É un sabato pomeriggio di fine aprile, l’atmosfera è ferma, quasi sospesa, di un grigiore tutt’altro che tendente alla tristezza.
Undici del mattino, sabato, a Ferrara si festeggia il patrono, la città brulica di gente qua e là, tutti intenti a tenersi impegnati, quasi nessuno veramente concentrato su ciò che sta facendo; il sabato in città da otto mesi a questa parte vuole dire una sola cosa, e questa cosa si identifica perfettamente con una maglia a righe strette, eleganti, di un borghese bianco e azzurro.
Undici del mattino e qualcuno già si aggira attorno alle zone di corso Piave: lì, imponente nella sua semplicità, il teatro perfetto per lo spettacolo delle 15, la messa in scena che sta per travolgere balconi e balconate di un’ignara città.
É un sabato pomeriggio di fine aprile, per lo straordinario evento viene addirittura riaperta una gradinata vecchia e malconcia, impolverato ricordo di un malinconico passato in cui quelle righe sottili battagliavano nei campi più importanti dello stivale: altri tempi, altra storia.
224 chilometri a sud-ovest, qualche ora prima, salpava per Ferrara l’Arezzo, maglia amaranto e un campionato ormai senza pretese, futura comparsa nel pomeriggio più importante della recente storia estense; si parlava di spettacolo, si parlerà di questa comparsa per lungo tempo, una di quelle non proprio talentuose: poco importa, sarà destinata a rimanere ben impressa nelle menti dei presenti.
Poche ore al calcio d’inizio (sempre che ‘poche’ venga preso come dato soggettivo), il sole scalda il cemento di quella gradinata per troppo tempo orfana, tutto d’un tratto, almeno per un pomeriggio, ritornata ai fasti di un tempo, mentre nel settore a fianco (questo si, il più caldo dello stadio, e non certo per il sole), l’adrenalina è a mille, non si sa dove stare, il via vai di persone è un continuo fiume di saluti, abbracci, sorrisi, anche (e soprattutto) nervosi.
Nel frattempo qualche nuvola ‘innocente’ si avvicina e fa il suo ingresso da un angolo della copertura di quel settore: da lì in poi, niente avverrà più secondo una spiegazione logica.
Gli eventi si accavallano, la gente pure, succedono cose, flash sparsi.
Tocca ad un figlio d’arte prendersi la scena e gli almanacchi, mettere ordine: lui è uno di quelli che prima di finire in prima pagina sui giornali di tutta Italia aveva già iniziato a fasi voler bene dentro le mura della città; qualcuno la mattina seguente incrocerà la sua faccia facendo colazione su un tavolino di un bar, per qualcun altro invece, quel figlio d’arte, non sarà più un nome qualunque passato per Via Copparo, e non sarà più solo una figurina da condividere e scambiare, di un ragazzo che una volta era stato una giovane promessa del Milan: quella faccia, quella figurina, corrisponde al nome di Gianmarco Zigoni, Spal 1 Arezzo 0.
Nel frattempo le nuvole sono diventate tante, troppe, la pioggia è torrenziale, ma lo è già da un po’, e forse qualcuno nella gradinata scoperta se n’era già accorto… o forse no.
Flash. Lazzari fradicio, inzuppato, braccia aperte, urlo liberatorio: è stampato, marchiato a fuoco nella testa, l’immagine di una squadra che si sta sollevando, sta lasciando a terra il fango (metaforico si, ma anche reale), si sta sradicando di dosso i veleni di quattro lustri, sta alzando la testa per dire ‘Guardate che ci sono ancora’.
É rinascita, è resilienza di un popolo che più di chiunque altro merita ciò che gli sta accadendo. Solo che non se ne sta rendendo conto.
Provate a chiedere a qualunque ferrarese, presente o meno quel pomeriggio, nessuno vi saprà dire qualcosa sulla partita.
Frammenti di facce si, incrociate al bar, avvolte in quelli che una volta forse erano impermeabili, e che ormai si sono rifiutati di esserlo, sotto un ombrello portato dentro non si sa come.
Ma la partita è un contorno.
Protagonista la pioggia, protagonista la gente, nient’altro.
‘Domani tutti con la febbre a quaranta’
‘Non prendevo così tanta acqua da quando giocavo la domenica mattina a Saletta..’ Altri flash.
Qualcuno sa come è finita la partita?
Probabilmente 1-1, o almeno così dicono alla radio.
23 Aprile 2016: una sola immagine, Lazzari a braccia aperte che urla sotto la gradinata.
É un sabato pomeriggio di fine aprile, per un’ora e mezza è piovuto come non si era mai visto, esattamente i 90’ della partita: le spiegazioni da bar, ovviamente, si sprecano.
É un sabato pomeriggio di fine aprile, l’atmosfera è ferma, adesso un po’ bagnata, e la Spal è tornata in serie B.