Ferrara sotto le stelle: Iosonouncane e l’abbraccio che fa ripartire il tempo

Il report del primo giorno, protagonista Iosonouncane per il racconto di un viaggio sonoro che riparte.
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Sono circa le venti e quarantacinque quando una ragazza con un lungo vestito giallo, incurante dell’essere praticamente nel sottopalco, allarga le mani, saltella e abbraccia come dopo la fine del mondo un amico.

Prendiamo quell’istante, durante il live d’apertura di Cervelli Vieri Motel, come l’inizio di Ferrara sotto le stelle 2021.

foto di Eugenio Ciccone

Certo nella linea temporale della giornata ci sono prima il palco, la fila all’ingresso, la sensazione strana di appropriarsi di un parco pubblico (il Massari) e allo stesso tempo di essere a casa.

O ancora, ore venti e trentotto, pochi minuti prima dell’abbraccio spartiacque, arriva l’applauso che apre l’edizione, dopo un lento ma imponente crescendo nel primo brano suonato dall’artista di supporto a Iosonouncane, il primo applauso di un pubblico insolitamente tranquillo, seduto, attento e allo stesso tempo che ancora sta riprovando i meccanismi ormai persi da troppi mesi, parlando di vivere un concerto.

foto di Eugenio Ciccone

Come stare in piedi davanti al merchandising, passare tra ali mobili di persone con birre in mano senza rovesciarle, applaudire, gridare, parlare: persino accennare a salti e balli, solo per pochi fotogrammi. Eppure succede.

Succede dopo quell’apertura (buona in tutto e davvero interessante, tranne forse nell’unico brano al momento edito, una cover di Almeno tu nell’universo) quando arriva il ciclone Iosonouncane.

Che non dice una parola e diventa fragore, esponendo sul palco una visione assoluta, fedele e composta di un disco lungo, ordinato e folle come l’ultimo Ira.

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Non dirà nemmeno una parola, durante l’ora e quaranta di concerto, quasi integralmente legato all’ultimo album, quasi il passato venisse da un’altra epoca sonora e quasi che oggi Iacopo Incani sia solo questo: canzoni, droni psichedelici roboanti e voci senza una lingua nota, un magma sonoro che fa strano vivere seduti, non fosse che doveva essere presentato nell’anno Venti, a Teatro, integralmente, proprio in questo modo.

foto di Eugenio Ciccone

Quindi ci siamo, siamo giusti, perfetti e vediamo persone note e meno note, giovani e altri meno giovani, immaginiamo un Parco Massari diventare qualcosa di ancora più strutturato in un futuro prossimo, mentre sul palco esplode Tanca, dal disco precedente che ci spiega come Ira sia l’arrivo di una strada già percorsa, senza reali sorprese se non quelle dettate dalla nostra mente, poco pronta alla follia dell’arte.

È come vivere l’esperienza estatica di un rave da seduti

Spazi nuovi, una zona di convivialità tra tavolini e alimentari o drink ci portano verso una dimensione più rilassata: Ferrara sotto le stelle era il dolore dei sassi e le orecchie infrante degli eventi che facevano tremare la pelle, ora è un morbido panno portato da casa su un prato dove la gente è improvvisamente felice e rilassata.

E si connette all’esposizione fragorosa di Foule, ai led sul palco incastonato tra un lato del parco e studiato per permettere a tutti una visione nonostante gli alberi e i loro rami, nuovi potenziali ostacoli di un mondo che prima temeva un ragazzo alto in prima fila, mentre ora è fatto di gambe distese e suggestioni sonore da ascoltare, immobili.

Eppure noi li abbiamo visti, a margine: la coppia in piedi, la ragazza che accenna passi di danza, le due persone che muovono le mani a simulare l’impegno sulla batteria in quel momento protagonista.

È tutto ancora lì, dentro di noi.

foto di Eugenio Ciccone

Abbiamo sentito il desiderio di un bis che non c’è stato, quasi a sopresa, il pubblico fermo ad attendere una ripartenza che non c’è stata, come se l’idea di Iosonouncane fosse quella di comunicare solo attraverso onde sonore, nuove e incomprensibili e poi dire stop: senza una Stormi, lontano dalle convenzioni, dai rituali, quasi volesse scrivere una nuova grammatica.

Saremmo stati ancora più a lungo, credo tutti, è stato quasi amaro e doloroso tanto che per diversi minuti nessuno si è mosso.

Non si voleva mettere la parola fine a questa bellezza e poi un parco non è una piazza, che si sgombera e poi il coprifuoco è ancora fresco nelle menti, che viene voglia di sfidarlo apposta.

foto di Eugenio Ciccone

Ma non c’è da aspettare troppo: stasera ci siamo di nuovo, per l’ennesima nuova fase di un Festival che compie 25 cinque edizioni (a proposito, avete visto il nostro documentario?) e che attraversa generi e generazioni, ma soprattutto c’è.

Cambia tutto, tranne il palco e le persone sotto, pronte a riguardarsi negli occhi, a sfiorarsi e ad aspettare un momento in cui poter essere di nuovo vicine, accalcate

Con quell’abbraccio, sotto un palco, di sfondo ad una canzone, sopra l’erba di un mondo violentemente caldo, abbiamo spinto di nuovo il tasto play.

foto di Eugenio Ciccone

Visita la nostra pagina speciale su questa edizione di Ferrara sotto le stelle

Bonus: ascolta l’episodio uno del podcast “Quel fischio nelle orecchie” di Web Radio Giardino, condotto quotidianamente dai due inviati di Filo a Ferrara Sotto le Stelle, ovvero Clelia Antolini e Alessio Falavena.

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