Quando, nella nostra conversazione telefonica Chiara Nielsen, vicedirettrice di Internazionale e organizzatrice del festival di Internazionale a Ferrara si slancia nel dire
“lo annuncio ufficialmente, se le condizioni lo consentono, il festival torna in presenza nelle giornate dell’1,2 e 3 ottobre”
pare come lo scorrere di una piccola molecola di Rna di normalità. Perchè in fondo è strano, siamo a maggio e in nessuna edizione del festival (se non in questa) avrebbe senso il confronto, in questo punto del calendario, tra un magazine che racconta la città e un evento che viene incubato tra primavera e estate per svolgersi poi nel primo autunno.
E invece no, perchè Internazionale non ha potuto essere quel grande evento di ottobre, ha provato ad essere un progetto sviscerato lungo un anno, fatto di un weekend al mese e purtroppo sin dal secondo appuntamento si è dovuto convertire in una serie di incontri svolti però in streaming, che abbiamo cercato più volte di raccontare nella sua declinazione tra realtà e connessione con il territorio. Abbiamo cercato di tenere il filo, di non lasciare questa voce dimenticata e ci permettiamo quel minimo di ottimismo: possiamo ricominciare a guardare ad una nuova normalità e proprio di questo volevamo ragionare con la persona che il festival nella sua edizione fisica nelle nostre strade lo organizza in maniera pratica.
Doveva essere un “Internazionale tutto l’anno” in presenza ma per i motivi che conosciamo è stata in presenza a ottobre e poi si è dovuto convertire in una edizione in streaming, un filo mantenuto sulla rete, rispettando il calendario originale. Che tipo di risposta c’è stata da parte del pubblico? Il programma è stato mantenuto come nel progetto originale o è stato rivisto man mano nei mesi?
È andata bene, siamo soddisfatti della risposta che abbiamo avuto. I numeri sono stati buoni, così come il coinvolgimento del pubblico, un fattore molto importante, in termini di commenti e domande agli ospiti che erano presenti. Si è confermata la presenza di un pubblico attento, informato e appassionato di alcune tematiche in particolare fino al punto di diventare puntiglioso su alcuni temi: ci piacciono anche per questo i nostri lettori. Ovviamente il Festival non si è svolto come previsto perché pensavamo di venire una volta al mese a Ferrara. Il programma, in realtà ce lo siamo inventato di mese in mese, in base alle occasioni che capitavano e in base all’attualità, senza inseguirla però in maniera eccessiva, come avviene nel classico festival in presenza, dove cerchiamo di trattare anche temi che non sono sotto i riflettori.
Sabato, durante il primo incontro del weekend si è affrontato il tema dello slow journalism, che è quello che fa sin dall’inizio anche la rivista di Internazionale: fare un affresco dell’attualità ma senza inseguirla. Ci sarebbe stato un tema che avreste voluto trattare in questa edizione o un ospite particolare che non è potuto venire?
L’unico incontro che era previsto dal vivo a Ferrara, già da mesi, in presenza era proprio quello sullo slow journalism. Un tema in particolare che non abbiamo potuto trattare in realtà non c’è, quello su cui volevamo arrivare l’abbiamo trattato. Avevamo un ospite che avremmo voluto avere, Thomas Piketty con cui discutere del quadro economico durante il covid e post-covid, in particolare sul tema delle disuguaglianze, qualcosa che ci sta molto a cuore, ma non ha potuto partecipare. Torneremo alla carica per averlo presto in presenza e siamo comunque felici che sia stato un tema che siamo riusciti a trattare durante questi mesi.
Se guardiamo avanti, esiste tutta una serie di grandi eventi che per ovvi motivi si sono tenuti in streaming in questo anno e mezzo e in diversi casi sembra ci sia una tendenza al “si potrebbe fare cosi anche in futuro”. Secondo me il festival di Internazionale è più legato alla presenza. In prospettiva, il festival di Internazionale pensa ad un ritorno in presenza? Ad una formula ibrida?
Assolutamente si, vogliamo tornare in presenza a Ferrara. Secondo me e tutti noi, il festival non è solo contenuti, in senso stretto. È anche in larghissima parte l’incontro tra persone che si ritrovano, si conoscono, condividono idee e ne discutono. C’è un clima di festa e di comunità che si crea e questo online non è possibile farlo. Non si crea nemmeno con gli autori. Un’altra cosa bella in quei tre giorni è che c’è modo di incontrarsi: per come è strutturata Ferrara e grazie al suo tessuto, è facile incontrarsi ad esempio in un bar. Io stessa ho visto spesso persone che vanno dagli ospiti e fanno domande fuori da una sala, una cosa che online non si può fare.
Quest’anno è stato un anno difficile quanto interessante e ci ha insegnato che un pochino di online si può usare, con moderazione e ragionamento. Si può pensare ad una formula mista, specie in termini di ospiti sul palco e con più persone in collegamento a distanza: questo moltiplica la nostra possibilità di interloquire con relatori che sono lontani. Si può anche pensare ad alcuni eventi che si possono fare anche soltanto online, cosi come esperienze di formazione, più seminariali, esperienze in cui una comunicazione unidirezionale funziona meglio. L’interazione o il commento funzionano anche online ma viene poi a mancare quell’elemento relazionale speciale del festival. Il nostro sogno è di tornare, stiamo già iniziando a lavorare e lo annuncio ufficialmente, se le condizioni ce lo consentono, torniamo in presenza nelle date del 1, 2 e 3 ottobre: ci saranno delle limitazioni ma siamo pronti a ripetere l’esperienza del primo weekend in presenza come lo scorso ottobre, con grandissimo piacere: non vediamo l’ora.
Il festival di Internazionale è uno specchio della rivista: questo è stato un anno strano, che ha sicuramente cambiato molte dinamiche di lavoro giornalistico, di redazione, di comunicazione. È ancora importante approfondire i temi o inizia ad essere importante anche l’educazione alla comprensione dei temi? C’è qualche cambiamento da fare verso il pubblico per aiutarlo a comprendere questa enorme mole di informazioni che arriva?
Io credo che noi di Internazionale ci inseriamo proprio in quel filone di giornalismo lento, che non corre dietro ai clic, nè dietro alle breaking news: forse noi un approccio di questo genere lo abbiamo sempre avuto. Molto spesso anche nel festival abbiamo fatto questo, cercando di non parlare di un tema solo mentre è sulle cronache ma anche quando è assente, ad esempio con un incontro sulla situazione complessa di Haiti quando non è un tema dominante. A me non piace tantissimo l’idea di educare, ma in qualche misura il ruolo dei giornali è quello anche pedagogico, per quanto la parola non sia così adeguata, eppure pensiamo che abbiamo fatto lezioni e approfondimenti, cercando di non dare mai niente di scontato, di non nominare ad, esempio, mai una persona senza spiegare chi è, anche se si tratta del presidente degli Stati Uniti.
Si deve sempre pensare che il lettore potrebbe essere la prima volta che tiene quel giornale tra le mani e la prima volta che legge quella notizia. Proprio perchè noi siamo un giornale dei giornali offriamo una selezione, una selezione di quelle che secondo noi sono le cose più interessanti che si leggono in giro, proprio per missione di base vogliamo contrastare il rumore, offrendo dei percorsi ragionati per la comprensione delle notizie. Certamente ce n’è più bisogno che mai: il balletto comunicativo che c’è stato sui vaccini ne è la dimostrazione, vista l’informazione fuori controllo che c’è stata, ma lo pensiamo da sempre: è necessario fare chiarezza, dare informazioni verificate e basate sulle opinioni degli esperti. Questa dovrebbe essere la base di ogni informazione.
Quando è nata la rivista di Internazionale non esistevano la rete e tutte le sue espressioni come i social network.
A tal proposito proporremo una piccola serie di conferenze, lezioni online proprio sul nostro mestiere, su come si fa Internazionale e la sua rivista. Quello che pensiamo sia importante spiegare è come si riconoscono le informazioni vere. Come si valutano le fonti. Ad esempio: dove hai letto questa cosa? L’hai confrontata con altri? Chi ha scritto l’articolo? Come si fa sapere se sono notizie affidabili? Esistono organi di stampa che sono più affidabili di altri perché superano diversi livelli di verifica delle informazioni. Prima di lanciarsi in un commento, questa notizia l’hai trovata su tre fonti indipendenti? Poi ovviamente le persone si faranno il loro pensiero e formeranno una loro opinione ma devono sapere come si leggono le cose.
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Pochi mesi allora, per essere investiti da parole, persone, piccole code, finestre sul mondo, conoscenze di anime aperte: di tutte le cose, la conoscenza è la più importante, perchè ci fa capire la realtà in cui viviamo. E quella tre giorni, tra le nostre vie è forse la migliore occasione di avere il mondo in un palmo della mano, sotto forma di un programma giallo, pieno di appunti e desideri, tra cui quello di saperne un pò di più.
INFO
Chiara Nielsen è vicedirettrice e una delle fondatrici di Internazionale. Organizza il festival di Internazionale a Ferrara. Gli incontri in streaming di questa edizione del festival sono disponibili anche sul canale Youtube di Internazionale.