una lettura con musica e audio di archivio
con Annalisa Camilli, Internazionale
Regia audio di Marzia Coronati
Montaggio e postproduzione di Dario Coletta
Il programma del festival di Internazionale 2021