“Arrivato alla pensione, cosa dovrei fare? Mettermi a guardare i cantieri? No. Abbiamo pensato di dedicare alcuni anni alla costruzione di questa realtà, a questa idea di una accademia che possa accogliere i giovani adulti disabili” – racconta Tullio Monini, poco dopo averci accolto a Villa Imoletta.
Un breve sentiero su Via Comacchio, pochi minuti dopo l’ospedale di Cona, segnalato da una indicazione e una bandiera della pace (che si ripete più volte all’interno) portano dentro ad uno di quei piccoli segreti di cui ogni provincia è piena e che pure non mancano mai di stupire: questa è Villa Imoletta, la brace che prepara qualcosa e sogna di diventare un gioiello.
Circa 3 ettari di terra coltivabile, un enorme spazio aperto, una torre a delimitare il confine esterno e intorno i semi di quello che verrà, secondo il progetto: un’area sportiva, un orto, una serra, una fattoria sociale e didattica e poi la protagonista, una maestosa casa.
Nella visione che ci racconta Tullio, Villa Imoletta è destinata a diventare un luogo vivo, una comunità che possa accogliere nel periodo successivo alle scuole tutti i giovani con disabilità per riempire quel salto nel vuoto che è il mondo adulto, specie per chi fatica ad accedere ai percorsi lavorativi.
È il progetto della pensione di un signore che fa sembrare normale imbarcarsi nell’impresa di mettere in piedi una enorme fondazione che possa aiutare disabili e loro famiglie a non perdere tutto quello che avevano conquistato in anni di socialità. Tutto questo dopo una lunga carriera nei percorsi dell’educazione e della riabilitazione e dopo aver costruito l’ossatura di quelli che sono i servizi per le famiglie di Ferrara (come l’Isola del Tesoro e i progetti paralleli). Ma le difficoltà stanno negli occhi di chi guarda, non di chi sogna e le ignora, per far diventare i sogni realtà concrete.
Tullio ci racconta la storia della proprietà: costruita verso la fine del 1500 da un funzionario degli Estensi, il Conte Giovanni Battista Laderchi, di Imola (da cui il nome della villa), Villa Imoletta è il cuore del progetto.
Acquistata da suo padre ingegnere nel 1975, venne restaurata e pensata per aiutare il fratello più piccolo della famiglia, nato con un disturbo intellettivo. L’idea era quella di farne una azienda agrituristica in cui questo ragazzo potesse trovare lavoro. Purtroppo pochi anni dopo venne a mancare e la famiglia, con i suoi figli prima e nipoti poi, l’ha usata come spazio aperto per crescere, godendone privatamente.
Con la morte dei genitori, l’invecchiamento dei fratelli e la dispersione dei nuovi giovani della famiglia in giro per il mondo, Tullio ha convinto il resto della famiglia ad aderire e impegnarsi in questa idea: costituire una fondazione, una onlus che diverrà la proprietaria della casa, con la volontà di costruire rapporti con le cooperative e le associazioni della zona per inaugurare progressivamente le attività per i ragazzi, la prossima primavera o estate.
La villa è circondata da bellezze naturali che vengono curate da anni da Maurizio Maini, anni 75, che si aggira per il giardino mentre parliamo, controllando silenziosamente piante, giardini, l’orto invernale in divenire, tutti i giorni, senza pause.
“La situazione è questa: ci sono in provincia di Ferrara quasi 1700 studenti con una certificazione di legge 104 (riferimento legislativo “per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”) che frequentano le scuole. Di questi circa 750 nel comune di Ferrara, di cui oltre trecento frequentano oggi gli istituti superiori. Questo cosa ci dice? Che tutti i ragazzi disabili, a prescindere dalla gravità, oggi frequentano la scuola e arrivano fino alla superiori, qualcosa che fino a qualche anno fa non era frequente” ci inizia a raccontare Tullio, con la consapevolezza di chi ha dedicato una vita lavorativa verso chi ha più difficoltà.
“Quando si è iniziato a parlare di integrazione si è partiti dalla materna e solo negli ultimi anni si è arrivati ad un 3,4% di alunni con disabilità nelle scuole, come nei gradi inferiori: vuol dire che i ragazzi continuano i loro percorsi, con direzioni specifiche, fino alla maturità, anche se in un contesto diverso, ovviamente. Per questi ragazzi i compagni di scuola e la scuola stessa sono diventati dai tre ai vent’anni il posto dove crescono. In questo senso l’Italia è il paese forse al mondo che ha più investito a riguardo, perchè non esiste paragone con le altre realtà a riguardo.
Ci sono circa 800 mila insegnanti di ruolo in Italia e gli insegnanti di sostegno sono circa 150 mila (176 mila nel 2019/2020, ndr), più tutti gli educatori e gli operatori delle cooperative: per tenere dentro la scuola in un modo accettabile per quindici anni ragazzi con qualche disabilità ci vogliono risorse umane, economiche e di competenze non indifferenti. Un conto approssimativo è di circa 6-7 miliardi di euro l’anno di spesa corrente per lo stato per questo percorso di inclusione.
Finite le superiori c’è l’abisso: o si entra nei centri diurni, dove si mischiano realtà tra i 16 e 65 anni, un mondo enormemente diverso rispetto alla scuola oppure si torna a casa in famiglia, in un contesto in cui questi ragazzi vanno a perdere tutte le relazioni acquisite negli anni. L’idea di fondo è che i ragazzi, anche se hanno grosse difficoltà cognitive o motorie, quando hanno 18 o 20 anni hanno ancora molte energie, curiosità, voglia di fare delle cose.”
Tullio indica la mappa del progetto e ci spiega tutti gli spazi previsti: orto, serra, animali, spazio per eventi pubblici, zona cucina, camere da letto: è come vedere in anticipo quello che potrà essere Villa Imoletta.
“Il mondo del lavoro può diventare un luogo interessante e accogliente anche per persone che non saranno in grado di diventare produttivi in termini economici. Per farlo ci vuole esperienza, costruire dei piccoli gruppi con educatori e ragazzi che partono dalla scuola e proseguono oltre. L’idea è che questo posto, bellissimo esteticamente, diventi anche un posto aperto: non un luogo solo per educatori e ragazzi disabili, ma per la comunità, una casa accogliente e aperta. Al piano di sopra ci sono tre stanze, potrebbe anche diventare un bed&breakfast senza problemi, se ci sarà l’occasione.”, spiega Tullio.
Attualmente Villa Imoletta sta allestendo un progetto basato su fondatori, finanziatori, volontari e famiglie (circa cinquanta già coinvolte nel progetto) che si divideranno poi in una parte gestionale e che necessiterà di personale adeguato per il suo mantenimento: per chi volesse aderire al progetto nel sito ci sono tutte le indicazioni.
Sorprende scoprire, per una volta l’Italia all’avanguardia, capire che l’annosa questione del “mancano gli insegnanti di sostegno nelle scuole” è in realtà conseguenza di un progetto enorme ed ambizioso che negli altri stati nemmeno è stato inaugurato e che a pochi passi dalla città di Ferrara c’è già ci guarda avanti e pensa al dopo, al costituire una comunità che sappia valorizzare e dare appartenenza a queste esistenze che necessitano di una mano tesa.
“In questo momento storico, in cui stiamo abbandonando l’idea assoluta del lavoro come concezione fordista della pura produzione, perchè tanta parte della produzione l’abbiamo lasciata nei paesi come quelli asiatici, possiamo trovare spazio anche per queste realtà sociali.” ci ha detto Tullio al termine della nostra intervista.
Forse la felicità e l’inclusione valgono più di un punto di Pil, in sostanza.
INFO:
Villa Imoletta è in via Comacchio 880, 44124 Quartesana – Ferrara
Sito web
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grazie per l’interesse numero di cellulare 333 4379710