Quanti di voi hanno perso il lavoro durante la pandemia? Chi aveva un lavoro precedentemente, e l’ha perso a causa del lockdown, si posizioni ad ovest
Io un lavoro ce l’ho, oggi, ma ho rischiato grosso, proprio come tutte le persone che ora vedo dirigersi ad ovest. Le guardo camminare con una punta di rassegnazione, forse un po’ di rabbia. E se la voce che parla diretta nelle nostre orecchie ci chiedesse ora ‘Quanti di voi – voi che avete perso il lavoro a causa della pandemia – sono/erano operatori dello spettacolo’? Quante persone potrebbero alzare la mano? Ne abbiamo già parlato, anche qui su Filo, e prometto: non vi sto per propinare l’ennesimo comizio, però anche qui si parla proprio di cultura, di teatro, di una forza che c’era, con tutta la sua fondamentale e concreta presenza, e adesso è un po’ meno forte.
Quindi cosa sta succedendo? Sto partecipando a Lapsus Urbano, un capolavoro teatrale interattivo della compagnia Kepler-452, oggi in scena accanto all’acquedotto, per il Festival Bonsai di Ferrara Off. E tu, giovanissimo rider di Just Eat che attendi la chiamata seduto sulla panchina, tu stai vedendo una quarantina di persone senza alcun legame – non l’età, non il genere, nessun congiunto, probabilmente solo qualche attore – che si aggirano concentrate tra 4 lettere – N, S, O, E -, proprio davanti alla statua del Po e dei suoi affluenti, sormontate da un bel paio di cuffie illuminate di rosso.
Parlo per me, e spero che tanti di voi possano riconoscersi nelle mie parole: il teatro per me non è ossigeno, è qualcosa di molto più forte. Forse io, di mio, non trovo mai il tempo per riflettere davvero sulle cose del mondo finché non succede che il teatro mi ferma, mi siede, mi guarda dritto negli occhi – un po’ severo e un po’ comprensivo – e io so di non poter controllare la mia reazione: scoppio a piangere come un bambino che sa di avere sbagliato, o a ridere come una folle isterica, o forse mi arrabbio, con tutti. Così sembra una tortura, ma è solo il mio modo di metabolizzare ciò che la vita cerca di nascondermi, per proteggermi, forse, o forse solo perché oggi nessuno può permettersi di fermarsi troppo a pensare. Il teatro è un dissidente, un rivoluzionario. Il teatro oggi, qui all’acquedotto, mi sta raccontando una nuova faccia di questa pandemia; mi sta parlando delle persone, quelle che ho accanto. Il teatro vuole conoscerle, conoscerci e vuole farci ragionare su una disgrazia, una grossa sfortuna, un disastro, sulla vita stessa.
Mi è mancato più dell’aria. E, mentre mi lascio sgridare, incuriosire, solleticare, incitare, agitare dalla voce dei Kepler-452, in cuffia, ringrazio Ferrara Off, il Festival di microteatro Bonsai e Giulio Costa, che dell’Off è direttore artistico per aver risposto alle mie domande.
Una nuova edizione di Bonsai in presenza dopo un 2020 virtuale: come è cambiato il festival in questi due anni?
Fino al 2019, il palinsesto di Bonsai si costruiva a partire da un bando nazionale e internazionale e passava attraverso la selezione di una giuria. Già il Festival Pindoles di Barcellona – ideatore e collaboratore con Ferrara Off delle prime edizioni – ha importato questo formato di spettacoli della durata massima di 15 minuti dal Sud America, aggiungendo la peculiarità di utilizzare spazi non convenzionali. Noi abbiamo fatto la stessa cosa nel Quartiere Giardino, aggiungendo al teatro altri generi performativi. Quest’anno abbiamo voluto accelerare i tempi nell’ipotesi di una nuova chiusura e deciso di mantenere alcune peculiarità delle edizioni precedenti e di declinarne altre. Nello specifico abbiamo preferito non rischiare di dover annullare all’ultimo l’invito a compagnie internazionali e abbiamo puntato su azioni più gestibili e con i tempi più rapidi.
La scelta delle compagnie ha mantenuto il proposito di offrire agli spettatori una grande varietà di generi, ma abbiamo voluto dare a “microteatro” un ulteriore significato, ovvero che micro fosse la relazione con il pubblico. Anche se la lunghezza di alcuni degli spettacoli proposti supera i 15 minuti, si crea un rapporto molto intimo con lo spettatore. Per questi è stato scelto di declinare il concetto di spazio non convenzionale nell’utilizzo di spazi urbani.
Come è andata?
Il primo giovedì in Piazza XXIV maggio abbiamo proposto lo spettacolo dei Kepler-452 (quello in cui mi avete lasciata qualche riga fa, n.d.r), in cui il rapporto con lo spettatore è dato solo da un audio che arriva direttamente nell’orecchio dello spettatore tramite cuffie wi-fi. Poi abbiamo deciso di andare in ambiti di aggregazione quali contesti di ristorazione, nelle scuole, ampliando anche i target, avvicinandoci ai ragazzi delle scuole medie. E abbiamo anche tentato di avvicinare un altro target che è quello degli anziani, presentando un gioco di società che ha la volontà di divulgare metodi di Stimolazione Cognitiva per trasmettere il valore di una pratica e smettere di stigmatizzare i malati di certe patologie neurodegenerative. In questo caso il teatro è stato declinato non come performance ma come momento di condivisione attorno a un tavolo per riflettere su come stare insieme, che è appunto la base del teatro stesso.
Gli spettacoli di microteatro delle serate del sabato, che richiedono una tecnica teatrale più specifica, si svolgono invece dentro i nostri spazi del Centro Culturale Slavich. Non abbiamo voluto perdere nemmeno quell’aspetto internazionale del festival, quindi oltre a delle proposte che vengono da più parti a livello nazionale, abbiamo colto l’occasione di avere in residenza a Ferrara Off una compagnia di danza olandese – Teddy’s Last Ride – che ha presentato l’inizio di una nuova produzione che debutterà in Olanda in aprile e che speriamo di riportare qui l’anno prossimo.
Un’altra novità di quest’anno sono le produzioni pensate ad hoc per questa edizione come quella di Liliana Letterese e Andrea Lugli e aver dato spazio a prime nazionali come Testamento di Claudio Morici. Abbiamo poi previsto anche dei prima e dopo festival, come le incursioni all’interno del festival Riaperture con dei reading all’interno delle mostre fotografiche.
Cosa vedremo nei prossimi giorni del festival? Qualche consiglio?
Mercoledì 22 settembre e giovedì 23 presso la scuola Poledrelli ci sarà Senza titolo, uno spettacolo che parla di scuola ma in modo parodistico, dove in una mezz’ora di insegnamento vengono insegnate tutte le materie. Un modo per portare i ragazzi a riflettere su qualcosa che conoscono molto bene come il bombardamento di informazioni che subiscono e anche sulla fatica che deve fare un insegnante per mantenere l’attenzione. Uno spettacolo che ha una natura quasi “ginnica”, non solo perché ci sono anche le scienze motorie, ma perché richiede un’elasticità mentale per passare attraverso tutte le materie e che è quello che gli studenti sono costretti a fare ogni giorno.
Giovedì ci sarà uno spettacolo di Nicoletta Giberti che da anni porta avanti il Festival della Fiaba, un progetto per adulti che si interroga su quali siano i racconti in grado di portare un momento di condivisione profonda tra gli spettatori. Con La Sposa del Fiume, Nicoletta ha declinato questo formato su qualcosa di molto specifico del nostro territorio che è il mondo del Delta del Po, ispirandosi alla figura della Nena che ha dato il nome all’imbarcazione. Sono spettacoli che hanno la natura del “labirinto”, un luogo dove si entra singolarmente in un percorso a tappe dove ogni spettatore entrerà da solo e si troverà davanti via via una delle dieci attrici in scena, in una relazione sempre uno a uno.
Venerdì allo Scaccianuvole ci sarà una performance di narrazione orale dell’artista e performer Vittorio Continelli che da dieci anni porta i racconti dei miti greci in spazi non convenzionali e ci è piaciuta molto l’idea di portarlo in un contesto informale come quello di un ristorante. Sabato arriverà la seconda serata di Bonsai Off, dove verrà presentato il teatro di figura di Gigio Brunello, poi una performance nata ad hoc per questa edizione con l’audio di Maria Paiato del racconto meraviglioso di Gabriel Garcia Marquez “L’annegato più bello del mondo”, dove e faremo in modo che l’ascolto diventi proprio un atto di comunità negli spazi del Centro Culturale Slavich.
Sempre sabato ci sarà infine Chasing, uno spettacolo con Simone Arganini, con produzione ColletivO CineticO, che era già in programma l’anno scorso per la quarta edizione che avremmo dovuto fare dal vivo. Ci sarà poi domenica una seconda giornata del Gioco di Società sempre al Centro Sociale “Acquedotto” con Valeria Tinarelli e Giulia Murgia.
Spettacoli per poche persone in spazi inusuali: il microteatro è il teatro possibile in questo momento storico. Qual è la risposta del pubblico? Si sente sicuro? Soddisfatto? Lamenta la mancanza del teatro?
La risposta del pubblico è stata finora ottima, fin da subito abbiamo ricevuto numerose prenotazioni, tanto che abbiamo dovuto chiudere alcune repliche perché già esaurite e aggiungere nuovi turni. Immagino che il pubblico si senta sicuro, perché molte performance avvengono all’aperto e anche in quelle al chiuso le misure sono rispettate alla lettera. In realtà la domanda sulla mancanza del teatro è molto ampia perché, anche guardando le statistiche di quest’estate, nonostante tanti spazi teatrali abbiano riaperto, la consuetudine al teatro un po’ si è persa. Forse perché, non essendo l’unico luogo ad essere rimasto chiuso, si trova a competere anche e soprattutto con la voglia di stare insieme. In questo senso un festival come Bonsai, che soprattutto quest’anno tenta di intercettare gli spettatori nei luoghi di ritrovo e di offrire linguaggi diversi e differenti visioni del teatro, ha la capacità di dare nuovi stimoli, di incuriosire gli spettatori e di mostrare nuove modalità proprio dello stare insieme. E da questo emerge anche la visione più bella di un pubblico. Non un pubblico targetizzato e definito, ma che anzi diventa la rappresentazione di un’intera comunità.
‘Fai un passo avanti se pensi che ti restino da vivere meno di 30 anni… meno di 20, un altro passo avanti… meno di 10…’: così gli spettatori/attori si trasformano in una strana ‘costellazione’; solo loro sanno cosa significa quel passo in avanti che sta facendo quella signora dal viso sereno. Oggi tutto si brucia abbastanza in fretta, caro Neil Young, ma forse c’è un modo per rendere questo fuoco più comodo e accogliente, come la poltrona della platea di un teatro.
INFO:
Bonsai, festival di Microteatro – fino al 26 settembre
http://www.festivalbonsai.it