Il quartiere Gad è il fulcro della discussione pubblica della città negli ultimi anni. Notizie di cronaca, scelte politiche e linguaggio cittadino hanno guardato, con uguale attenzione e prospettive diverse, spesso divergenti, a quella ristretta area in cui ormai comunemente identifichiamo degrado e illegalità.
Non è questo il luogo dove vogliamo dare una nostra versione: questo articolo nasce per promuovere (e appoggiare) una voce diversa sull’argomento, quella di Occhio Ai Media, un gruppo di persone che si occupa da anni di scrivere un racconto diverso della realtà cittadina. Sabato alle 17 è stato pubblicato online un documentario di circa un’ora chiamato semplicemente “GAD”: un cambiamento di prospettiva, un lavoro durato diversi mesi che vuole aprire un fronte di discussione su quale sia la situazione di questa area.
Qualche giorno prima del debutto in rete abbiamo avuto modo di parlare con alcuni dei ragazzi coinvolti, ovvero Sonia Riccitiello, Shazeb Mohammad e Mary Babetto, in rappresentanza del gruppo di lavoro che si è occupato di lavorare al documentario. Ci hanno raccontato la voglia di riuscire a cambiare almeno i confini della discussione sul quartiere Gad.
“Occhio ai media nasce nel 2010 con lo scopo di dare una risposta alle discriminazioni presenti verso le minoranze nel racconto dei media, in particolare locali. Lo scopo è mostrare, in particolare rivolgendoci alla stampa locale e alla cittadinanza, come possano esserci soluzioni a questi problemi” ci racconta Sonia.
“Abbiamo voluto parlare della zona Gad e concentrarci su di essa: spesso questa zona è presente sulla stampa locale per diversi episodi di cronaca ed è anche il luogo dove si fa, in maniera automatica, il collegamento tra persone di altra cittadinanza e criminalità: un automatismo sbagliato, mentre noi vogliamo cercare un racconto più oggettivo di come si vive nelle varie di questi quartieri. C’è stato il coinvolgimento di decine di persone e il dialogo con persone autorevoli che ci hanno trasmesso possibili idee su cause e soluzioni della questione “Gad”: ad esempio il criminologo Federico Varese e l’urbanista Alessandro Bucci.
L’idea del documentario esiste da diverso tempo, abbiamo colto l’occasione del Festival dei Diritti partecipando ad un bando che abbiamo vinto e che tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 ci ha consentito di girare e raccogliere il materiale necessario per questo racconto. Con il Festival dei diritti abbiamo fatto un incontro il 29 dicembre, in cui commentavamo alcuni video che riguardavano grattacielo, quartiere Giardino, attività commerciali, immigrazione, spaccio, soluzioni possibili e un dibattito sulla “vicenda delle panchine”. In questa discussione abbiamo presentato diversi video sul tema che abbiamo discusso assieme ad un gruppo di ragazzi del laboratorio antirazzista di Ferrara.
Il tema ci ha appassionato, era rimasto molto materiale e abbiamo deciso di continuare fino alla realizzazione di un cortometraggio che dura circa un’ora, con il coinvolgimento di più di 25 persone della zona. Tutto questo con l’idea di riportare l’esperienza di chi vive nella zona: commercianti, persone, esercenti, esperienze come quella di Officina Meca o la Biblioteca popolare Giardino“.
Il gruppo di autori ci ha raccontato l’idea del tema centrale che esce dal lavoro di ricerca svolto: lasciare la zona e le sue problematiche al degrado non aiuta, tende ad aumentarlo, un fenomeno che si percepisce quando si entra in alcune strade. Sul fronte opposto però c’è il grave fenomeno per il quale tante notizie vengono ricondotte al tema GAD pur non facendone parte. L’osservatorio di Occhio ai media ha trovato situazioni di reati avvenuti all’inizio di viale Cavour accompagnate da foto di repertorio magari del grattacielo e diversi casi in cui notizie di altri quartieri (ad esempio via Bologna) avevano come immagine di accompagnamento quella del giardino del grattacielo stesso.
“Non vogliamo censurare la stampa – spiegano i ragazzi di Occhio ai Media – non chiediamo che non si affrontino certi temi, ma vogliamo aiutare a cambiare la percezione della zona con una visione più obiettiva, anche perché questo bombardamento mediatico non aiuta e danneggia le persone stesse: pensando anche ai commercianti e ai i residenti va a creare difficoltà anche in termini di paura di accesso dei clienti e di valore di mercato, innescando ulteriori problematiche. Non è questione di minimizzare i problemi, ma di avere una visione adeguata e oggettiva della realtà. Un tema importante è che non vogliamo dare la colpa del degrado ai media, abbiamo però il desiderio di avere quello spazio di racconto che viene trascurato, quelle voci non ascoltate dalla stampa locale.”
Avete pensato di relazionarvi con la politica e con i commercianti della zona?
“Abbiamo scelto di non coinvolgere la politica, per questo progetto. Con i commercianti abbiamo realizzato diverse interviste che sono presenti nel video, pur faticando spesso ad ottenere la disponibilità per un colloquio per la mancanza di fiducia verso la stampa, a causa anche di promesse disilluse negli anni, con numerosi episodi riportati in maniera tendenziosa e un rapporto che è andato incrinandosi. Parlando con molti residenti è emerso che le persone vogliono migliorare il quartiere Gad, non andarsene.”
Siete riusciti ad intervistare persone della comunità straniera?
“Abbiamo intervistato diversi studenti stranieri che vivono all’interno del grattacielo, di origini ad esempio del Camerun e una persona che lavora in biglietteria all’interno della stazione; ci sono state delle difficoltà con alcune attività commerciali che non volevano essere coinvolte o avevano poca fiducia nella stampa, come detto prima. Da parte delle voci straniere emerge il tema dell’eccessivo controllo: ragazzi fermati dalle forze dell’ordine fino a tre volte al giorno solo perchè di colore, attività non vogliono finire nel mirino delle autorità, anche solo in termini di attenzione.
Speriamo che questo lavoro faccia partire un discorso, un dibattito con sè stessi per aprire la mente, un dibattito intelligente: vogliamo spingere le persone a farsi delle domande.
Il tutto con un obiettivo ultimo che ci teniamo a sottolineare e che è il cuore centrale della parte finale del documentario: portare a possibili soluzioni, come ad esempio l’idea di sostenere e portare attività e occasioni di ritrovo all’interno del quartiere.”
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Negli ultimi momenti di conversazione il gruppo di persone dietro al documentario ci rivela il desiderio di generare una discussione pubblica positiva e soprattutto fuori dai luoghi comuni: difficile in un dibattito cittadino fortemente polarizzato e mancante della necessaria scala di grigi che distingue un fenomeno visto normalmente come assente (a torto) oppure unico carattere di queste voce (ancora più a torto).
Forse il consiglio migliore è quello semplicemente di ascoltare: impegnati nel dire la nostra su questioni che ci toccano, dimentichiamo spesso l’importanza di aprire orecchie e cuore alle voci degli altri, per capirne problemi e visioni della realtà: imparare a capirsi reciprocamente sarebbe già il primo passo avanti possibile per migliorare la nostra città.
E chissà che questo “GAD” non ne sia il primo passo: ci piace da sempre sulle pagine di Filo, seguire il migliore angolo di visione possibile nel raccontare la realtà.
INFO
Il documentario “GAD” sarà disponibile sulle pagine Facebook di Occhio ai media e sul canale Youtube a partire dalle 17 di Sabato 20 Marzo.
Successivamente al documentario, ci sarà un dibattito con tre ospiti:
Alfredo Alietti | Docente di Sociologia Generale e Sociologia Urbana e del Territorio
Luca Lanzoni | Architetto ed esperto in Pianificazione Urbanistica e Sicurezza Urbana
Selma Boukaid | Attivista sociale
Aggiornato alle 00.53 del 21/03 con la sostituzione del video teaser con il video integrale del documentario.