L’idrovia creerà un collegamento fluviale tra il Mar Adriatico e la città di Ferrara, sfruttando il Canale Navigabile e il Po di Volano, proseguirà poi sino al fiume Po dove salirà a monte fino a toccare i comuni di Cremona e Piacenza, favorendo gli spostamenti su natante e i traffici commerciali via nave, raggiungendo infine la città di Milano. Solo nella nostra provincia coprirà una lunghezza di oltre 70 km.
Tale progetto, fino a pochi anni fa appariva come lontano miraggio, tanto da far presumere ad alcuni che non sarebbe mai stato compiuto, ma negli ultimi tempi l’idrovia riecheggia sempre più tra i media e i tavoli di lavoro amministrativi.
Chi è solito approcciarsi ai principali corsi d’acqua dell’urbe, come il Po di Volano, il Boicelli, od il Burana, avrà notato il recente moltiplicarsi di opere pubbliche, quali la manutenzione e il rifacimento di ponti e collegamenti prossimi a fiumi e canali, ma anche azioni di abbattimento di alberature per ripristinare la navigazione fluviale e la costruzione di qualche nuovo pontile.
Anche il progetto, prossimo al compimento, che prevede la creazione della nuova Darsena di San Paolo, attira lo sguardo dei cittadini verso il fiume. Reazione non così scontata se consideriamo che nella città estense e nella sua sconfinata provincia sono pochi gli abitanti che praticano attività sull’acqua.
Eppure i fiumi e i canali potrebbero ospitare un novero pressoché infinito di attività ludiche e sportive all’aria aperta, quali canoa, kayak, nautica, pesca, birdwatching e nei percorsi e sentieri naturalistici, immersi nel verde, che caratterizzano ancora molte vie fluviali si potrebbe puntare sul turismo green, quello lento e quello pesca-sportivo, se non vi fosse una carenza di strutture e di accessi. Le acque, inoltre, sono gestite da una moltitudine di enti, con competenze frazionate tra uffici diversi, soggette a problemi di coordinamento e comunicazione, almeno con il pubblico.
La provincia di Ferrara conta oltre 3.000 km di corsi d’acqua, ma è un patrimonio che resta ancora sconosciuto dai più. Ciò non accade in altre città italiane, come Treviso, in cui si vive a stretto contatto con l’elemento acqua, che scorre tra le case e sotto i lastricati delle piazze. Anche Roma sta puntando sulla valorizzazione del lungo Tevere, imitando altre capitali europee, come Parigi, o Amsterdam, che considerano l’acqua un patrimonio da sfruttare a 360 gradi, dal punto di vista turistico, naturalistico e commerciale.
In tale contesto, Ferrara rischiava di rimanere indietro rispetto a questo trend generale, che mira alla valorizzazione di fiumi e canali.
Trovandosi infatti in un territorio soggetto al rischio idrogeologico, a causa delle piene del Po e della geografia dell’area, per ragioni di sicurezza le aste fluviali hanno assunto per lungo tempo una mera funzione idraulica, sfogando l’acqua in eccesso verso il mare, e che altrimenti avrebbe allagato le campagne. Una sorta di tubazioni asservite ai bisogni dell’uomo.
Rinchiusi in argini di cemento, o privi di accessi, brutti alla vista, con golene trasformate in discariche abusive, i corsi d’acqua di Ferrara sono stati considerati per anni zone pericolose, di degrado, ed alcuni lo sono tutt’ora. Con le moderne concezioni di ingegneria naturalistica, grazie anche alle linee guida per la valorizzazione di fiumi e canali di bonifica recepite dalla Regione Emilia Romagna[1], c’è chi auspica un cambiamento netto nella gestione della risorsa idrica rispetto al passato, e spera che l’idrovia aiuti a modificarla in un’ottica che concili le esigenze dell’uomo, il rispetto dell’ambiente e della biodiversità, la cura del paesaggio e la valorizzazione del turismo ambientale.
“Si può fare! Ma si deve stare attenti – lo conferma Georg Sobbe, Comandante dei battelli La Nena e Il Lupo, guida turistica sull’acqua ed esperto del nostro patrimonio fluviale, dalla città, sino al Delta del Po – dobbiamo impegnarci ad ottenere un idrovia a misura d’uomo e rispettosa dell’ambiente deltizio, oppure dovremo accettare un idrovia pensata per fini commerciali, con enormi navi mercantili che solcheranno i fiumi e i canali, e per altro non si è certi che questo business decollerà davvero, perciò è necessario seguire gli sviluppi del progetto. Non ci troviamo sulla Loira coi suoi castelli, non siamo sul Brenta tra le ville palladiane, il Po è un fiume deserto, circondato solo di natura, abbracciato dai canali di bonifica che si perdono tra le sconfinate campagne. Si tratta di vie navigabili perfette, soprattutto dal punto di vista turistico e naturalistico, ma pare che per tanti anni si sia ignorato questo potenziale”, precisa.
Per favorire la comprensione del patrimonio rappresentato dalle acque ferraresi, la Rete Giustizia Climatica[2] ha costituito un gruppo di lavoro, denominato Gruppo Blu, presieduto proprio da Georg, insieme ad altri ambientalisti che intendono tutelare il fiume e valorizzarlo, partendo da un’analisi delle sue criticità e potenzialità.
In tema idrovia il Gruppo Blu parte innanzitutto da un assunto: chi vive il fiume è ben conscio che, allo stato dei fatti, la navigazione fluviale non funziona, difatti ogni anno sono molteplici i problemi per chi vuole muovere imbarcazioni da Ferrara al Mare. Lo stesso riguarda la fruibilità del fiume, impedita da accessi inesistenti o sentieri non manutenuti, tanto che anche visitare il Po di Volano, che scorre nel centro della città, risulta praticamente impossibile, salvo che in poche aree limitate.
Anche la gestione e la manutenzione delle vie d’acqua più importanti risulta carente sotto diversi punti di vista. Passando per il fiume Po si incontra la conca di Pontelagoscuro, che collegherebbe la città al grande fiume, se non fosse continuamente oggetto di manutenzioni che la rendono inservibile per diversi mesi l’anno, impedendo di fatto il passaggio delle imbarcazioni.
Una delle aste fluviali più apprezzate dal punto di vista turistico, grazie alle sue sponde selvagge ricche di vegetazione, è certamente quella del Po di Primaro, che da Ferrara sarebbe navigabile sino a Marrara, se non fosse che troppo spesso il fiume è bloccato da alberi caduti che vengono rimossi a distanza di anni.
In altri si assiste, all’opposto, ad opere di “pulizia delle sponde”, che eliminano completamente da un giorno all’altro ettari di alberi e cespugli ripariali, ciò avviene anche in zone protette, privando non solo quei luoghi della loro bellezza naturale, ma danneggiando anche il patrimonio di biodiversità che rappresentano. Nessun turista godrebbe alla vista di un corso d’acqua completamente spoglio ed arso dal sole.
Sarebbe opportuno calmierare gli interventi, attuando una gestione più efficiente ed omogenea se non si vorrà rovinare il paesaggio, o interrompere le rotte dei turisti fluviali.
Mancano poi gli attracchi per le imbarcazioni, mentre quelli che furono realizzati in passato giacciono perlopiù in rovina, a causa della mancata manutenzione protratta per anni. Ne è un lampante esempio l’attracco della Darsena di San Paolo, come quello delle Vallette di Ostellato, finanziati con denaro pubblico e mai realmente utilizzati e in stato di abbandono.
A ciò si aggiunge l’assenza di collegamenti tra le vie fluviali, le strutture ricettive e gli eventi dei comuni che si affacciano sul fiume.
Piuttosto che intervenire favorendo l’accesso e le attività sull’acqua, il progetto Idrovia ha nel frattempo attuato altre opere quali il rifacimento della rotatoria del quartiere San Giorgio e il colossale ponte sul canale Navigabile, nel comune di Ostellato, una sorta di cattedrale nel deserto in piena zona deltizia, parco protetto, sottoposto a vincoli di tutela ambientale e paesaggistica.
Allo stato dei fatti e considerando il passato, perciò, pare che manchino ancora tutti i servizi che rendano realmente fruibile il fiume, quelli necessari per sviluppare un idrovia concepita per le persone e per il territorio.
A mancare innanzitutto, secondo Georg, “è la consapevolezza nella popolazione, che è ignara di quanto il fiume sia necessario. Sono molti a non essersi mai accorti dell’acqua che li circonda, a non aver mai prestato le dovute cure a quella risorsa preziosa. Manca tutto, e negli anni purtroppo ho assistito a più opere sul fiume andate poi in rovina, che nuove opere sfruttate per il loro potenziale, come la Darsena di San Paolo, occlusa dal fango da oltre un decennio. Eppure i primi progetti relativi all’idrovia, che ancora conservo su CD-ROM, dipingevano un lungofiume studiato appositamente per essere vissuto da tutti, con ciclabili alberate lungo il Po di Volano, ad esempio, prossime all’acqua. Oggi di quegli splendidi progetti non si parla più, sono cambiati in itinere, e questo preoccupa per il futuro visto che non si percepisce più quell’ambizione vi voler rendere davvero vivibili le vie d’acqua cambiando radicalmente dalla passata gestione. Per ora i finanziamenti continuano a concentrarsi su opere relative alla navigazione commerciale e la viabilità”.
Gran parte degli investimenti sarà difatti stanziato per la ricostruzione e l’innalzamento degli attuali ponti che attraversano l’idrovia, vere e proprie barriere per le navi mercantili di classe IV (da 80 a 85 mt di lunghezza e 9 mt di larghezza[3]), che solcheranno le acque.
Tali interventi hanno comportato come conseguenza la paralisi del turismo fluviale, chiudendo la tratta che collegava Ferrara al Po, proprio nel pieno della stagione lavorativa dei battelli La Nena e Lupo.
“Perché hanno iniziato dai ponti e non invece dal dragaggio dei corsi d’acqua?” si chiede Georg, presumendo che forse la priorità è la viabilità stradale, prima della cura delle vie fluviali. Chi vive il fiume per lavoro, per sport, o attraverso l’associazionismo vorrebbe che l’idrovia lo valorizzasse dal punto di vista naturalistico e turistico, ed esprime oggi preoccupazioni concrete per la mancata trasparenza sul progetto, per il quale le decisioni continuano ad essere assunte senza coinvolgere la cittadinanza.
Sono in molti a ritenere che sull’idrovia si dovrebbero sviluppare progetti partecipati, collaborando con le associazioni ambientali, gli operatori impegnati nel settore, e la cittadinanza attiva. In tal senso il Gruppo Blu, in rappresentanza della Rete Giustizia Climatica di Ferrara, si dice pronto a proporre lo strumento del Contratto di Fiume, per unire tutti gli enti pubblici e le altre parti interessate al contesto di fiume, per elaborare progetti e strategie che tengano conto delle loro richieste, esigenze ed aspettative.
“I futuri investimenti a livello nazionale e internazionale dovranno per forza contemplare la tutela dell’ambiente come priorità – conclude Georg – considerato che l’idrovia è certamente il più importante per il territorio ferrarese, non possiamo farci sfuggire l’opportunità irripetibile di veicolare questi fondi anche sul turismo fluviale green e sulla valorizzazione dei corsi d’acqua, evitando che si incentri tutto sull’aspetto dei traffici commerciali fluviali, bilanciando gli interessi pubblici e quelli privati. Siamo ad un bivio, ora o mai più”.
[1] Linee guida Canali di Bonifica – https://progeu.regione.emilia-romagna.it/it/life-rii/temi/documenti/linee-guida-riqualificazione-ambientale-canali-di-bonifica-in-er/@@download/file/RER_LineeGuidaRiqualCanali.pdf
Linee guida Fiumi – https://progeu.regione.emilia-romagna.it/it/life-rii/temi/documenti/linee-guida-per-la-riqualificazione-integrata-dei-corsi-d2019acqua-naturali/@@download/file/Linee%20guida%20RF.pdf
[2] Rete Giustizia Climatica Ferrara, link – http://www.giustiziaclimaticaferrara.it/
[3] Classificazione CEMT per le unità navali dei sistema idroviario italiano, P. 10: link pdf