Vivo da sempre a Ferrara, amo quasi tutto di questa città a parte forse il clima, ma se avessi dovuto scegliere un altro posto dove nascere avrei senza dubbio indicato la Città Eterna. Di Roma mi piace un po’ tutto, proprio come di Ferrara, dall’arte, alle strade del centro, dall’accento alla sua storia millenaria, dalla cucina alla musica. Una cosa che invidio molto ai romani (oltre alla cacio e pepe) è Antonello Venditti. Uno che di quella generazione di cantautori, quella dei miei genitori per intenderci e non proprio la mia, ha raccontato come nessun altro vizi e virtù, amori e lotte, storie di vita vissuta e scampoli di una città che attraverso la sua musica mi è entrata nel cuore. Saranno state le cassettine di mia madre che giravano in casa, o un padre che di Roma ha assorbito tutta la cultura popolare fin da ragazzino, però di riffa o di raffa Venditti mi capita di ascoltarlo ancora oggi e mi emozionano molti dei suoi pezzi al pianoforte dei primi tempi.
Un cantautore iconico, un personaggio oltre che un cantante. Il panama, quegli occhiali a goccia indossati una vita intera incurante di ogni moda, i capelli strinati e tinti all’inverosimile su una stempiatura sempre esibita, il pianoforte bianco, quel sorriso piacione e un atteggiamento a volte antipatico e spaccone che alla fine non riesce a non conquistarmi. E poi l’imitazione di Corrado Guzzanti che canta Grande raccordo anulare, a ciliegina sulla torta.
Non sono solo evidentemente a pensarla così: è notevole vedere l’affetto che Ferrara gli ha riservato ieri sera, al concerto sold out in cartellone al Ferrara Summer Festival. Molti capelli bianchi, soprattutto coppie, pochissimi giovani, anche perché in effetti la distanza anagrafica con le nuove generazioni inizia a farsi sentire. Eppure il genere di Venditti è più che mai attuale e tracce del suo stile si ritrovano in buona parte del neo cantautorato romano che scala le classifiche.
C’è stata la pandemia, “i lavoratori dello spettacolo sono stati fermi a lungo e questo tour è l’occasione per ripartire e fare qualcosa che appassiona”: Antonello è particolarmente chiacchierone e presenta uno ad uno i suoi successi svelandone aneddoti e contestualizzando oltre quarant’anni di carriera quasi in ordine cronologico. Un tour che quest’estate toccherà tutto lo stivale fino ad ottobre, a settantadue anni due o tre date a settimana sono un’impresa. “C’è voglia di stare tra la gente, di passare dei bei momenti insieme da ricordare tutta la vita – spiega – dobbiamo ripartire ed è bello rivedere la gente abbracciarsi ed essere felice come per la vittoria agli Europei di calcio”.
Quindi via dalla scaletta i pezzi tristi che ha proposto in altre date (Lilly, Giulia, Marta) e spazio all’amore in tutte le sue forme: si comincia con Nata sotto il segno dei pesci e poi i personaggi dell’universo di Venditti finiscono per intrecciarsi ai ricordi di vita che attraversano i decenni, dove l’amore è l’unica cosa a non essere mai cambiata. Sara, Piero e Cinzia, Dalla pelle al cuore, Unica, Amici mai.
Serata perfetta, dopo il rinvio causa maltempo della sera prima il pubblico ha voglia di cantare e godersi la cornice magica della piazza. La voce c’è, intonata, potente, la band accompagna e non stravolge, è una scaletta “greatest hits” e non c’è posto per arrangiamenti strani o sperimentazioni, siamo qui per cantare insieme. C’è spazio per il diario di viaggio di due cantautori verso Roma con Bomba o non bomba e l’omaggio a Paolo Rossi (primo morto negli scontri studenteschi nel ’66, omonimo del campione di calcio) in Giulio Cesare, per poi entrare nel cuore della sua produzione in un momento solo voce e pianoforte con due brani senza tempo.
Ferrara chiama Roma: Venditti è ambasciatore Unesco del Delta del Po, ricorda il suo legame con la nostra terra e ringrazia per l’ospitalità prima di dedicare ai tanti romani presenti “il racconto di quel bambino grassottello che sognava Roma capoccia dietro a una finestra”. A seguire Compagno di scuola, con il suo struggente idealismo di un Sessantotto ancora lungo da venire e troppo breve da dimenticare, che fa il paio poco più tardi con la celeberrima Notte prima degli esami. Forse vero ponte intergenerazionale tra ragazzi di ieri e di oggi, complici film, serie tv e la riproposizione mediatica puntuale ogni anno quando arriva la maturità. Io stesso l’ho scoperta proprio in quegli anni, e devo averla suonata la sera prima del mio esame, quasi fosse un inno. Tra l’altro il video ufficiale del brano venne girato soltanto nel 2017 proprio a Comacchio, tra laguna e ponti, in un contesto del tutto inusuale e lontano dagli stereotipi del cantautore romano.
C’è poi spazio per l’omaggio a Lucio Dalla che lo salvò dal suicidio in un momento difficile, cui dedica Ci vorrebbe un amico, per finire in un crescendo d’intensità con brani più recenti come Che fantastica storia è la vita, ma anche Benvenuti in Paradiso o In questo mondo di ladri. Recenti si fa per dire: alcuni sono usciti ormai più di trent’anni fa e specie per i pezzi degli anni Novanta forse il tempo inizia a farsi sentire negli arrangiamenti, mentre quelli dei primi tempi hanno un suono più semplice ma ancora attuale.
Chiusura obbligata con Ricordati di me, un pezzo che è talmente nelle nostre vene da diventare storia collettiva e fondamenta di ogni storia d’amore, in ogni epoca. Quell’assolo di sax finale sembra non finire mai, anzi vorremmo non finisse mai quando esplode e ci avvolge in tutta la sua carica. Dentro ci sono gli Anni Ottanta, per intero, con i nostri ricordi più cari e preziosi, c’è un po’ della storia della musica e il saluto di un cantautore al suo pubblico che negli anni lo ha seguito fedelmente.
Ricordati di me, quando ridi, quando sei da sola
Fidati di me, questa vita e questo tempo vola
1 commento
Bravissimo Eugenio Ciccone, sempre aggiornato e gradevole da leggere