In alcuni momenti della nostra conversazione, Massimo Corà, presidente della Atletica Corriferrara e organizzatore della Ferrara Marathon alza la voce in maniera leggermente eccessiva, ma mi trattengo dal dirglielo. Non è maleducazione: la sua è enfasi, è energia, è linfa vitale di chi mette a rischio una organizzazione per ripartire con uno dei primi grandi eventi collettivi post pandemia, come può essere una maratona.
Linfa che scorre su quello che probabilmente è stato uno spettacolo solo italiano: la primavera 2020, una stagione che ci ha regalato un istante in cui il pericolo pubblico numero uno erano i corridori, o meglio, i runner.
Vietati per legge, oltraggiati dai balconi, inseguiti dalle forze dell’ordine e considerati tra i principali colpevoli della trasmissione del Covid, violenti attentatori della salute pubblica con le loro corsette fuori casa.
Un anno dopo appare tutto abbastanza privo di senso e per fortuna c’è stata, nel mezzo, una estate che ci ha fatto scoprire che potevamo, oltre a calciare un pallone, anche correre, saltare, marciare ed esserne esaltati come raramente nella storia. Essere vincenti in discipline che mediamente ignoriamo, in un paese che, fatto salvo le medaglie, non fa della cultura sportiva il suo cavallo di battaglia.
E piano piano sta diventando possibile ripensare a eventi pubblici che coinvolgano centinaia o migliaia di persone nel fare sport assieme: sono ancora gambe incerte, ma Ferrara è pronta a ripartire, questa domenica dalla Ferrara Marathon, declinata in tre appuntamenti: mezza maratona, 10km e la nuovissima Ferrarun, camminata ludico motoria, sulla distanza di 10km.
Sta cambiando tutto: la società, il nostro modo di intendere gli spazi aperti e chiusi, l’idea di benessere. Parlandone con Massimo emerge l’idea che quello stop, quelle settimane di gogna siano state una parentesi dentro una accelerazione fortissima che ancora deve arrivare al culmine.
In che modo ti sembra sia cambiato in questo anno il rapporto della città con la corsa, dal tuo osservatorio della Runner’s School?
Sicuramente c’è stato molto avvicinamento al mondo della corsa, consideriamo anche il lungo periodo in cui le piscine e le palestre sono dovute rimanere chiuse. Le alternative per fare attività fisica erano poche, ed è comunque diventato mentalmente faticoso pensare di chiudersi all’interno di un luogo come una palestra: l’idea dello sport all’aria aperta ha preso rapidamente piede anche in chi non ci pensava. Noi abbiamo riscontrato un grande aumento di persone che si avvicinano alla disciplina e un netto calo di partecipazione dei vecchi runner, un gruppo di fedelissimi in cui abbiamo perso tanto capitale umano. Perchè queste persone sono dovute stare ferme per quasi due anni, pensiamo anche alle corse domenicali di paese, tante piccole realtà e società che ora sono in profonda crisi perchè si è perso un pezzo importante di persone del movimento, sostituite solo in parte dai nuovi arrivati.
Noi come realtà, come società, siamo fortunati, per l’espansione del progetto Runner’s School, partito nel 2017 per dare struttura e socialità all’iniziare a correre in un percorso assistito e di gruppo e che ha portato solo nella nostra città oltre 500 persone a provare il primo livello, quello dove si inizia a correre. Nonostante le difficoltà di questo anno e mezzo, la dimensione sociale del progetto ha aiutato a mantenerci uniti, magari a dividerci in piccole bolle ma ad avere ora oltre 15 città coinvolte, con 160 persone attive solo a Ferrara in questo momento, suddivise per gruppi e assistite da persone qualificato, per entrare nel mondo della corsa.
Se non sbaglio, anche come composizione, il mondo della corsa sta cambiando parecchio.
Attualmente i nuovi runner sono soprattutto donne: fino a sette o otto anni fa pensando alle gare podistiche c’era un venti per cento circa di partecipanti al femminile, ora siamo tranquillamente al cinquanta per cento e a livello di scuola un settantacinque per cento è donna.
Un altro grosso cambiamento, di cui sono felicissimo, è che i nuovi corridori sono persone che vengono più con l’idea di stare bene, di avvicinarsi ad un percorso di benessere che non di arrivare ad un risultato agonistico rilevante e questo va benissimo. E’ lo spirito giusto.
C’è quindi un progetto di educazione, anche, allo sport.
Si, assolutamente. Parlando ad esempio dell’evento di quest’anno abbiamo scelto di togliere la distanza lunga (la Maratona, 42km e 195metri) per rispetto della città e per non costringere per ore il traffico ad una imponente chiusura visto il numero di atleti che per diverse ragioni non sarebbe stato eccessivo. Diverso il discorso della Mezza Maratona e della 10km, presenti in versione competitiva e per la Ferrarun, camminata ludico motoria sempre sui 10km, non agonistica e aperta a chiunque.
Sulla dimensione non competitiva, ma salutare, abbiamo un’idea: per noi la Ferrarun deve essere un progetto che vada ad avvicinarsi alla Runner’s School. L’idea è che con l’iscrizione la persona possa entrare in una sorta di community, una serie di eventi che si allungano durante tutto l’anno, manifestazioni, allenamenti collettivi, occasioni che tengono chi partecipa dentro il mondo dello sport. E questo è per tenere legate anche tutte quelle persone che, lontane dal mondo della corsa, partecipano ad eventi come la 5.30 o la Fluo Run e poi non trovano in città eventi leggeri per diversi e riunirsi. Se noi riusciamo a dargli la voglia di continuare otteniamo un risultato incredibile, trasformare questa marea di persone da occasionali a persone che entrano nell’ambiente corsa. Vorrei che la maglia della Ferrarun diventi un simbolo, slegato dal singolo evento e che consenta di aggregarsi.
A me piacerebbe riempire la città di queste magliette, persone che partecipano in maniera attiva allo sport. Per me è molto più importante la Ferrarun che l’evento competitivo, quella è solo una vetrina ma io vorrei che la città partecipi alla vita sportiva, allargando la socialità.
Ho sempre detto che più gente partecipa e corre, più la popolazione è sana e felice: questo è anche l’obiettivo di base per cui è nata la Runner’s School.
Io vedo i bambini di oggi: hanno delle grosse difficoltà anche in termini di schemi motori, di capacità di base di movimento, ma lo capisco perchè passano davvero ore e ore delle loro giornate seduti davanti a qualche schermo, mentre tutte le generazioni precedenti crescevano per strada, facendo esperienze. E allora è importante non solo educare i bambini ma anche i genitori, perchè se noi facciamo vedere che facciamo sport, che ci muoviamo, se portiamo l’abitudine in famiglia poi diventa normale avere seguito.
Un bambino che ha un genitore sedentario diventa un bambino sedentario.
Una cosa sbagliata è ad esempio togliere lo sport per punizione ai più giovani, bisogna dare delle regole ma non considerare lo sport qualcosa di più, accessorio, da togliere. Le attuali 160 persone che fanno la Runner’s School sono 160 famiglie in cui lo sport entra nel quotidiano, per diventare una normale pratica di salute. Attualmente, contando le diverse sedi della scuola ci sono circa 500 persone nei corsi classici e una cinquantina di bambini, oltre ad un gruppo che pratica la camminata sportiva, una ulteriore possibilità per chi ad esempio ha impedimenti fisici ma vorrebbe comunque entrare in una dimensione di salute.
La scuola tra l’altro ha avuto molta forza nei luoghi dove, penso a Comacchio non vi era nessuna realtà di avviamento alla corsa, contrariamente a Ferrara dove diverse associazioni fanno già un ottimo lavoro. Adesso la scuola è attiva anche in realtà come Ravenna (oltre a Marina di Ravenna) e a gennaio proviamo a partire verso Bologna, meta importante di abbiamo già individuato le basi di partenza.
Il movimento del podismo nelle gare amatoriali e non è in grande difficoltà, ma dobbiamo ripartire da queste nuove esperienze.
Come viene vissuta dalla tua prospettiva l’introduzione del green pass, che è diventato obbligatorio?
Noi siamo stati parecchio sfortunati: il primo momento di attivazione del green pass è avvenuto il giorno precedente al Mesola Castle Trail, quando ancora non c’erano direttive precise per gli eventi sportivi all’aperto e nell’incertezza abbiamo preso la decisione di chiederlo ai partecipanti, anche se poi effettivamente nei giorni successivi la lettura era che non fosse vincolante.
Sicuramente c’è stato malumore, ma nessuno riusciva a dare garanzie di essere a posto a livello di legge. Dal mio punto di vista, poi, sarebbe a prescindere da chiedere: parliamo di eventi in cui 500 o 1000 persone si radunano assieme vicine, ammassati alla partenza e quindi per ragioni di sicurezza è comprensibile.
Per l’evento di Ferrara, invece, dopo ulteriori novità è obbligatorio dal 13 settembre per quelle che sono gare Fidal (le gare maggiori, classificate dalla Federazioni Nazionale di Atletica, come le maratone e le mezze maratone, Nda) contrariamente allle gare Uisp ((le famose piccole corse della domenica che si svolgono durante tutto l’anno in ogni città o piccolo comune, Nda) Anche in questo senso, sarebbe maggiormente chiaro specificare e unificare che il green pass, in questo momento serve e senza particolari dubbi e incertezze.
Per concludere, cosa prevedete per questa edizione della ripartenza?
Contiamo (e dobbiamo) arrivare a muovere circa mille, milleduecento persone. Che è diverso da quello che era prima, prima del Covid la maratona e le gare connesse muovevano diverse migliaia di persone, ma come detto ci troviamo in un contesto nuovo, di cambiamento, nonostante questo vada a impattare non poco sulla sostenibilità economica di questi eventi, che hanno una serie di costi fissi organizzativi che sono slegati dal numero di partecipanti. In sostanza, sotto certi numeri, non è davvero pensabile organizzare manifestazioni podistiche di questa portata.
Ma ci proviamo per dare voce a questo percorso che è davvero un progetto di benessere sociale, di coesione, di condivisione e di collettività.
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Info
Domenica 26 Settembre Ferrara Half Marathon – 10 km – Ferrararun
Sito ufficiale Corriferrara